E guardo il mondo da un display

01 Dicembre 2015 Redazione SoloTablet
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CAPITOLO 14

Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Il display come specchio

 

“Immagina di vivere in un mondo dove non ci sono specchi. Il tuo viso lo sogneresti e lo immagineresti come un riflesso esterno di quello che hai dentro di te. E poi, a quarant’anni, qualcuno per la prima volta in vita tua ti presenta uno specchio. Immagina lo sgomento! Vedresti un viso del tutto estraneo. E sapresti con chiarezza quello che ora non riesci a comprendere: tu non sei il tuo viso.” – Milan Kundera, L’immortalità 

Lo specchio non basta più. C'è bisogno dello schermo e dello sguardo degli altri. Una volta private dello schermo, le immagini muoiono in fretta, anche se per qualche tempo la stampa specializzata continua a dar loro un po' d'ossigeno e un'illusione di sopravvivenza.”  -  Marc Augè 

 

Lo specchio, come la finestra, è una metafora utile a descrivere il ruolo del display dai mille schermi, nei quali costantemente ci riflettiamo e che utilizziamo per interpretare i molti mondi paralleli che frequentiamo, nel dare forma e costruire la nostra immagine e abitare le molteplici realtà immaginarie in cui ci rispecchiamo. È uno spazio dell’immaginario dentro il quale ci riflettiamo e attingiamo per le nostre attività creative, produttive e di organizzazione del vivere quotidiano. È uno spazio dell’illusione legata al riflesso e alla capacità dello schermo tecnologico di condizionarci cognitivamente, nella nostra produzione sia materiale che simbolica, e nella ricerca della verità (ambiguità della nostra immagine ritornata dallo schermo) e della felicità. 

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E guardo il mondo da un display

È uno specchio schermo con funzioni magiche come quelle descritte da Umberto Eco nel suo libro del 2001 Sugli specchi e altri saggi. Uno specchio che è capace di ritornare riflessi nella forma di immagini virtuali. L’utilizzatore del dispositivo tecnologico le percepisce al suo interno ma esse sono in realtà un semplice canale per il passaggio di informazioni. Nel suo essere canale lo specchio schermo favorisce la nostra immaginazione ma produce anche illusioni e allucinazioni che non aiutano l’integrità dell’Io che vi si rispecchia. L’immagine riflessa dà forma a una nuova identità, un doppione di quella reale che, per la sua semplice esistenza, mette di dubbio la percezione della realtà del soggetto. In uno specchio che riproduce all’infinito l’immagine specchiata, quale di esse può essere considerata reale e veritiera? Cosa succederebbe se il display si frantumasse in mille cocci e se essi ci ritornassero, in piccoli fotogrammi, la frammentazione e disintegrazione del nostro Io riflesso? E soprattutto cosa succederebbe se quei cocci fossero visti da altri, e venissero scelti come destinatari dei loro messaggi e ricerche di socialità? 

Ci specchiamo nel display alla ricerca di noi stessi e non ce ne distacchiamo perché, se e quando, lo facciamo, sappiamo che il risultato sarà la nostra scomparsa e la nostra assenza. Il display come specchio serve alla verifica del sé, a sentirsi vivi e poco importa quanto l’immagine che riceviamo sia distorta e lontana dalla realtà. È una verifica che si ripete anche nelle interazioni sociali in Rete. Milioni di persone passano il loro tempo (gli italiani spendono 150 minuti al giorno sul muro delle facce di Facebook) a comunicare e conversare, superando limiti di tempo e confini spaziali, ma la comunicazione globale impedisce loro di vedere i loro interlocutori. Ciò che ognuno vede in continuazione è il riflesso di se stesso dentro un display o le immagini di altri Io, riflessi negli schermi dei loro dispositivi. Vede il suo Io riflesso anche quando il dispositivo che ospita il display è spento e viene riposto sul comodino accanto al letto. In un attimo la sua superficie scura e riflettente diventa specchio dell’anima e serve a darle un volto, un carattere e una personalità. Quello che facciamo quando guardiamo in faccia i nostri interlocutori cercando una conferma di chi siamo e permettendo anche a loro di fare la stessa cosa. 

È attraverso Morpheus e i suoi occhiali a specchio che Neo (novella Alice nel Paese degli specchi tecnologico) decide di uscire dalla finzione del Matrix a dall’allucinazione consensuale del cyberspazio della matrice per mettersi alla ricerca del paese delle meraviglie ([1]). Prendendo la pillola blu, Neo scoprirà l’inganno della sua immagine riflessa dal Matrix e potrà risvegliarsi, vedere la realtà della Matrice che tiene tutti imprigionati ([2]) e mettersi in viaggio, come Alice, alla ricerca di un mondo libero da regole e più felice. Il mondo riflesso negli occhiali di Morpheus così come quello proiettato sul prisma schermo dei Google Glass è falso come lo sono le molte realtà manipolate dalle macchine e dalla tecnologia che hanno trasformato il nostro cervello e il nostro corpo desiderante con il miraggio della libertà e della verità, della piacevolezza e della socialità. Un miraggio che alimentiamo ogni giorno perché ormai dipendenti dalla tecnologia e dai suoi schermi. Siamo ingabbiati in una libertà artificiale, patinata, colorata e all’apparenza priva di regole e allontanati dalla realtà del reale che percepiamo come senza colori e privo di cose piacevoli. Liberarsi dall’immagine che gli algoritmi del Matrix ci ritornano sullo schermo specchio non è semplice, ma non è mai troppo tardi per farlo. Neo prende una pillola blu, noi potremmo semplicemente spegnare il nostro dispositivo tecnologico e posarlo sul comodino con il suo schermo specchio rivolto verso il basso. Per farlo dovremmo però incontrare novelli Morpheus di cui fidarci o saper riflettere sui molteplici dejà vu di cui è disseminata la realtà digitale dei social network. 

Il display specchio con la sua superficie riflettente ci ritorna la nostra immagine ma ci permette anche di vivere nuove e appassionanti esperienze, di lasciare la dura realtà del reale per viaggiare in mondi immaginari e piacevoli, esattamente come fa Alice per raggiungere il paese delle meraviglie. Il viaggio non è regolare ed è sempre pieno di sorprese. Le immagini del mondo, generate dallo specchio, sono spesso ambigue, polimorfiche, deformi e difficili da interpretare. Il display mescola insieme elementi reali e virtuali, aggiunge realtà aumentate, modellando e dando corpo alle nostre proiezioni fantastiche e ai bisogni nascosti, in particolare ai nostri desideri di fuga da un mondo che sentiamo spesso come noioso e monotono, privo di senso e in qualche modo anche pericoloso. Il nostro io riflesso dallo specchio ci ritorna invece la faccia di una persona serena, cinguettante, autoritratta, dalla vita comunitaria ricca e affollata, e impegnata a sperimentare mondi mai visti ma percepiti sempre come molto reali. Le icone polisemiche che guidano la nostra esperienza sullo schermo sono tanti Conigli Bianchi (il Bianconiglio, alter ego anziano della protagonista) di Alice nel paese delle meraviglie che ci invitano a sognare e ad abbandonare il mondo reale ma anche a cercare di comprendere la realtà dietro di esse e che potrebbero scardinare molte delle nostre convinzioni. 

La potenza dello schermo come specchio sta tutta nella sua capacità riflettente. L’utente cinguettante di Facebook, di WhatsApp o di Instagram sente di esistere solo fino a quando percepisce la sua immagine riflessa come reale e esistente. La consapevolezza della sua ambiguità e non corrispondenza con ciò che di reale l’ha prodotta, non impedisce di continuare a cercarla e a usarla come porta di ingresso in mondi immaginari e fantastici vissuti come reali. La sua scomparsa, determinata dal distacco o dall’impossibilità di accedere allo schermo, genera immediata frustrazione e insoddisfazione. L’assenza è quella dell’altro Io che abita lo schermo e che reputiamo più bello, più felice, più presentabile. Come lo specchio di qualsiasi narrazione letteraria, anche la superficie specchio dello schermo tecnologico non ci ritorna qualcosa di diverso da noi, non propone alcun ribaltamento ma è una semplice rappresentazione alla quale vogliamo credere prima di essere risvegliati alla realtà che ci accompagna e caratterizza. 

Se le immagini riflesse dallo schermo fossero ripugnanti verrebbe forse meno la loro capacità attrattiva e aumenterebbe la possibilità di trovare quell’unità identitaria di cui siamo alla costante ricerca. Per evitare di lanciarsi all’inseguimento di immagini belle e attraenti, che potrebbero rivelarsi nella loro sottostante ripugnanza, tendenziosità o ambiguità, non rimane che smettere di guardarsi allo specchio, spegnere lo schermo e orientare la propria ricerca alla propria interiorità e alla relazione con gli altri. 

In alternativa, nell’impossibilità o avendo deliberatamente deciso di non spegnere lo schermo, invece di rispecchiarsi, come fa il Narciso, nell’immagine riflessa, si può cercare di andare oltre e attraversare lo specchio schermo per portare a galla realtà diverse e immaginarie ma sempre reali, diventate ormai parte integrante della nostra vita sullo schermo, sempre più visiva e dominata da immagini. Andare oltre servirà a ricongiungere i molteplici frammenti identitari e i profili con cui popoliamo i mondi virtuali online, quelli paralleli e quelli aumentati. 

Alla fine del viaggio non è detto che si possa trovare la felicità del ricongiungimento (la realtà sfaccettata ma plurale e distribuita del diamante lucido dell’opera Ethereal Self dell’artista olandese Harm van den Dorpel) ma il viaggio servirà a mitigare il turbamento, l’insoddisfazione, l’incertezza e le lacerazioni prodotte dalla nostra esperienza nell’epoca che viviamo. Oppure a sfruttare la simulazione della realtà virtuale dello schermo per verificare i potenziali errori di orientamento e di scelta e gli effetti delle azioni intraprese, prima che possano incidere concretamente nella realtà al di fuori dello schermo.

 



[1] Il dialogo tra Morpheus e Neo durante il loro primo incontro - Morpheus: “Immagino che in questo momento ti sentirai un po' come Alice nella tana del Bianconiglio” - Neo: “L'esempio calza.” Morpheus: “Lo leggo nei tuoi occhi, hai lo sguardo di un uomo che accetta quello che vede solo perché aspetta di risvegliarsi. E curiosamente non sei lontano dalla verità. Tu credi nel destino, Neo?” - Neo: “No.”  - Morpheus: “Perché no?” - Neo: “Perché non piace l'idea di non poter gestire la mia vita.” - Morpheus: “Capisco perfettamente ciò che intendi. Adesso ti dico perché sei qui. Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c'è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di cosa si tratti, ma lo avverti. È un chiodo fisso nel cervello, da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando..” - Neo: “Di Matrix” - Morpheus: “Ti interessa sapere di che si tratta, che cos'è? Matrix è ovunque, è intorno a noi, anche adesso nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il televisore. L'avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo dinanzi agli occhi, per nasconderti la verità.” - Neo: “Quale verità?“ - Morpheus: “Che tu sei uno schiavo. Come tutti gli altri sei nato in catene, sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore, una prigione per la tua mente. Nessuno di noi è in grado purtroppo di descrivere Matrix agli altri. Dovrai scoprire con i tuoi occhi che cos'è. È la tua ultima occasione: se rinunci, non ne avrai altre. Pillola azzurra: fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più. “- Morpheus: “Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da una sogno così non ti potessi più svegliare, come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?”…..

[2] Spunti tratti dal libro di Cristina Canfora e Luca Lardieri, Da Poe a Carrol, Viaggio nella letteratura fantasy nel cinema

 

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