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Quello che la tecnologia ci dice

Quello che la tecnologia ci dice

07 Ottobre 2019 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Siamo immersi in un mondo tecnologico che ci obbliga a cercare di capire cosa stia succedendo, nella vita privata individuale così come in quella professionale, aziendale e sociale. La tecnologia evidenzia il caos presente e le emergenze in atto. Ci racconta anche molto di ciò che siamo diventati, di come lo siamo diventati e di quanto sia diventato difficile comprendere le numerose rivoluzioni in atto.

Grazie alla tecnologia pensiamo di possedere il mondo, di essere diventati più informati e sapienti ma in realtà siamo sempre più dei semplici robottini che agiscono, interpretano e pensano, condizionati dai sistemi tecnologici che frequentiamo. E ciò che è forse più grave è l’impossibilità di evadere da una realtà della quale non possiamo più fare a meno.

Internet: 50 anni e li dimostra 

In questi giorni molti stanno celebrando il cinquantesimo anniversario di Internet (il 1969 ha visto anche le missioni Apollo 9, 10 e 11 portare l’uomo sulla Luna e il satellite Mariner raggiungere Marte; a Woodstock un’intera generazione analogica si prendeva la scena e a Milano debuttava la strategia della tensione).

Le celebrazioni non sembrano interessare la grande maggioranza delle moltitudini che abitano Internet. Una maggioranza che percepisce Internet come una specie di habitat (un acquario mondo, una calda placenta nella quale adagiarsi per non uscire mai), una realtà esistente da sempre sulla cui storia, evoluzione e situazione attuale sia inutile riflettere criticamente. Per questa maggioranza questo anniversario non è neppure ricordato, non fa scalpore, non suscita grande interesse.

La cosa non meraviglia!

Internet e le tecnologie che ne sono derivate hanno modificato cognitivamente la testa delle persone, modificato il loro modo di conoscere la realtà, trasformata la percezione del tempo, obnubilato la loro memoria, impedendo la consapevolezza del rapporto che esiste tra le loro esperienze tecnologiche attuali e l’importanza di ricordare da dove tutto è iniziato e come tutto si sia evoluto.    

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Tra coloro che celebrano l’anniversario, le tante voci critiche sottolineano come la Internet libera, caotica e democratica dei suoi inizi ormai non esista più. Critico è ad esempio Bruce Sterling, scrittore cyberpunk di libri di fantascienza, da sempre osservatore attento del mondo digitale. Per Sterling siamo lontani dalla Internet di Leonard Kleinrock, viviamo dentro un mondo che sta andando in direzione opposta a quella della sua fase pioneristica, universale e paritetica. Un mondo che vede in realtà la coesistenza di reti diverse, sempre più nazionali (Russia, Cina, Europa, Brexit e non solo) e private (Facebook, Amazon, Microsoft, Google, Apple, Uber, ecc.), abitate da moltitudini crescenti ma monopolizzate da pochi. 

Lo spazio digitale continua a essere percepito come pubblico, globale, aperto e universale ma in realtà la sua gestione è sempre più in mano a entità private, il cui strapotere sembra non suscitare alcuna reazione o riflessione critica. La realtà narrata come globale e senza frontiere è in realtà diventata sovranista, frammentata, ricca di piattaforme (Economia delle piattaforme e lavoro digitale) e parchi a tema, di muri, barriere e nuove frontiere (erette non soltanto per scopi di cybersecurity…o politiche). La critica di Sterling si estende anche alla pericolosità del Web, attraversato da una infinità di virus, malware, complotti, violazioni della privacy dei cittadini (Facebook e la nostra privacy), sorveglianza globale e fake news. 

Il futuro non è prevedibile 

La fase attuale di Internet sembra essere l’ennesima dimostrazione di quanto noi umani siamo bravi nel creare nuove tecnologie, ma anche di quanto siamo incapaci a capirne le evoluzioni. Sempre inadeguati a comprenderne le conseguenze e gli effetti. In particolare, quando le innovazioni sono diventate degli standard, semplici gadget che sono entrati a far parte stabilmente della vita di tutti i giorni (Internet, Wi-Fi, Facebook, Assistenti personali, ecc.). 

Il futuro non è mai prevedibile, non lo era neppure quello di Internet. La Internet che oggi sperimentiamo avrebbe potuto essere diversa, in termini di evoluzione, destinazione, progresso e vantaggi per tutti. Il passato spesso si dimentica o si ricostruisce sulla base delle percezioni e delle narrazioni (Italia(ni) viv(a)i raccontandosi storie!), spesso errate, del presente. Le narrazioni di Internet, oggi dominanti, nascono da voci e personalità che stanno sempre più dentro i mondi privati di piattaforme Internet che impediscono di cogliere le potenzialità della Internet degli inizi e di difenderne le caratteristiche originarie. 

Senza la consapevolezza dell’inganno narrativo corrente (La realtà non esiste o forse è diventata oscura), indifferenti a una maggiore conoscenza e comprensione del fenomeno Internet e delle sue numerose realtà, non sarà possibile dare forma alla Internet del futuro e, nel farlo, neppure costruire per l’umanità un futuro fondato sulla coesistenza di pubblico e privato, sulla collaborazione, dentro spazi aperti, liberi e democratici e nel rispetto della privacy.

Assenza di memoria e ricerca di consapevolezza 

L’assenza di memoria non dovrebbe giustificare la mancata ricerca di conoscenza e la sparizione della riflessione critica. La pervasività delle nuove tecnologie suggerisce di pensarle in modi nuovi, diversi da quelli oggi praticati, con l’obiettivo di far emergere approcci critici finalizzati alla maggiore (tecno)consapevolezza

La conoscenza non deve essere riferita al funzionamento delle piattaforme tecnologiche che frequentiamo. Serve a alfabetizzarsi, a fare chiarezza (sul Cloud, sui Big Data, sulle infrastrutture che hanno cablato il mondo, su chi le possiede, ecc.), a farsi strada dentro la complessità, le narrazioni e il linguaggio della tecnologia, il suo essersi eretta a sistema globale dal potere immenso, fatto di interconnessioni e piattaforme che hanno trasformato Internet in una vera ragnatela (come quella di Shelob la Grande nel Signore degli Anelli) dalla quale è complicato liberarsi. Sia cognitivamente, sia nella pratica quotidiana, sempre più caratterizzata da comportamenti suggeriti e indotti dalle tecnologie utilizzate. 

Pensare criticamente la tecnologia (oggi si potrebbe affiancarla anche al clima del quale molti sembrano non sapere più nulla…) è l’unico modo per conoscerla e comprenderla, per svelarne i segreti e le metafore. Un modo per non dare per scontati i risultati fin qui ottenuti e soprattutto per non ritenerli come il frutto di una evoluzione inevitabile. 

Il pensiero critico si alimenta di distanza, curiosità e attitudine all’ascolto, della capacità di orientare lo sguardo, di interpretazioni e metafore alternative a quelle prevalenti, di domande e obiezioni, di scetticismo e cinismo, di sano relativismo, tutti approcci che aiutano a imparare a pensare, a connettere cose tra loro diverse scoprendone le interconnessioni e interdipendenze, a penetrare dentro l’scurità che caratterizza molta parte del mondo tecnologico attuale. Infine a continuare a esercitare l’arte e la pratica del pensiero critico. 

Il nostro inconscio tecnologico 

L’inconscio tecnologico si spinge a credere che il mondo tecnologico sia più efficiente, ordinato e perfetto. 

E se tutto ciò non fosse vero? Se invece di regalarci maggiori opportunità la tecnologia operasse, anche in modo poco trasparente, per limitarle? Se l’ambiente tecnologizzato non fosse altro che la codificazione di un modello di realtà alla quale tutto viene costretto e adattato, compreso noi stessi? Se l’efficienza generasse profitti e benefici per pochi con la complicità dei molti privati degli stessi vantaggi e di uguali opportunità di guadagno? E se l’efficienza fosse solo il frutto dell’automatizzazione di comportamenti standard e di un hacking cognitivo operato da algoritmi furbi e intelligenti che si appropriano della capacità di scelta e dei processi decisionali umani? 

Tanti se che alimentano dubbi e che dovrebbero suggerire a tutti un ripensamento della loro relazione con la tecnologia e una ridefinizione dei ruoli che, nel contesto tecnologico attuale, dovrebbero avere i protagonisti umani e le macchine computazionali. 

Quanti sono quelli che capiscono ciò che sta succedendo? 

Intraprendere la strada del pensiero critico è un modo per mettersi nella condizione di capire ciò che la tecnologia, nella sua fase attuale di evoluzione, sta tentando di dirci, ma anche un modo per riflettere sugli errori, presenti e passati, che stiamo compiendo nel non saperla ascoltare, e su quelli che continuiamo a reiterare.

La comprensione non nasce da approcci 'riduzionistici' finalizzati a individuare le varie entità tecnologiche esistenti (Facebook, il Cloud, gli algoritmi, l’hardware e il software, ecc.) per analizzarle separatamente. Serve un approccio integrato, capace di guardare alla tecnologia nel suo insieme e come sistema complesso. Serve anche tenere sempre presente che il nostro modo di guardare alla realtà è oggi sempre plasmato, in qualche modo, dagli strumenti tecnologici che usiamo. 

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La tecnologia non è più neutrale 

La tecnologia o il mezzo tecnologico non sono né buoni né cattivi ma neppure neutrali (qualcuno crede ancora che i motori di ricerca siano al semplice servizio delle nostre curiosità?). Come tali influenzano comportamenti, pensieri e modi di guardare, ma anche la realtà economica e sociopolitica in termini di diritti (le piattaforme tendono a sostituirli con servizi), rispetto della privacy e delle opinioni altrui (chi non si adegua al conformismo dilagante viene messo al bando o delegittimato), redistribuzione della ricchezza e distribuzione dei profitti, disuguaglianze, precarietà del lavoro (Amazon, Uber, Deliveroo impoveriscono e producono alienazione) e libertà individuali.   

Nessuno può mettere in discussione i numerosi progressi indotti dalle tante rivoluzioni tecnologiche delle quali siamo testimoni. Nessuno dovrebbe però evitare di interrogarsi antropologicamente sul ruolo potenziale che le macchine oggi anno nell’espropriarci individualmente di noi stessi per favorire modelli, infrastrutture, algoritmi e piattaforme che operano con l’idea di plasmarci, ottimizzarci e domani, in prospettiva, aggiornarci come oggi si aggiorna iOS o Office 365. Tutti dovrebbero interrogarsi sul legame tra il ruolo che la tecnologia sta giocando, nell’interconnettere il mondo globalizzato che favorisce la crescita del potere monopolistico delle grandi corporazioni private, con le disuguaglianze e le ingiustizie diffuse,  le paranoie psichiche emergenti, la difficoltà a stare a galla nella melma comunicazionale e relazionale che caratterizza le comunicazioni digitali, la percezione di avere perso la possibilità di agire sulla realtà per cambiarla.  

Alcune considerazioni finali 

La Internet nata per cambiare il mondo, il mondo lo ha cambiato davvero. Oggi è uno spazio cognitivo capace di cambiare radicalmente il modo con cui facciamo i conti con il reale e il suo spazio abitato da oggetti.

Sta forse mettendo in pericolo il nostro essere umani? Esseri intelligenti e complessi, dotati di memoria e di emozioni, legati a mitologie, linguaggi e narrazioni del mondo, che oggi si confrontano con la volontà di inglobare tutto della tecnologia.  Una volontà di potenza alla quale ci arrendiamo giorno dopo giorno e che sta facendo vacillare la nostra pretesa capacità di interpretare, valutare e cambiare il mondo. 

La tecnologia non va demonizzata ma neppure accettata passivamente, per come è e per le sue promesse future. Al contrario può diventare uno strumento potente di introspezione e azione critica, per darle una direzione diversa da quella che oggi si palesa nelle narrazioni che la celebrano, comprese alcune di quelle riferite all’anniversario cinquantenario di Internet. L’obiettivo e le motivazioni devono aiutare la comprensione del fenomeno tecnologico e favorire la produzione di pensiero.

Guai se non lo facessimo!

 


*Questo articolo nasce da spunti tratti dal libro Nuova era oscura di James Bridle pubblicato in Italia da NERO.

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