Testo tratto dal mio e-book E guardo il mondo da un display pubblicato nella collana Technovisione di Delos Digital.
“… la metafora della vetrina consente di mettere a fuoco non solo il processo di progressiva erosione del privato, ma anche l’affermazione della logica commerciale nelle sue diverse manifestazioni. – Simmel e la cultura moderna di Consuelo Corradi e altri
Al tempo dei greci e dei romani le merci venivano esposte su semplici bancarelle, nei forum e nelle Agorà (in greco antico ἀγορά, da ἀγείρω = raccogliere, radunare) che servivano come mercati e nei quali si svolgeva molta parte della vita sociale del popolo. L’arrivo della vetrina ha coinciso con la trasformazione del rapporto tra merci e potenziali consumatori che, da intermediato dal venditore, è diventato sempre più diretto ma legato e condizionato dalle messe in scena dei prodotti esposti. Dal piccolo negozio la vetrina si è evoluta passando attraverso le gallerie o passages (gallerie coperte costellate di negozi) parigini del XIX e XX secolo, ai grandi magazzini (magasins des nouveautés come i Printemps o le Galeries Lafayette francesi), fino agli attuali shopping center. Un’evoluzione facilitata dal cambiamento dei costumi e delle abitudini, dalla creatività e abilità dei commercianti, ma anche dalla disponibilità di vetri e materiali trasparenti e luminosi sempre più idonei a favorire la vetrinizzazione sociale. Oggi la vetrina con tutti i suoi significati e le sue analogie si è trasformata in schermo, diventando metafora efficace per comprendere e descrivere il passaggio alla società tecnologica e edonistica del consumo, delle immagini e dell’informazione.
La vetrina così come lo schermo “con la sua trasparenza che crea relazioni è una perfetta metafora del modello di comunicazione che tende oggi a prevalere. Se l’individuo si mette in vetrina si espone allo sguardo dell’altro e non si può sottrarre a tale sguardo” (Vanni Codeluppi, La vetrinizzazione sociale, P.17). Attraverso il display di un dispositivo mobile e le sue icone applicative, l’individuo in modo trasparente si mette in vetrina rendendo pubblici e condividendo informazioni e notizie, ma anche sentimenti, emozioni, desideri e progetti. Nulla rimane in ombra perché il richiamo riflettente e magnetico dello schermo convince anche i più riluttanti a sposare la logica della comunicazione dell’era tecnologica e dell’accesso.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
La connessione persistente determina la felicità collegata alla presenza e alla visibilità (le gratificazioni che fanno sentire vivi e utili dei Like/MiPiace). Il display vetrina dello schermo la alimenta in continuazione trasformando il privato in pubblico e rendendo l’individuo anche sempre più vittima della iper-comunicazione commerciale e consumistica. Solo e isolato l’utente del dispositivo tecnologico si ritrova a essere osservato e spiato e sempre più solo e isolato. Esattamente quello che è successo al consumatore del 1800 quando la vetrina del negozio ha reso più difficile il contatto diretto con il negoziante.
Da piccoli rettangoli di vetro inseriti in gabbie di legno o di metallo la vetrina si è evoluta in lastre di vetro di grandi dimensioni capaci di rivestire l’intera superficie esterna dei negozi. Oggi la vetrina tecnologica nella forma di display è diventata tattile, interattiva, multimediale, altamente tecnologica e virtuale. È un display vetrina coinvolgente attraverso il quale, con semplici contatti tattili, i passanti consumatori possono interagire con i prodotti (spesso nella forma di contenuti o semplici immagini) presentati, visualizzarne informazioni, video e immagini, sfogliare cataloghi e documenti descrittivi o presentazioni, navigare pagine Internet e portali di commercio elettronico, cercare notizie competitive e di benchmarking, imparare e approfondire la conoscenza del prodotto e giocare.
Il display vetrina si è fatto olografico (superfici proiettabili e sensibili al tatto) diventando HoloScreen, LiveScreen, Digital Signage, Totem multimediale, monitor pubblicitario e trasformando l’esperienza e il processo decisionale di acquisto del consumatore. Ha trasformato il panorama di vie commerciali e spazi urbani con megaschermi e pareti display parlanti e ammiccanti che hanno portato a una spettacolarizzazione crescente della vita sociale dell’individuo, imprigionato tra i piccoli display dei suoi dispositivi mobili e i grandi schermi pubblicitari e sempre più incapace di percepire e gestire il vuoto che al di fuori degli schermi gli si è creato intorno.
Lo schermo vetrina non serve solo a commercianti, aziende e grandi Marche per promuovere i loro prodotti e marchi ma anche ai singoli individui per rappresentare se stessi in pubblico, mettersi in scena e recitare in un flusso teatrale e narrativo continuo finalizzato a presentarsi agli altri e riconoscersi. Il consumatore e cittadino post-moderno ha oggi l’opportunità di mettersi in mostra ed esibire i suoi stili di vita e le sue ricchezze in ogni momento e in ogni luogo senza dover frequentare salotti o strade commerciali. Lo fa con un corpo smaterializzato e trasformato in profili digitali e inanimati con cui può giocare a rappresentare le sue molteplici personalità e desideri.
La facilità con cui è possibile interagire con la tecnologia e la progressiva informatizzazione della società ha reso fattibile per tutti l’autopromozione online. Lo schermo diventa strumento di navigazione, di scrittura, di partecipazione agli spazi abitati della rete e di costruzione di spazi privati come blog e siti web, pagine Facebook, gruppi Google Plus o board di Pinterest. I contenuti pubblicati filtrano e si diffondono sulla Rete grazie a milioni di display che ne permettono la visualizzazione e la condivisione. L’attività dedicata all’autopromozione e alla rappresentazione (messa in scena) di se stessi in Rete, passa dai semplici profili di Facebook, a quelli più dettagliati e personali inseriti nei vari siti di dating e nelle comunità per cuori solitari che hanno popolato la Rete. Prosegue con la costruzione di siti web e portali e con l’allestimento di spazi blog con cui attivare una narrazione di se stessi nella parte abitata della Rete. L’obiettivo finale è soprattutto fare rete, farsi conoscere e trovare, connettersi, condividere pubblicamente la propria sfera privata e le proprie conoscenze e perseguire al tempo stesso la ricerca e la costruzione della propria identità.
Una realtà individuale diventata pubblica, incorporea e inanimata, digitale e virtuale porta con sé alcuni effetti collaterali che lo schermo vetrina, come strumento tecnologico e mediale, rende espliciti. Aumenta la confusione tra privato e pubblico, tra reale e immaginario, tra realtà e sua rappresentazione. Sparisce la distanza tra osservatore e oggetto osservato perché lo schermo è pura interfaccia, non ha profondità ma finisce per inglobare al suo interno il corpo e la vita intera dello spettatore nella sua veste di individuo, consumatore e cittadino. Aumentano il senso di isolamento e di solitudine, l’insicurezza legata alla comunicazione in contesti pubblici e altamente connessi, il timore di essere sempre sorvegliati e di non potersi più ritagliare angoli di tranquilla oscurità e tranquillità, l’urgenza e l’affanno che sempre accompagnano la recita e la messa in scena, lo sforzo legato alla necessità di continuare a differenziarsi, la paura del controllo visivo, la percezione della labilità delle relazioni digitali e l’allarme costante sulla possibile morte digitale (cancellazione o rimozione di profili, contatti e amicizie ecc.), resa possibile e facile attraverso l’uso di semplici click o touch.