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STIAMO PROGREDENDO O DECLINANDO?

STIAMO PROGREDENDO O DECLINANDO?

16 Gennaio 2024 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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A seguire lo storytelling del tempo corrente, stiamo vivendo tempi di cui possiamo andare fieri, tanto è il progresso che li caratterizza e che, grazie alla scienza e alla tecnica, e oggi anche alle intelligenze artificiali, non è mai stato tanto accelerato e sorprendente. Abbagliati da questo progresso ma soprattutto dalla sua narrazione, abbiamo forse perso il contatto con la realtà, non ci accorgiamo più di quello che ci passa vicino e scorre davanti ai nostri occhi. Si finisce per non rendersi pienamente conto del mondo che ci è toccato in sorte, un mondo in declino, sbandato, sofferente, stucchevole ma in profonda crisi.

Questo pensiero, che associo al mio essere anziano, non è solo mio. La percezione del declino incombente tocca molti, genera disincanto, anche esistenziale, genera un ondeggiamento continuo che può portare alla consapevolezza o all’abitudine. Nel primo caso non si fa altro che aumentare il retrogusto amaro di quello che stiamo sperimentando, nel secondo caso si finisce per perdere ogni sensibilità, persino ogni paura, trasformando il declino in luogo comune (mal comune mezzo gaudio). Nulla di nuovo nella storia della nostra civiltà. I nostri antenati hanno già sperimentato situazioni simili, la storia ha evidenziato le leggi a cui ogni civiltà si deve assoggettare. 

Chi più di altri percepisce il declino del crepuscolo e non si è lasciato trasportare da pessimismo e visioni apocalittiche, prova a proporre cure, ricette e rimedi, ma non si rende conto che essi stessi fanno parte del declino in atto, come tali inutili o insufficienti e fermarlo. Il declino non è solo economico, politico o sociale, ma cognitivo e psichico, spirituale ed etico, sta tutto dentro il vivere dentro la fine di un mondo, che si è irrigidito nella sua malata presunzione di poter durare per sempre. Una sensazione simile a quella sperimentata da molti romani e filosofi come Boezio, alla fine del loro impero (collocato dagli storici alla fine del 400), ma anche dagli orgogliosi austro-ungarici, increduli di quanto stava capitando loro. 

Il declino si può negare, ci può sconvolgere e confondere, può far sentire degli eletti che sperimentano tempi strani, ma unici e tali da farci sentire dei privilegiati. Tali così si sentono quando frequentano centri commerciali nei quali trovano di tutto, quando grazie a un dispositivo si sentono sempre informati, quando da casa possono ordinare qualsiasi cosa, quando viaggiano in tutto il mondo grazie un casco di realtà virtuale, quando ottengono tutte le risposte che cercano interrogando un sintetizzatore di realtà come ChatGPT. 

Questa percezione dello stare bene, dell’essere felice e in forma, in realtà evidenzia un grande turamento del naso, praticato per non avere sentore del fuoco che, come la lava sotto il piccolo comune di pescatori di Grindavik, sta covando, diffondendo vapore e fumo in ogni dove, generando cecità (richiamo a Saramago). Al fuoco, alla lava, al fumo si può anche sopravvivere, ma se ci si trova a navigare l’esistenza come marinai su una nave in bottiglia o come pesciolini rossi racchiusi dentro un acquario-mondo, la sopravvivenza potrebbe essere una grande noia, una tragedia o un inferno. 

Per quanto mi riguarda cercare di arrestare il declino in corso è inutile, non dipende da noi ma da cause remote, azioni e scelte fatte fino a qua. Non riesco neppure a fare mia l’atarassia dello stoico o la credenza dei classici nel destino come unico orizzonte di senso. Al declino a me piace reagire andando controcorrente, non contro, ma rimanendo fermo, che poi, in un mondo agitato dalla velocità e dalla chiacchiera è un bel modo per resistere alla corrente, per non lasciarsi trascinare, per prepararsi ad andare controcorrente.

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