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2022 - IMPOSSIBILE FARE PREVISIONI

2022 - IMPOSSIBILE FARE PREVISIONI

25 Novembre 2021 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Visti i numerosi cigni neri sempre emergenti, chi si volesse prodigare nel fare previsioni (già iniziate) per l’anno a venire è come un tacchino che passa la giornata a ingrassare e a fare progetti dentro la sua gabbia nell’illusione che la sua vita sia destinata a scorrere sempre uguale e tranquilla per lungo tempo ancora, ignaro del fatto che sta arrivando il thanksgiving.

Che si creda o meno all’idea di Nassim Taleb, è ormai chiaro a tutti che in questi tempi complessi e problematici, tanto per usare degli eufemismi, l’unica previsione certa è quella dell’emergere di nuove crisi, non solo sanitarie, così come certo e confermato è ogni anno l’appuntamento con il giorno del ringraziamento. 

Più che prevedere, attività praticamente impossibile senza una macchina del tempo che, portandoci nel futuro e ritorno, ci possa permettere di sapere cosa là è già avvenuto, servirebbe a tutti saper guardare(si) al proprio passato e su di esso riflettere, ragionare in modo da poter meglio comprendere il presente. 

Una migliore comprensione del passato aiuterebbe a riflettere in profondità sui fatti ma soprattutto sugli errori, anche sulle narrazioni che ne abbiamo fatto e i linguaggi (le parole) che abbiamo usato, potrebbe servire a diffidare dalle interpretazioni comunemente accettate di questi fatti e a contestualizzarli dentro cornici diverse, in modo da poter ispirare e compiere azioni diverse, adottando stili, mentalità e visioni del mondo differenti, proiettate verso il Futuro. 

Dentro contesti in continua evoluzione e di ricorrenti innovazioni tecnologiche, guardare all’indietro può sembrare antiquato e contraddittorio. Al contrario è l’unico modo per comprendere il perché di tante situazioni critiche esistenti (disuguaglianza, precarietà, povertà, migrazione, ingiustizia, innalzamento delle temperature della Terra, ecc.) e cercare di porvi rimedio con le proprie scelte, decisioni e azioni. 

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Il futuro, stando alle numerose serie televisive Netflix allo Squid Game, sembra essere abitato da distopie che rende superfluo qualsiasi sogno di (e)utopia. Forse aveva ragione Bauman a suggerire di costruire retrotopie, mettendosi in cammino su percorsi a ritroso, attraverso itinerari di trasformazione e purificazione. Un modo per predisporsi ai danni che il futuro, anche quello prossimo venturo, potrebbe ancora riservarci, 

Guardare indietro non è un gesto nostalgico e neppure fuga dal presente. Può diventare un modo di esistere evitando di inseguire gli ingannevoli attimi (s)fuggenti delle molte realtà che frequentiamo, di correre sempre in cerca di prestazioni da mostrare ma anche sempre in carenza di ossigeno, di ricercare sempre incontri utilitaristici e funzionali, di investire tutto sulla propria felicità individuale, di raccontarci grandi bugie e inventarci farmacologici storytelling. 

Quanti sono oggi convinti che il futuro ci riservi nuove utopie?

Quanti pensano al contrario che il futuro che ci aspetta sarà sempre distopico?

Chi pensa che unico modo per tornare all’utopia sia quello di costruire retrotopie?

 

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