Soddisfare un desiderio non significa necessariamente entrare in possesso di un oggetto. Anzi l’essersene appropriati può diventare fonte di angoscia se altri che conosciamo, anche loro impegnati nello shopping natalizio, sono riusciti ad acquistare oggetti migliori o più costosi dei nostri scatenando la nostra invidia o gelosia.
Non disporre del budget necessario all’acquisto di un iPhone 6S, di un Galaxy Edge o di un Surface Book non è un problema fino a quando non si scopre che altri, più fortunati, più ricchi o con genitori e zii più generosi ne hanno acquistato uno. E’ come quando il bambino piange perché invidia il giocattolo del suo compagno di asilo. L’attenzione non va tanto al giocattolo, sia esso tecnologico o meno, ma al fatto che qualcun altro lo possiede e ne trae godimento. Nel Signore degli anelli, ciò che fa star male Gollum (Il mio tessoro è andato perduto! È venuto da me, è mio! È la mia gioia... è mio, il mio Tessoro!) non è tanto l’assenza dell’anello perduto quanto il fatto che a possederlo è qualcun altro. Allo stesso modo, un iPad Pro posseduto da un amico o da un collega non diventa di per sé più desiderabile. Lo è perché posseduto da un altro!
L’invidia o la gelosia può essere superata in vari modi. La pratica più diffusa è quella probabilmente più inconscia o inconsapevole perché guidata dal potere delle marche nel creare desideri e bisogni fornendo al tempo stesso gli strumenti per la loro soddisfazione. Ne derivano spesso comportamenti di acquisto compulsivi finalizzati al possesso di un oggetto o dell’ultimo modello di un prodotto tecnologico. Sono comportamenti che riempiono la vita di gadget e oggetti, spesso inutili o inutilizzati (vedi lo Watch di Apple che viene messo nel cassetto dopo sole due settimane di utilizzo) capaci di generare benessere e felicità. Il benessere e la felicità che ne derivano finiscono per essere momentanei e di non soddisfare quelli che sono i bisogni fondamentali, oggi legati più alla necessità di trovare soluzioni alla precarietà, alla sparizione dei diritti e alla difficoltà di programmare il proprio futuro.
Un nuovo iPhone S6 rende felici per un giorno, soprattutto se molti amici non sono riusciti ad acquistarlo o non lo hanno ricevuto in regalo, ma non risolve i problemi del vivere quotidiano e la insoddisfazione dell’esistenza (la sofferenza del cittadino della società liquida di Bauman).
Meglio convincersi che tanto non si può avere tutto e che lo stare bene può anche essere determinato dall’assenza di qualcosa, dall’impossibilità di goderne e dal continuare a desiderarlo. Il desiderio di un nuovo gadget tecnologico implica la necessità o volontà a impegnarsi in un progetto, in un percorso, in nuove forme di creatività. Il fine può essere l’accumulazione dei budget necessari ad un acquisto ma quello che fa la differenza è la sperimentazione dell’assenza e le azioni e il percorso impiegato per riempirla. La soddisfazione nasce dal definire un obiettivo, un orizzonte verso il quale tendere, riconoscere che questo orizzonte esiste e che non è stato cancellato per sempre così come esiste un futuro e una opportunità.
Lo Zuckerberg filantropico e la miopia colpevole dei mezzi di informazione
Il futuro non deve essere per forza di cose pauperistico o deprivato di oggetti ma essi non sono essenziali. Non lo sono a maggior ragione quelli tecnologici di cui tutti possiedono più copie o modelli. Anzi esserne privi, almeno per un po’, potrebbe permetter di dare risposte concrete a desideri che possono essere soddisfatti solo attraverso il contatto umano, lo sguardo e il riconoscersi negli occhi, la vicinanza e la percezione di essere desiderati.
Per Natale non è obbligatorio regalare un iPhone. Potrebbe bastare un sorriso (in formato …. Grande).
*Spunti per il testo tratti dal bel libro dello psicanalista Massimo Recalcati Ritratto del desiderio, Editore Cortina
Fotografia di Carlo Mazzucchelli