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Praga, Venezia e Everest, il turistificio che avanza!

Praga, Venezia e Everest, il turistificio che avanza!

06 Giugno 2019 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Abituati a consumare contenuti digitali, a cedere alla bulimia da acquisti online e ad accettare passivamente di essere trattati come merce, non ci rendiamo conto che stiamo consumando anche ciò che di più bello abbiamo intorno a noi. Paesaggi, città d’arte, montagne, mare e natura. Tutto trasformato in merce da consumare e in un unico grande turistificio.

Tutti hanno diritto a godere delle bellezze naturali e delle città d’arte del mondo. Nessuno dovrebbe però avere il diritto di goderne come se fossero semplici merci da consumare, di fretta e in massa (Il tempo è solo presente: The Big Now!). Che è poi quello che sta succedendo, a Praga diventata tutt’altro che magica, a Venezia invasa fin sul sagrato della basilica da navi crociera con migliaia di passeggeri a bordo, e anche sull’Everest assalito da migliaia di alpinisti, in coda come se fossero in attesa davanti a uno store della Apple. 

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Si dice che ognuno abbia il turismo che si merita, intendendo che basta una visita a Venezia per comprendere come in Italia nulla si faccia per proteggere realmente un patrimonio artistico ed architetturale che tutti ci invidiano. Difficile altrimenti pensare che non si possa decidere in 24 ore di vietare l’ingresso nel canale della Giudecca alle navi da crociera. Facile al contrario pensare male riflettendo su come e quanto tutti siano impegnati a trasformare Venezia (lo stesso discorso vale anche per altre città italiane) in una semplice merce da vendere e in un turistificio alla shopping center (A proposito di caverne e centri commerciali...da Platone alla Cina.). Da sfruttare intensivamente e fino a quando sarà possibile, per trarne il maggiore vantaggio economico e tornaconto personale possibili.

Triste infine pensare che, come in mille altri ambiti della vita pubblica italiana, nulla cambi. Si parla e si cinguetta in continuazione, gli elettori sempre più incattiviti e delusi, passano da destra a sinistra alla ricerca di cambiamento, ma nella realtà nulla cambia e nulla si muove, se non per confermare politiche, approcci, interessi e lobby dominanti (anch’esse rapidissime e abilissime a spostarsi su tutti gli estremi dell’asse politico). Altro che uno vale uno! 

Ma la Venezia italiana non è un’eccezione. Siete mai andati recentemente a Praga? Io ci sono stato e me ne sono scappato insofferente e inorridito! Chi avesse letto Praga Magica di Angelo Maria Ripellino o amasse Kafka e le sue descrizioni dei luoghi della città, sa che quella Praga non esiste più e che non ha più nulla di magico. Le magie rimangono celate da folle di persone che sciamano in ogni direzione e alle quali molte di queste magie vengono semplicemente raccontate e svelate. Così tutti potranno raccontare i segreti della città senza avere provato l’emozione di partecipare a una magia che è tale fino a quando non viene svelata.

A Praga come a Venezia tutto è ormai governato dalla semplice logica del guadagno (Ogni epoca ha le sue Versailles: le società tecnologiche e le corti dei nuovi Re Sole), quella di negozianti, albergatori, ristoratori ma anche guide, agenzie turistiche, ecc. così come quella di migliaia di persone che sfruttano al meglio l’offerta esistente per visitare, ma soprattutto consumare, qualsiasi cosa e al minor costo possibile. Il guadagno è tale che nessuno degli attori coinvolti si ferma un attimo a riflettere che forse è tempo e necessario cambiare strategia, abitudini e comportamenti. 

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La cosa vale anche per destinazioni diverse, come ad esempio la montagna incantata dell’Everest, invasa nei primi mesi del 2019 da migliaia di scalatori in fila indiana (alcuni di essi hanno pagato con la loro vita, altri hanno rischiato la morte solo per farsi un selfie da condividere in tempo reale su Instagram) per raggiungere i suoi ottomila metri di altitudine, come se fosse una semplice scampagnata o una passeggiata per lo shopping in una via del centro di Milano.  D’altra parte, come resistere alla infatuazione pervasiva per una montagna capace ormai di generare flussi di guadagni consistenti, non soltanto a guide locali e agenzie ma anche ai governi cinesi, nepalesi e indiani (il guadagno è legato alla vendita di permessi, ormai fuori controllo)? 

A Venezia, Praga e sull’Everest il problema non è solo l’affollamento delle masse fameliche in movimento. C’è anche il problema della spazzatura che sempre le moltitudini e l’inciviltà di molti si lasciano dietro. Il fenomeno più grave è quello che interessa l’Everest, un ambiente naturale che si sta trasformando rapidamente in una discarica a cielo aperto. Il fenomeno è ulteriormente aggravato dal costante innalzamento della temperatura, responsabile a suo modo della trasformazione dell’Everest in uno zoo umano e soprattutto in un unico grande cestino di rifiuti ad alta quota. 

L’affollamento, la fretta, la bulimia di consumo, tutti elementi che stanno anche modificando comportamenti e valori. Sull’Everest ad esempio molti alpinisti hanno denunciato la scomparsa di umanità e solidarietà. Il protagonismo e il narcisismo di molti li porta a non prestare attenzione o aiuto a compagni di viaggio in ipotermia o in difficoltà.  

 

A Venezia e Praga i comportamenti emergenti delle masse in movimento sono dettati dagli stessi impulsi e assenza di valori. Forse proprio perché la massa prevale sull’individuo condizionandone i comportamenti. Sull’Everest gli effetti sono evidenziati dall’aumento costante delle morti, non necessarie e senza senso, di alpinisti improvvisati e incapaci forse di calcolare i rischi a cui sono andati incontro per colpa delle descrizioni lacunose dei depliant delle agenzie…?).

Un effetto generale che interessa Venezia, Praga e l’Everest è la scomparsa del viaggiatore solitario. Sia perché ormai alla ricerca di altre mete, sia perché qualora si trovasse anch’esso nella folla, tutto sarebbe tranne che solitario. Un tempo ciò che lo caratterizzava era la maniacale ricerca di esperienze uniche, emozionanti e sfidanti, anche a prezzo di maggiori fatiche, rischi e costi da affrontare. Oggi alla ricerca monomaniacale di fuggire via dalla pazza folla, senza avere alcuna illusione o possibilità di riuscire a evitarla. 

 

 

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Questi viaggiatori solitari, preparati, acculturati, sono ormai diventati una specie in via di estinzione. Percepiti come radical chic privilegiati che vorrebbero tenere fuori le masse popolari dal godere dei vantaggi e benefici da essi sperimentati in anni di viaggi solitari. 

La globalizzazione del mondo ha cambiato tutto, anche il turismo e il modo di viaggiare. Nessuno può criticare i suoi benefici e vantaggi ma tutti dovrebbero oggi interrogarsi sui suoi effetti, nel medio e lungo periodo, prima ancora che nel breve. Interrogarsi potrebbe voler dire fare delle scelte (“Rinuncio alla Crociera a Santorini”) o impegnarsi a sostenere alcune giuste cause. Ad esempio l’introduzione del numero chiuso per città come Venezia o Praga e soprattutto per le montagne come l’Everest. Un’idea, quella del numero chiuso, difficilmente applicabile perché nessun politico sarebbe disponibile a farla propria e ad affrontare le proteste che immancabilmente ne deriverebbero. 

In assenza di scelte coraggiose il risultato è facilmente prevedibile. Venezia potrebbe andare a fondo per eccessivo carico, elevato inquinamento atmosferico o erosione delle fragili palafitte che la sostengono a causa delle navi da crociera che la navigano. Praga (stesso discorso si potrebbe fare anche per Budapest, Cracovia, ecc.) potrebbe soffocare dalla gentrificazione che sta forse portando alla sparizione della sua popolazione storica (nel 2018 i turisti entrati in città sono stati 8 milioni).

Altri effetti del turismo di massa su città come Venezia e Praga sono i danni (per alcuni la distruzione) di monumenti ed edifici protetti, in molti casi solo per aumentare i bancomat e i servizi ai turisti. Il disastro più grande è però quello che interessa ambienti naturali come l’Everest e altre montagne. Il disastro è già in atto, visibile a tutti anche se dimenticato e nascosto.

Un disastro che non va misurato solo sulle moltitudini in aumento e sul numero di morti, ma sull’impatto che si sta provocando su ambienti vulnerabili che hanno impiegato secoli per formarsi e che oggi si stanno letteralmente sciogliendo per l’innalzamento della temperatura (secondo gli scenziati per la fine del secolo un terzo dei ghiacciai himalyani non esisteranno più). Un cambiamento climatico che è anch’esso causa di un maggiore afflusso di alpinisti che intravedono ora la possibilità di scalare nuove montagne. 

Senza una riflessione critica sui fenomeni che stanno caratterizzando la vita degli umani sulla Terra nel terzo millennio da poco iniziato, senza una maggiore consapevolezza sulle cause e gli effetti delle nostre scelte, nulla cambierà, anzi tutto peggiorerà. Gli effetti potrebbero non disvelarsi in tempi brevi, ma quando emergeranno si scoprirà quanto essi siano profondi e disastrosi. E forse sarà troppo tardi! Non solo per Venezia, Praga o per la montagna incantata dell’Everest!

 

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