Le domande da porsi nel periodo di crisi che sperimentiamo sono molteplici. Domande sul futuro ambientale e su un modello di sviluppo pieno di crepe, sulle crisi sanitarie, sulle povertà e sulle disuguaglianze crescenti, alla base di crisi sociali e geopolitiche in formazione.
Le domande che tutti dovrebbero porsi per prime sono quelle che i classici conoscevano bene, sono alla base della nostra esistenza. Domande di senso, legate al nostro essere entità immerse in contesti più grandi e interdipendenti, alla ricerca del Sé, all’ansia di verità, conoscenza e futuro, alla scoperta di volti (non facce o profili digitali), all'esplorazione del tempo e delle possibilità.
Poi ci sono domande sull’era tecnologica che viviamo. Un’era che ha bruciato passato e futuro sposando l’eterno presente, che semplifica la complessità, che ci vuole tutti utenti e consumatori felici ma non cittadini, che enfatizza linguaggi specialistici e regala soluzioni e risposte per tutto.
Porsi domande (ars interrogandi) è urgente e necessario. Per recuperare la memoria e (re)imparare a progettare il futuro, ma soprattutto per uscire dai mondi chiusi delle piattaforme digitali, acquisire una visione complessiva delle cose e diventare (tecno)consapevoli.