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La solitudine dei giovani networker

La solitudine dei giovani networker

15 Gennaio 2017 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Dopo dieci mesi di arresti domiciliari e a un mese dal tornare libero, un teenager senza nome ha alzato la voce per dire che non aveva più giochi con cui giocare sulla sua Xbox. Rompendo le regole che lo obbligavano agli arresti in casa, l’adolescente ha deciso di uscire di casa perché la solitudine nel mondo reale era troppo grande da sopportare, nonostante l’ampia disponibilità di contatti virtuali grazie all’accesso internet. Prima di uscire il giovane ha chiamato la polizia anticipando il suo arrivo con la richiesta di essere arrestato e condotto in prigione. Meglio stare con sconosciuti in una cella che da solo in casa e in compagnia online.

10 febbraio 2014

La data, 10 febbraio 2014, è una delle tante che si potrebbero ricordare. La notizia anche, è l’ennesimo suicidio di Nadia, una giovane poco più che quattordicenne. Il luogo Fontaniva, uno qualsiasi della provincia italiana. Online si faceva chiamare Amnesia, si è buttata dal tetto di un hotel dopo aver scritto cinque lettere, una delle quali alla nonna, ed è morta dopo un volo di trenta metri. La sua non è stata una decisione improvvisa o un colpo di testa. Non lo è mai! Pianificava il suo gesto da tempo e usava i social network per manifestare il suo disagio crescente e per richiamare, anche con gesti autolesionistici, l’attenzione degli altri. Non ha ricevuto risposte e tantomeno aiuto!

Mongolia: foto di Carlo Mazzucchelli

Nessuno ha voluto sentire e ascoltare, nessuno ha capito, anzi qualcuno ha infierito con frasi e comportamenti che forse hanno scatenato la decisione finale. Di questa ragazza non si conoscono le difficoltà nella vita reale se non quelle che si possono immaginare perché associate alla difficoltà di crescere e alla fragilità tipica dell’adolescenza. Di lei rimangono i profili social e digitali e la sua presenza in ambienti come il social network Ask.com (creato da due fratelli lettoni conta più di 60 milioni di iscritti che interagiscono tra loro senza neppure conoscersi e viene usato specialmente per dire ciò che non si ha il coraggio di dire personalmente), usato da moltissimi adolescenti come palestra per nuove pratiche sociali fatte di incontri, scambi, verifiche reciproche e anche molta cattiveria e comportamenti di cyberbullismo. Solo così si spiega come, di fronte al grido di aiuto espresso da Amnesia, anche con l’aiuto di una iconografia grafica finalizzata alla ricerca di aiuto (una immagine di donna in bianco e nero con la scritta Help!), il social network si sia trasformato in un canale di insulti e di incoraggiamenti a fare veramente quello che aveva manifestato come una scelta possibile, il suo suicidio.

Leggere le frasi scambiate (“Sei una ritardata, grassa e culona, fai finta di fumare, ma non aspiri, fai finta di bere, ma non bevi, fai finta di essere depressa per attirare l'attenzione, sei patetica”.) aiuta molto a comprendere come la solitudine portata all’interno di un social network possa trasformarsi in isolamento, generare maggiore tristezza e tradursi in scelte drammatiche come “Vado a buttarmi dal tetto dell’hotel…”.

Mongolia: foto di Carlo Mazzucchelli

Una richiesta di aiuto reale è stata percepita dai contatti della rete di Amnesia (più di mille i messaggi scambiati e pubblicati) come posa, come atteggiamento ‘dark’, come provocazioni. Ai suoi messaggi ha ricevuto insulti (“Sei una che sta bene da sola, sei una persona schifosa”) e inviti a fare quello che diceva di voler fare (“spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che ce sul braccio e morirai!!!! “).

Dopo essere stata invitata a mostrare i danni autolesionistici che si infliggeva, Amnesia aveva ceduto alle richieste scrivendo «Secondo me, i tagli sono tutti delle piccole bocche che gridano aiuto». Poi si è buttata da 30 metri di altezza.

Quella di Nadia è una storia come tante, molte delle quali vissute nel silenzio individuale e familiare e mai finite sotto il faro dei media. Sono storie di cui non si può non tenere conto se ci si vuole interrogare seriamente sul disagio delle nuove generazioni e sulla loro inquietudine che passa sempre più attraverso la mediazione della tecnologia che confonde il loro modo di sentire, di pensare e vedere la realtà e di agire.

Alla ricerca dell'impossibile nel mondo ovattato del Web

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Finiti i tempi in cui i giovani miravano a realizzare l’impossibile (la generazione dei Baby Boomers) e a farlo anche lottando e prospettando cambiamenti radicali, come risultato della loro capacità e forza nel praticarlo, i giovani di oggi sembrano essersi rintanati all’interno di riserve speciali (social network ma anche video-giochi) nelle quali il futuro pare essersi fermato. Sono riserve digitali e virtuali, altamente tecnologiche, che offrono una infinità di nuove esperienze coinvolgenti e attraenti ma sono anche spazi chiusi nei quali rintanarsi per necessità, paura, e mancanza di alternative. Sono spazi nei quali i giovani coltivano i loro sentimenti e le loro relazioni simulate come se fossero tanti oggetti elettronici (bottoni di ‘like’ e ‘emoticons’ vari) con cui giocare insieme.

La necessità è di fare gruppo, formare reti sociali o tribù per comunicare, condividere e dialogare in modo da superare la solitudine e l’isolamento. Pensano di poterlo fare grazie ad una comunicazione e interazione tecnologica ininterrotta, veloce e quasi telegrafica e adottandone le sue nuove regole. Lo fanno perché, come tutti gli adolescenti che li hanno preceduti, hanno bisogno di relazioni empatiche, di ritrovarsi insieme ad altri intorno a valori e passioni, di dare forma alla loro identità e personalità, di esprimere e gestire i loro sentimenti e, nel fare tutto ciò, di scoprire sé stessi. Rispetto alle generazioni precedenti il gruppo, la rete sociale e la comunità non sono più destinazioni di scopo di emancipazione e utopia (etopia) sociale ma semplici spazi di auto-rappresentazione individuale nei quali essere visibili e riconosciuti attraverso la produzione di contenuti e azioni online.

La paura è di non riuscire ad entrare in possesso della propria vita dandogli una destinazione di scopo (cosa voglio essere) e un obiettivo raggiungibile (cosa voglio diventare). La mancanza di alternative deriva dal venire meno del supporto di strutture sociali, che sono sempre state importanti nella formazione dei ragazzi come la famiglia, la scuola e la chiesa (oratorio) e la politica. Ne consegue un grande smarrimento che non trova risposte perché il dialogo e la conversazione familiare si è ormai ridotta ai pochi caratteri di un cinguettio, la scuola è diventata un ambito nel quale prendere atto della frustrazione degli insegnanti e della inutilità della protesta o dell’arrabbiatura, e infine la chiesa ha perso la capacità di illuminare e guidare perché non possiede più il linguaggio per farlo. Non serve fare alcun accenno alla politica, considerato il livello di decadimento da essa raggiunto in Italia e dallo scarso aiuto che ci si può aspettare, come giovane, come genitore e come insegnante.

La mancanza di riferimenti, di dialogo e di sintonia cognitiva con i protagonisti adulti ha trovato risposte concrete nella tecnologia e nei suoi prodotti. Questa sintonia e le pratiche diffuse nell’uso di nuove tecnologie Internet, Mobile e di media sociali, hanno definito la personalità delle nuove generazioni, in termini di gusti e preferenze, di comportamenti e abitudini, così come di problematiche e sofferenze, di dipendenze e ricerca di benessere.

Le nuove generazioni Millennium

 

Siamo oltre sette miliardi ma sempre più soli. Le tecnologie mobili e sociali e le applicazioni di social networking hanno moltiplicato i contatti tra le persone ma non sono ancora riuscite a sostituire la potenza di uno sguardo, la valenza di un gesto, il contatto faccia a faccia e le molte emozioni scatenate dai sensi e dagli affetti. Avvertiamo tutti le potenzialità delle nuove tecnologie ma anche il rischio di maggiore isolamento, del senso di solitudine e di nuove angosce

Le nuove generazioni (Millennium, Y, touch e Z) sono rappresentate da persone giovani, che hanno dai 18 ai 24 anni (persone nate tra gli inizi degli anni 80 e i primi anni 2000) e centinaia di connessioni Facebook ma che hanno imprigionato tutto il loro mondo relazionale in una  stanza chiusa, fatta di molta virtualità online e minore realtà fisica, non perché non amino la seconda ma perché la considerano meno eccitante e interessante della prima.

Vivono rispecchiandosi nel web nel quale si sono chiusi dentro per sfuggire alle difficoltà oggettive della vita reale e per conquistare nuova socialità e convivialità. Lo fanno con i loro amici che come loro costruiscono monadi digitali, tra loro tutte interconnesse ma impenetrabili (le monadi di Leibniz non hanno finestre) e tutte rigorosamente diverse perché frutto della rappresentazione della mente di ognuno di loro e proiezione delle loro paure, idealizzazioni, pensieri e bisogni.

La preferenza verso la virtualità è così forte che persino un’attività fisica per definizione e per natura come la sessualità diventa un’esperienza solitaria, da vivere in rete e online, senza la presenza di un corpo vero e fisico da toccare e accarezzare. Lo ha evidenziato nel 2013 una ricerca condotta dalla società di andrologia italiana che ha raccontato di una generazione di giovani ipoattivi sessuali che non hanno timore a confessare il loro limitato desiderio per una fisicità concreta ed uno più ricercato di sessualità virtuale e online.

Molti comportamenti dei nativi digitali nascono da miti e percezioni sbagliate quali l’idea che la vita sociale offline sia diventata più insignificante e inefficace socialmente di quella online e che la socialità possa essere meglio perseguita e praticata nello spazio virtuale e online. Questi miti sono confermati da indagini di mercato che hanno coinvolto centinaia di giovani nativi digitali e che hanno evidenziato che i loro mondi virtuali creati online vengono percepiti come più reali di quelli del mondo fuori dalla rete.

Vietnam foto di Carlo Mazzucchelli

La realtà fattuale si rivela diversa da quella digitale

La realtà si rivela presto nella sua diversità e i giovani sono chiamati a scoprire quanto i loro miti li stiano limitando e manipolando. La realtà umana è fatta da una storia lunghissima di contatto fisico e di comunicazione faccia a faccia. Benchè alcuni genitori facciano giocare i loro figli con un dispositivo tecnologico già in tenera età, la realtà ci dice che la prima cosa che fanno i bambini è di avere esperienze tattili e sensoriali e meglio se con persone a loro vicine. Esattamente come facevano i nostri antenati e come fanno ancora oggi primati e scimmie Bonobo. Il contatto fisico è di fondamentale importanza nella evoluzione e maturazione di ogni individuo e lo rimarrà a lungo anche mentre il mondo sociale si popolerà sempre più di robot e macchine digitali. Il suono caldo e vicino della voce umana è altrettanto rilevante e capace di generare esperienze e emozioni ancora oggi impensabili con telefoni cellulari e social network.

Tredici e-book per una riflessione critica e cosnapecole sulle tecnologie che utilizziamo: Tablet: trasformazioni cognitive e socio-culturali -- Internet e nuove tecnologie: non è tutto quello che sembra -- Tablet a scuola: come cambia la didattica -- La solitudine del social networker -- Nei labirinti della tecnologia -- Genitori tecnovigili per ragazzi tecnorapidi -- 80 identikit digitali, APP Marketing: lo sviluppo non è che l’inizio -- Il diavolo veste tecno -- E guardo il mondo da un display -- Tecnologia mon amour , Tecnologia mon amour forever , I pesci siamo noi: prede, predatori e pescatori nell'acquario digitale della tecnologia e 100 libri per una lettura critica della tecnologia.

La realtà umana si sposa, anche in molti giovani, alla consapevolezza che la solitudine e la socialità sono due stati d’animo che richiedono alcuni momenti di verità. Li si può sperimentare online e offline misurando il livello di empatia che nasce da contatti e amici, interagendo virtualmente o fisicamente, parlando attraverso un dispositivo e una applicazione tecnologica o al tavolo di un pub, vistando uno store online e un negozio in strada, stringendo una relazione affettiva online e dando forma a questa relazione con una sana attività sessuale offline. La sperimentazione servirà a recuperare la distorsione visuale tipica del nativo digitale e a chiarire le motivazioni al social networking online. Queste motivazioni non nascono mai dalla tecnologia ma dalla ricerca di una maggiore connettività sociale. La tecnologia è sempre e solo uno strumento utile a raggiungere uno scopo.

Sbagliato guardare ai nativi digitali come dipendenti dalla tecnologia, meglio osservarne le azioni e i comportamenti finalizzati a costruirsi reti di contatti e amicali e a sfuggire alla solitudine a cui l’età e le condizioni di vita spesso li costringono. Sociale non è la tecnologia ma quello che si fa per interagire con gli altri. La tecnologia dei social network è sociale nelle sue componenti software e funzionali e nelle sue logiche applicative finalizzate a rendere possibile la partica sociale di chi le usa. E questo è probabilmente il motivo vero per cui queste tecnologie sono così ossessivamente utilizzate dai giovani nativi digitali.

Spunti per una riflesisone e approfondimenti vari:

A fornire spunti di riflessione sui social network e le tecnologie non è solo il collettivo di Ippolita ma anche autori come Carlo Formenti ( Incantati dalla rete - Immaginari, utopie e conflitti nell'epoca di Internet e Utopie letali), Nivholas Carr (Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello! e La gabbia di vetro), Jerome Lanier (La dignità ai tempi di Internet e Tu non sei un gadget), Douglas Rushkoff (Presente continuo. Quando tutto accade ora e Programma o sarai riprogrammato), Eli Priser (Il filtro: quello che Internet ci nasconde), Eugeny Morozov (L' ingenuità della rete. Il lato oscuro della libertà di internetInternet non salverà il mondo e Silicon Valley: i signori del silicio), Sherry Turkle (Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri ), Ivo Quartiroli (Internet e l’io diviso), e molti altri (consulta la Bibliografia Tecnologica di SoloTablet).

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