Un nuovo contratto per il Web
Il fondatore del Web Tim Berners-Lee ha rilasciato in questi giorni la sua proposta per un Contratto per il web, proposto a governi, aziende e cittadini, finalizzato a governare Internet, per mantenerne le prerogative di democrazia e libertà e difenderlo da mire monopolistiche di aziende private e governi. Il contratto contiene le nove cose da fare per proteggere la privacy, migliorare la vita online e contrastare le false notizie. Semplici buone pratiche che potrebbero servire per ridare maggior potere agli utenti e al tempo stesso controllare e governare i comportamenti di giganti tecnologici come Google, Facebook, Microsoft, ecc. e dei governi che, nella fase capitalistica attuale di crisi della globalizzazione, stanno operando per costruire Internet sovranisti e nazionali.
Effetti della tecnologia
Il nuovo contratto potrebbe però servire a poco contro alcuni degli effetti che la Rete ha fin qui prodotti. Effetti quali la diffusione pervasiva di false notizie e disinformazione, il furto di identità, l’automazione algoritmica, le disuguaglianze economiche, la sorveglianza e il condizionamento dei comportamenti, la raccolta di dati e la loro appropriazione da parte di poche realtà private, il predominio di poche aziende tecnologiche che dominano Internet con le loro piattaforme.
La lista potrebbe continuare ed è tale da far pensare a un vero e proprio patto con il diavolo che ogni utente della Rete e delle nuove tecnologie ha sottoscritto in questi anni di iperconnessione, mobilità digitale e social networking. Un patto che, secondo Berners Lee potrebbe essere rotto se gli utenti, partecipando in modo attivo e creativo, comprendessero che internet dovrebbe essere riportata su binari diversi da quelli attuali, una Internet da rifondare sui valori del dialogo civile, del rispetto e della dignità umana.
Internet era nata per essere libera
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Internet era nata come un’avventura libertaria per dare potere alle masse, per raccontare, far conoscere e condividere il prodotto della creatività e dell’immaginazione umana, per dare voce a tutti e creare nuove opportunità. Oggi Internet è occupata da piattaforme, mondi chiusi come lo sono gli acquari che tengono prigionieri pesci di ogni tipo e provenienza, e le gabbie e voliere che impediscono a coloro che vi sono prigionieri di volare liberamente ma li rendono trasparenti alla vista di coloro che li tengono felicemente segregati.
Oggi Internet è una miniera di dati e di informazioni...
La Internet attuale ha distrutto la privacy, ha trasformato gli utenti in produttori di materie prime nella forma di dati e informazioni che riempiono i magazzini dei Big Data e alimentano i profitti di chi li possiede e gestisce, il tutto senza alcuna attenzione a norme di tipo etico, morale e legale. Internet ha favorito l’emergere di una mente connettiva (De Kerckove) e collettiva (Pierre Levy) ma questa mente oggi più che una evoluzione sembra aver prodotto un’involuzione, in termini di conoscenza, di apprendimento, di linguaggio e di comportamenti. Ne sono esempio le varie forme della comunicazione online che alimentano movimenti politici sovranisti e populisti, la diffusione dell’odio e l’abbrutimento della comunicazione online.
E’ come se la situazione fosse scappata di mano, sia a coloro che nella Silicon Valley hanno dato forma alle piattaforme tecnologiche dell’apparato tecnologico, sia agli utilizzatori, nella loro veste di utenti, consumatori, cittadini ed elettori. Una prima conseguenza è la sparizione delle molteplici opportunità positive che Internet conteneva come promesse nelle sue premesse iniziali.
Dall'utopia alle distopie
Dall’utopia e dalla controcultura si è passati alle presenti distopie e al conformismo dilagante, alla trasformazione dell’utente in merce e in consumatore da fidelizzare, al dominio dell’algoritmo che sostituisce la libertà di scelta individuale con le sue scelte binarie e le sue decisioni. Gli effetti sono già sotto gli occhi di tutti, non solo di studiosi e analisti. La realtà sembra essere fuori controllo, così come lo sono molte delle moltitudini che popolano la Rete convinte di essere libere solo perché dispongono di uno smartphone e di un account Facebook e poco interessate a interrogarsi su chi ha regalato loro questa libertà.
Mentre milioni di utenti giocano, navigano, commerciano e socializzano online, le aziende tecnologiche stanno investendo miliardi di dollari per costruire una Internet sempre più sotto controllo, quasi privatizzata, piena di potenti strumenti di condizionamento dei comportamenti e di sorveglianza (chi volesse approfondire dovrebbe leggere il ponderoso ma utile libro di Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza). L’obiettivo di queste società è ben lontano dai valori originari di Internet e tutto centrato su come e con quali mezzi fare profitto. Lo strumento chiave utilizzato è il monitoraggio predittivo dei comportamenti, determinato da algoritmi sempre più intelligenti e capaci di apprendere che si fanno carico di monitorare e modificare i comportamenti degli utenti/consumatori. Come ha scritto Douglas Rushkoff la Internet che queste società stanno realizzando assomiglia a un centro commerciale capace di intrattenere, sedurre e soprattutto di imprigionare.
Serve maggiore tecnoconsapevolezza e una nuova consapevolezza
Nessuno mette in discussione le molteplici opportunità che Internet continua a offrire. L’attenzione dovrebbe però essere posta su ciò che sta allontanando la Internet di oggi da quella delle sue origini.
Nel farlo dovrebbe alimentare la conoscenza e la tecnoconsapevolezza da cui può derivare la capacità di filtrare e discriminare, di cogliere e distinguere le false notizie da quelle vere, di avere coscienza della differenza che esiste tra l’intimità di Facebook e quella che si sperimenta nella vita reale, di comprendere il ruolo che le piattaforme tecnologiche hanno assunto nel generare l’attuale confusione politica dalla quale stanno riemergendo fascismi e forme di odio che ritenevamo ormai superate e debellate per sempre.
A questa consapevolezza nuova possono contribuire tutti gli utenti della Rete impegnandosi nella battaglia, diventata irrinunciabile, contro la diffusione di false notizie, opponendosi all'uso di Internet e delle sua piattaforme come se fossero armi d'offesa e politica, condividendo il contratto di Berners Lee in modo da fare pressione su governi, aziende tecnologiche e comunità di utenti.
"[...] il modo migliore per cambiare le priorità e le azioni di chi è al potere è parlarne da ogni angolo del mondo e richiedere il web che vogliamo”. Tim Berners-Lee
La riflessione utile a una maggiore consapevolezza potrebbe anche rispondere alla domanda sulla nostra responsabilità individuale nel rendere Internet un posto migliore. La risposta non può che essere politica e servire a decostruire i messaggi delle società tecnologiche che, mentre predicano libertà, trasparenza, opportunità e democrazia, nella realtà stanno trasformando le nuove tecnologie in potenti strumenti di controllo dei comportamenti e sorveglianza. Reagire politicamente significa, come ha scritto Jaron Lanier, passare “dall’agire come bambini, all’accettare il nostro ruolo di persone adulte per usare tutto il nostro potere per dare una direzione diversa a ciò che oggi non sembra funzionare.”