Mentre molti scienziati hanno sottoscritto un appello per mettere in guardia contro l’intelligenza artificiale e i sui potenziali effetti negativi, lo psicanalista francese Serge Tisseron ha pubblicato da poco un libro nel quale propone una riflessione sulle conseguenze psicologiche e individuali delle nuove tecnologie e della rivoluzione delle macchine in corso. On particolare la sua riflessione è rivolta all’analisi della psiche umana e a come reagirà all’avvento dei robot, in particolare e di quelli umanoidi e capaci di mimare le emozioni umane.
L’empatia è una capacità tipicamente umana che permette di identificare le emozioni dell’altro, anche solo attraverso lo sguardo, e di comprendere la sua rappresentazione del mondo e cosa dia origine alle sue emozioni. Il fatto di essere umani permette la reciprocità e la sua accettazione. I moderni robot hanno fatto passi da gigante nel loro percorso umanoide e nella loro capacità di riconoscere le emozioni dei loro interlocutori e padroni umani ma non sono e non saranno mia in grado di restituire una reciprocità empatica come quella umana. L’evoluzione è però continua e i robot miglioreranno in continuazione la loro capacità di manipolazione della realtà, tanto da consigliarci di prestare loro una crescente attenzione. In particolare quando i robot sono come quelli giapponesi pensati e introdotti per aiutare le persone anziane e sole.
La loro evoluzione continua non deve ingannare. Molte capacità sono oggi frutto di narrazioni marketing miranti a descrivere i nuovi robot come capaci di emozioni e dotate di capacità per il momento esclusivamente umane. La strategia è di realizzare robot ruffiani e piacioni, Robot Nutella capaci di lusingare il gusto degli umani e stimolare la loro voglia di possesso. I robot non sono però prodotti come gli altri. Hanno la capacità di modificare le funzioni psichiche dei loro utilizzatori, come molte altre tecnologie, e di cambiare le loro aspettative sociali. Il rischio è che ci si abitui a tipi di relazioni modificate tecnologicamente e si cerchi di imporle anche nella prassi relazionale e umana quotidiana.
La simpatia e la capacità di generare empatia da parte delle nuove generazioni di robot favoriscono la nostra tendenza a proiettarci negli altri, a rispecchiarci e identificarci con il rischio di confondere i punti di riferimento umani, le macchine sono entità inferiori, di dimenticare i rischi possibili e di impoverire le relazioni umane. Una esemplificazione di questi pericoli è stata rappresentata magistralmente nel film Her nel quale il protagonista comunica con una macchina parlante come se fosse umana e pian piano finisce per diventare dipendente da un robot che non fa altro che dargli quello che lui in fondo si aspetta.
Il futuro tecnologico è secondo l’autore francese inevitabile. I robot come le nuove tecnologie sono portatori di grandi speranze e opportunità ma non devono prendere il sopravvento sugli esseri umani che hanno anzi la responsabilità di anticiparne l’avvento e controllarne l’evoluzione. L’attenzione necessaria è tanto più grande quanto diffusa la pratica comune di non sviluppare adeguate normative legislative e valutare per tempo le implicazioni etiche e sociali. I software che domani animeranno i robot umanoidi che arriveranno dovranno sempre essere oggetto di un dibattito pubblico e valutati in modo da non perdere mai il gusto dell’umano e insegnare alle nuove generazioni a usarli e programmarli per soddisfare i loro desideri e non per lasciarsi condizionare
L’intervista allo scoenziato non permette di cogliere in profondità il suo pensiero. Chi conosce la lingua francese può già oggi acquistare il libro “Le jour où mon robot m’aimera. Vers l’empathie artificielle” online.
Gli altri dovranno attendere la sua pubblicazione in lingua italiana.