Neologismo, parola nuova, al momento sconosciuta e pochissimo usata, da sottoporre alla pratica filosofica dell’Oltrepassare, per arricchirla dei molti significati a cui potrebbe essere associata e di molti altri, nuovi, con cui semantizzarla.
I suoi significati ne permetterebbero un uso più frequente e più adeguato a descrivere una realtà tecnologica nella quale l'essere umano è sempre più soggetto alle scelte delle macchine, ne subisce l'incantamento e la sottomissione, ne sposa la logica utilitaristica e pragmatica, si fa complice della sua trasformazione in merce, fino a dimenticare le sue specificità tipicamente umane.
Il meccanocene in formazione, penato come era che viene dopo quella dell’antropocene, ha connotazioni negative, non diverse da quelle che l’antropocene ha avuto sull’ecosistema Terra. La negatività è da associare allo sviluppo delle nuove tecnologie e alla sottomissione dell’umano che ne è generata. La tecnologia, non solo quella corrente, ha costruito negli anni il suo dominio sulla natura e sul mondo. Un dominio controproducente per gli effetti nefasti che ne sono derivati. Nell’antropocene questi effetti si sono manifestati in quello che il ricercatore Fabio Parascandolo ha definito come “[un] biocidio alle porte, anzi in corso d’opera. L’aggressione sistematica alla Biosfera e la metodica indifferenza nei confronti dei caratteri di comunanza degli spazi del vivente”. Nel meccanoce la vita potrebbe essere il genere umano stesso, l’homo technologicus che, dopo avere imposto il suo dominio sul mondo, oggi rischia di trasformarsi in macchina, in robot e quindi di smettere di esistere come umano.
Il meccanocene in formazione è però pieno di criticità e per questo ancora modificabile nella sua evoluzione futura, nelle sue finalità e destinazioni.
Come per l’ambiente e la crisi climatica, servono però una maggiore conoscenza, una elevata (tecno)consapevolezza e nuova responsabilità. Anche di tipo etico.