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FOLLI CHE NOI SIAMO

FOLLI CHE NOI SIAMO

09 Febbraio 2024 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Viviamo tempi ritenuti razionali, computazionali, automatizzati e robotizzati, iperconnessi, che ci spingono a dimenticare quanto, come essere umani, siamo irrazionali, fragili, geniali e folli, dei pazzi.

A farci dimenticare tutto ciò ci pensano le narrazioni che ci informano ogni giorno delle mirabili trasformazioni in corso, determinate dall’invasività della tecnologia. Imprigionati come siamo da queste narrazioni, ci siamo convinti di quanto sia fuori luogo, controcorrente ed anche pericoloso lasciare libero sfogo alla propria irrazionalità umana e alla propria personale follia. Nella finzione della convinzione percepiamo però che senza irrazionalità potremmo forse non sopravvivere, nella società dei tutti uguali si rischia di impazzire perché non si è nessuno. 

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L’impazzimento non è dei folli che sembrano quasi diventati saggi, ma interessa moltitudini di persone normali che, sempre più incapaci di separare i fatti dalla finzione, diventano increduli su tutto, entrando in condizioni esistenziali di elevata instabilità, determinata dal non sapere cosa le aspetta in un prossimo futuro nel quale, si racconta, l’umano saprà superare i suoi limiti diventando un cyborg, un immortale, magari grazie a un neuralink. 

L’instabilità percepita è determinata da condizioni materiali (crisi?) ma soprattutto dal fatto di non sentirsi più sicuri di ciò che si ascolta, si sente, si dice e si pensa, dalla perdita di senso. La visione distorta della realtà non è frutto di follia ma dello squilibrio che si è venuto a creare tra fatti e loro narrazioni, dalla scelta della passività e del silenzio, dalla complice accettazione del conformismo dilagante, dalla rinuncia all’immaginazione e alla pratica di uno sguardo diverso sul mondo. 

A questa forma di follia derivata dall’instabilità, dalla paura e dall’ansia, e non percepita come tale, forse l’unica via di uscita è un’altra forma di follia, un impazzimento cercato, una follia assimilabile alla ricerca della verità, del parlar chiaro e della conoscenza, alla pratica della saggezza, da parte di un folle-saggio, come quello descritto da Erasmo da Rotterdam nella sua opera L’elogio della follia. Un folle-saggio che accetta le proprie contraddizioni perché sono in realtà ricche di senso, rifugge le strade tracciate da altri, è felice della sua follia perché è creatrice, vitale, rimedio ai mali moderni della umanità, utile a intraprendere la strada della saggezza. 

La pratica della follia-saggezza non può oggi trovare espressione negli spazi social della Rete, non può interessare lo storytelling del momento, comporta il mettersi in viaggio, non da soli ma con altri, con cui si condivide follia e saggezza, rifuggendo dalla pretesa prometeica, oggi molto diffusa, di ergersi come verità assoluta, accettando i limiti di cui si è sempre portatori. 

Il viaggio comporta la scelta di un mezzo di trasporto. Una nave ma anche una zattera andrebbe benissimo!

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