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UNA SOCIETA’ STANCA. LA NOSTRA!

UNA SOCIETA’ STANCA. LA NOSTRA!

30 Luglio 2024 Carlo Mazzucchelli
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UNA SOCIETA’ STANCA. LA NOSTRA!

La stanchezza è tutta occidentale, forse legata all’invecchiamento crescente, all’incertezza diffusa e alla percezione di vivere alla fine dei tempi, dentro un cambio di paradigma epocale, senza risorse né voglia di risalire la corrente per riscoprire (recuperare) le energie necessarie che potrebbero servire a credere ancora nel futuro.

Siamo così stanchi da rinunciare a qualsiasi sforzo, seppur minimo, per immergerci in noi stessi, per interrogarci sul perché lo siamo diventati. Incapaci di porci delle domande (non è un caso che le poniamo alla ChatGPT), di praticare una riflessione cosciente e consapevole. Abbiamo perso il contatto con la realtà della realtà, preferiamo non confrontaci più con essa, rinunciamo a qualsiasi responsabilità che ad essa ci lega. 

Stanchi come siamo, ci inventiamo diversivi, troviamo mille spiegazioni pescando dentro il sovraccarico di informazioni che ci hanno reso tutti informati ma più ignoranti, subiamo frustrazioni e depressioni che la stanchezza si porta appresso, troviamo giustificazioni utili a raccontarci che non è colpa nostra se non riusciamo a reagire e a ripartire, ci sentiamo ingannati dalla nostra stessa inedia e dolce far niente. 

A essere stanchi non sono solo rider, fattorini, precari, che devono lavorare per potersi garantire un reddito di sopravvivenza. Stanchi lo sono anche i più fortunati che il reddito ce l’hanno, vittime di un disagio psichico che genera spossatezza, malessere e nevrosi, spesso determinati dall’abbracciare senza reagire le regole della società postmoderna tutta centrata sulla competizione, sulla prestazione, sulla iperattività e sulla iperproduzione, sulla impraticabilità di ogni negazione, resistenza o ribellione. 

La stanchezza di cui soffriamo non ci impedisce di affaticarci ulteriormente in ore di attività online e sulle piattaforme social. Un modo per non sentirsi alienati e raccontarsi, in modo distorto, malato e illusorio, di possedere un io performante e iperattivo, mai stanco. In questo modo la stanchezza impedisce la ricerca di ogni via di fuga, di togliersi le catene che sono all’origine di buona parte della nostra stanchezza esistenziale vissuta. 

La stanchezza individuale si accompagna a una stanchezza dello spirito del tempo occidentale, molto legato a una percezione da fine della storia e delle utopie, da fine dei tempi, da sparizione di ogni speranza. Lo spirito del tempo occidentale ha perso la sua valenza, a interpretarlo in senso Hegeliano sono mondi diversi, la Cina in primo luogo. Unendo dispotismo e liberismo, capitalismo e comunismo, progresso e marxismo, la Cina sembra avere trovato la ricetta per alleviare la stanchezza dell’individuo, attraverso forme tecnocratiche che trasformano il vivere civile in pura amministrazione. 

La stanchezza occidentale odierna non sembra avere rimedi, tanto è diffusa, passivamente subita e narrativamente giustificata. Bisognerebbe avere maggiore consapevolezza, esercitare uno spirito critico, dire addio alla psicologia positiva (non basta potere bisogna anche volere) e alle fregnacce sulla felicità, essere capaci di autoanalisi e riflessione, elaborare pensiero critico e alternativo, praticare nuovi strumenti di analisi della realtà, elaborare il tema della stanchezza in termini culturali, filosofici e politici, rompere le catene che ci fanno sentire liberi proprio nel momento in cui non siamo mai stati così incatenati e mai abbiamo sofferto di disagi psichici e depressioni come oggi. 

La soluzione non sta soltanto in una maggiore cura verso sé stessi, non va ricercata in ambiti individuali e biografici, obbliga ad affrontare problemi sistemici e strutturali e il ritorno all’impegno. 

Facile a dirsi, complicato a farsi!

Nulla vieta però di prvarci!

 

 

 



 

 

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