Un modo per estraniarsi, stare lontano dagli schermi, eliminare conati di vomito, immergendosi e al tempo stesso cercando di (ri)dare senso e significato alle parole, ai racconti e alle narrazioni.
Un modo per confrontarsi con quanto è stato scritto in tempi precedenti e misurarlo con la pochezza dei nostri tempi.
Leggere è anche un modo per accumulare conoscenze utili per (ri)orientarsi, prepararsi alla fine di un’epoca, al cambio di paradigma, per formulare principi e valori con i quali provare a contrastare il buio (la ὕβρις) dei nostri tempi.
Di questi tempi il buio non è un termine casuale.
Serve a raccontare l’accecamento mentale e lo smarrimento della coscienza.
FOLLI CHE NOI SIAMO
Aiuta a comprendere cosa voglia dire essere annebbiati, mentalmente e psichicamente, essere risucchiati nelle tenebre, così impauriti da rischiare la follia.
Imprigionati dentro schermi luminosi, abbaglianti, sfolgoranti e lucenti, fingiamo (occultiamo) di non vedere quanto siamo in realtà immersi (fagocitati) in realtà fosche e nuvolose, temporalesche, plumbee. Il fingere aiuta a tenere lontano l’angoscia, la disperazione e l’ansia, la paura di smarrire la mente e inibire la lucidità di pensiero e di giudizio.
Bisognerebbe essere coraggiosi, capaci di fare un salto nel buio, arrischiandosi e osando per avventurarsi dentro la realtà convinti di avere gli strumenti e ancora la possibilità di cambiarla.
La domanda emergente obbliga a chiedersi se e come ce la si può fare, a cosa serve il coraggio individuale senza coraggio e azione collettiva.
Se la risposta è negativa, meglio rassegnarsi e aspettare che “Adda passà 'a nuttata” e, in attesa che torni ad albeggiare, leggersi un bel libro.
Su tutto la consapevoezza che la “nuttata” sarà molto lunga.