Mi piace iniziare il 2021 con un richiamo all’UTOPIA. Non come semplice parola, concetto o non luogo ma come idea generativa di possibilità. In forma di augurio, speranza, aspettativa per un 2021 (eu)topico che dovremmo tutti (o quasi) esserci meritato.
Nella realtà omologata dalla pandemia e resa confusa dall’infodemia, pensare all’utopia non è frutto di ingenuità e/o idealismo. È un modo di esercitare immaginazione e senso critico sul presente, un invito a pensare a modi diversi di convivenza futura.
L’utopia da immaginare non è un ritorno al passato (retrotopia) né un 2021 liberato dalla pandemia ma l’inizio di un viaggio, di una narrazione critica che apra sul futuro per trasformarlo.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Il viaggio deve favorire la fuga dalle eterotopie ucroniche delle piattaforme che frequentiamo. Realtà illusorie dominate da entità altre, gestite in modo che chi le frequenta non possa nuocere.
La critica dell’utopia è rivolta alla realtà del reale: precarietà, mancanza di lavoro e di reddito, disuguaglianza e ingiustizia, modelli di sviluppo sbagliati, ecc.
Perché non immaginare un'UTOPIA fatta di settimana lavorativa breve, più uguaglianza, giusta redistribuzione del reddito e modelli di sviluppo sostenibili.
Tu che UTOPIA vorresti?