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Tecnomusicisti e tecnominimalisti

Tecnomusicisti e tecnominimalisti

01 Gennaio 2015 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchlli 80 PROFILI DIGITALI - Identità, personalità e stili di vita determinati tecnologicamente, è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Tecnomusicisti e tecnominimalisti 

Tecnomusicisti sono gli amanti della musica 'techno' e i musicisti (Juan Atkins, Derrick May e Kevin Saunderson, inventori della techno e molti altri a seguire) che la creano e la praticano. Nata a Detroit negli anni 80, come genere musicale legato alla musica elettronica (trattamento digitale dei suoni), la musica techno è caratterizzata dalla predominanza delle percussioni, dalla ripetizione ossessiva di poche figure ritmico-armoniche ed è maturata a partire da ambienti della disco music, del northern soul e dell'electronic house.  Negli anni si è poi andata caratterizzando in percorsi musicali diversi per le loro caratteristiche di tipo ritmico, melodico e sonoro. Da questi percorsi, spesso underground e al di fuori del mainstream musicale dell'epoca, sono emersi nuovi generi musicali capaci di fondere insieme esperienze diverse come il funky, l'house, il rock (quello ambientale dei Tangerine Dream), l'hip hop, il reggae  e di dare vita a nuove esperienze musicali come il techno hardcore e la jungle, il 2 step e la musica robotica e marziale di musicisti come i Kraftwerk. Il risultato di ibridazioni e metamorfosi continue vissute come campo di gioco e di sperimentazione continua per tutti gli anni 90. 

Dopo anni di 'sottosuolo' e di capacità nell'influenzare e contaminare i filoni musicali mainstream e relativi musicisti, la musica techno ha ottenuto la sua consacrazione negli anni 90 con l'uscita del volume di Neil Rushton Techno! The new dance sound of Detroit ma soprattutto facendo da colonna sonora ai numerosi rave party e dancefloors/dance happening che hanno spopolato tra le nuove generazioni del periodo, nutrite da una cultura rave legata alla musica techno, diventata un pò psichedelica, ma anche alle droghe sintetiche e al divertimento spinto all'eccesso. 

La musica techno non nasce per caso ma è la manifestazione di un'evoluzione durata decenni e che ha visto moltiplicarsi il numero delle tecnologie con le quali i musicisti hanno potuto dare forma a nuove melodie, arrangiamenti, post-produzioni e polifonie. E' un'evoluzione passata attraverso l'educazione dell'orecchio e la sua predisposizione ad accordi e suoni spesso disarmonici e rumorosi. L'apprendimento è stato reso possibile dall'emergere di nuove culture come risultato dello sviluppo tecnologico che ha portato alla centralità della città metropolitana, all'utilizzo di nuovi media e strumenti di produzione musicale, a nuovi stili di vita, tendenze, esperienze utente e espressioni musicali. 

La musica techno, nata nel sottosuolo (underground), non ha coinvolto solo gli amanti della tecnologia. E' stata strumento di espressione culturale e politica di numerosi gruppi o categorie sociali di outsider come le comunità afroamericane, i gay, le donne e altri gruppi poco in sintonia con la cultura del sistema vigente e anzi alla ricerca di una rottura e/o superamento possibile, attraverso il ricorso a strumenti di comunicazione (la musica) alternativi. Il tutto, in continuità con altri movimenti, altrettanto outsider e underground, come quelli rappresentati, negli anni 60/70, dalla musica psichedelica e dagli hippy. 

I tecnomusicisti condividono tra loro l'amore per le macchine (Ableton, Traktor, Final Scratch, ecc.) usate per le performance e la sperimentazione continua che deriva dall'utilizzo di tracce e sample musicali diversi con l'obiettivo di dare vita a nuovi oggetti sonori e esperienze sensoriali che spingano il destinatario del suono a esplorare nuovi stati di coscienza e conoscenza. 

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Tecnottimisti

I tecnomusicisti sono il prodotto della modernità, dell'evoluzione musicale in termini di spazializzazione del suono, di avanguardia musicale (Stokausen, Nono, Karftwerk, Jeff Mills, Aphex Twin, ecc.) e della rivoluzione urbanistica che ha cambiato volto a città come Berlino, Barcellona, Torino o Detroit. I cambiamenti avvenuti, tutti tecnologici, hanno spinto alla ricerca di nuovi linguaggi musicali e di nuovi suoni (rumori) più legati alle esperienze cittadine vissute dai musicisti e dagli appassionati per la musica techno. La ricerca si è sviluppata anche come espressione di un'alterità culturale e politica contro il sistema e le sue logiche di controllo e di potere. Non è un caso che molte esperienze rave si siano celebrate in TAZ (Zone Temporaneamente Autonome) e spazi autogestiti o comunque fuori dal controllo sociale. Unico modo per la sperimentazione di nuove forme artistiche e di comunicazione ma anche di acceleratori farmacologici (droghe sintetiche, ecstasy, anfetamine), utili a vivere esperienze di fuga e di uscite dal mondo tipiche dell'era tecnologica che viviamo. 

Il collegamento stretto tra musica tecno e tecnologia è dimostrato anche dalla tattilità e sensorialità di una musica che punta a esplorare nuovi percorsi sonori, attraverso rumori, distonie, suoni ripetuti all'infinito e fino alla soglia di dolore, capaci di generare la sensazione del contatto fisico. E' la stessa sensazione generata, con altre modalità, dalla fisicità percepita del contatto attraverso il media elettronico della Rete e dei social network (Mafezzoli, Il tempo delle tribù, 2000). L'esperienza è la stessa, persegue l'annullamento della propria identità nella pratica collettiva e sociale del rave o di Facebook. Il tutto è rappresentato e trasformato tecnologicamente da privato in pubblico attraverso l'uso compulsivo di telefonini, smartphone e tablet. 

I rave party e le molte manifestazioni punk o di altre tribù techno non sono state caratterizzate dal disimpegno politico o dalla ricerca di semplice divertimento e piaceri effimeri. Al contrario tutta la loro esperienza, tipicamente anarchica e underground, è l'espressione di un tentativo di riconquistare spazi autonomi di espressione e comunicazione artistica, un intervento tipicamente culturale e più profondo di quanto non possa essere quello strettamente politico. Musica, estetica del corpo, immagini e narrazioni sono diventati automaticamente atti politici che hanno trovato rappresentazione anche sulla Rete attraverso strumenti come i blog, YouTube, Myspace e altri media a loro simili. 

L'amante della musica techno non è un ascoltatore passivo, sposa la valenza dell'atto, del qui e ora ma ricerca sempre l'interazione con altri soggetti che abitano gli stessi spazi da lui frequentati e percepiti come nomadi e autonomi. Anche la relazione con gli oggetti non è mai passiva ma vissuta come essenziale nella definizione o recupero di un'identità personale e/o sociale. E' una operazione tanto più importante per categorie sociali come gli omosessuali e le donne o altri gruppi sociali solitamente tenuti al margine del progresso economico e sociale. 

Così come in Rete i contenuti sono meno rilevanti della velocità di connessione e relazione, nella musica techno il ritmo prevale sul messaggio verbale. L'essere collegati su un social network abbatte barriere e distanze così come la mancanza di parole della musica elettronica attiva la percezione del contatto fisico e il superamento delle barriere razziali, di genere, sociali ed economiche. 

I tecnomusicisti sono spesso criticati dai tecnofobi o tecnoapocalittici per avere demandato alla tecnologia l'espressione artistica e per essersi affidati a strumenti elettronici per sintetizzare la voce umana (Donna Summer) o per deformarla, per remixarla o campionarla con l'aggiunta di distorsioni. E' una critica ingiusta che coglie però l'essenza della musica techno e dei tecnomusicisti, l'amore per la tecnologia come strumento di espressione culturale e linguistica delle pratiche, prevalentemente urbane, dei suoi protagonisti, musicisti e pubblico di ascolto, mercato discografico e prodotti musicali. 

Nell'ambito della tecnomusica una ambito a sè stante vede protagonisti i cosiddetti tecnominimalisti, amanti di una musica tecno più melodica e finalizzata a creare esperienze musicali mentali. I suoni elettronici che compongono la partitura della musica tecnominimalista sono minimizzati fino alla sparizione della melodia. Gli amanti di questo tipo di sottogenere di musica techno amano anche il genere microhouse (musica originata negli anni 90 come variante minimalista della musica House, popolare soprattutto in Europa) e glitch (sottogenere di musica elettronica e atonale costruito sugli "errori", detti, "glitch", prodotti dalle apparecchiature digitali e  generalmente suonata grazie a software per PC e campionamenti vari) , l'andamento ipnotico e ripetitivo (2/4 battute ripetute per un determinato numero di volte) che porta l'ascoltatore a sperimentare forme rilassate di trip mentali e sensoriali. Il minimalismo della musica nasce dalla scarsità di variazioni e dalla ripetitività delle strofe musicali e da sperimentazioni sonore eseguite con poche strumentazioni di base e arrangiamenti caratterizzati dall'uso di sintetizzatori per arricchire e curare le frequenze. I tecnominimalisti musicali amano sonorità elettroniche attenuate e l'uso studiata e attenta dei bassi per creare forme ritmiche particolari, Quasi assente la componente vocale. 

La patria dei tecnominimalisti musicali è l'Europa e in particolate la Germania,  l'una e l'altra protagoniste nella produzione musicale così come nella organizzazione di eventi. Il pubblico tecnominimalista di questo tipo di musica non è grande e si muove in alternativa al mainstream della musica elettronica fatto da house e pop dance, ricercando sound e sonorità diverse da quelle praticate dalla maggioranza, di pubblico, di musicisti e di case discografiche. 

* Spunti tratti dal libro di Claudia Attimonelli, Techno, ritmi afrofuturisti, pubblicato da Meltemi Melusine

 

 

 

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