Rispetto è la ventisettesima parola di questo bizzarro mese di Agosto. La parola che ci aiuta ad esplorare ed apprezzare l’unicità dell’altra persona.
Parola altisonante. Abbinata, quasi sempre, a un senso di riverenza verso qualcuno più in alto nella relazione, i genitori, i professori, la personalità famosa, il direttore, il capo.
"Il rispetto… è l’apprezzamento della diversità dell’altra persona, dei modi in cui lui o lei sono unici." Annie Gottlieb
Il cuore di questa parola è tenero, delicato, quasi intimo.
Eric Fromm, riferendosi a questo termine, lo riconduce a “respicere“, guardare, quindi vedere, conoscere e riconoscere la singolarità della persona e permetterle di esistere per quello che è.
Quindi, non la persona, in qualche maniera superiore, ma… la persona. Ogni persona.
TECNOSTUPIDO
Un amministratore delegato disse una volta, parlando ai suoi dirigenti, ai suoi impiegati, al suo personale, tutto, della sua azienda, che il vero rispetto lui lo riconosceva, non in chi lo mostrava a lui, ma in chi trattava con rispetto i suoi colleghi e soprattutto i suoi subalterni.
Rispetto, in questo senso, è nella scia della preziosità che ogni persona ha in sé.
E da questo spazio si genera, quasi spontaneamente, il rispetto delle differenze e delle preferenze, ma anche il rispetto per l’orario, il rispetto delle scadenze e degli impegni presi. E anche il rispetto delle regole, quando queste possano essere rispettose della dignità umana.
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Perché i battiti di quel cuore che palpita nella parola rispetto, permettono di vivere, di guardare, di vedere, di conoscere e di riconoscere il filo sottile che unisce ogni persona. La pregiata trama sottile che sostiene idee, azioni, progetti, superando distanze e differenze per dare spazio, per onorare una visione umana più sostenibile.
Un saluto da Anna Maria.