Il libro E GUARDO IL MONDO DA UN DISPLAY di Carlo Mazzucchelli è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital
La società dello schermo
“La società dello schermo si fonda sullo sviluppo […] rappresentato dall’invenzione e dalla diffusione prima di tutto del cinema […]: grande schermo, effetto potenza dell’immagine, partecipazione sociale attraverso le sale e partecipazione emotiva nel buio delle sale. La televisione va oltre ma è ancora tecnologia dello schermo. […] Le nuove tecnologie della visualizzazione si fanno passare attraverso lo schermo; possiamo vedere attraverso schermi di diverso tipo e partecipando con altri, non più attraverso processi di socializzazione ma esternalizzando e rendendo comuni processi di personalizzazione sempre più spinti […] con effetti pervasivi anche nelle sue ambiguità e contraddizioni.” – Mario Ricciardi – Il museo dei miracoli
Il senso comune e molta della letteratura corrente descrivono la nostra era come la società della comunicazione, dell’informazione e della conoscenza. Una società, nata dalle tecnologie dell’informazione e dal diffondersi di computer, Internet e applicazioni e che ha visto affermarsi rivoluzioni tecnologiche continue, capaci di mutare la realtà del vivere quotidiano. Le nuove tecnologie hanno prodotto profonde trasformazioni strutturali, sociali e cognitive che hanno portato a una riorganizzazione dello spazio e del tempo sociali, degli spazi privati così come di quelli lavorativi, delle economie e dei mercati. La trasformazione non è avvenuta in modo lineare ma grazie a circoli virtuosi di feedback e contro-feedback (autopoietici) nei quali i cambiamenti indotti dalla tecnologia sono stati resi possibili dai cambiamenti culturali, sociali e mentali dell’essere umano.
E guardo il mondo da un display
In questa rivoluzione tecnologica tutti riconoscono al computer e a Internet il ruolo di primattori e di simboli iconici della trasformazione avvenuta. Nella realtà, il vero protagonista e simbolo paradigmatico del cambiamento è da considerarsi lo schermo ([1]) del monitor del computer. Il computer ha quasi cento anni, lo schermo tecnologico ha una vita più breve. Pochi sanno o si ricordano di quanto il computer sia rimasto per decenni relegato nelle segrete stanze dei Data Center e strumento esclusivo per addetti ai lavori. Nato nel terzo decennio del diciannovesimo secolo (Memex, prototipo per alcuni del primo personal computer), il computer ha preso forma concreta negli anni cinquanta, con i sistemi ENIAC, EDVAC e Univac. Questi computer erano sistemi mastodontici ma sconosciuti ai più, spesso solo grazie a produzioni cinematografiche e letterarie, e usati da una limitata schiera di persone altamente specializzate. Così è stato fino agli anni ottanta quando la miniaturizzazione dei processori ha permesso la nascita del personal computer, la sua economia di scala e la sua commercializzazione di massa.
Il concatenarsi di varie condizioni tecnologiche, economiche e culturali ha favorito l’affermarsi e il diffondersi dello schermo, come strumento di familiarizzazione dell’utente con la tecnologia, di computazione e comunicazione e poi di esperienze cognitive sempre più ricche determinate dalla diffusione delle tecnologie di Internet e dalle nuove interfacce Web, fino agli schermi sempre connessi, ad alta risoluzione, sensoriali e tattili dei dispositivi mobili e di quelli indossabili.
Lo schermo da componente di un computer e strumento di comunicazione e interazione con la parte computazionale di esso, si è trasformato nel tempo in media relazionale e sociale, in produttore di realtà virtuali, aumentate e diminuite e in paradigma delle molte trasformazioni che hanno visto il passaggio dall’epoca moderna alla postmodernità. Lo schermo ha aperto nuove possibilità, è diventato veicolo e mezzo per la sperimentazione della velocità e della sovrabbondanza che caratterizza la nostra epoca e come tale la metafora perfetta per raccontare gli effetti conseguenti in termini di smarrimento, ansia performativa, insicurezza, incertezza e ricerca continua della propria identità, diventata nel frattempo sempre più virtuale e simbolicamente localizzata sullo schermo, smarrita nelle molteplici verità delle interpretazioni postmoderne.
La pervasività dello schermo, la sua presenza costante nella vita delle persone sia come superficie materiale sia come interfaccia immateriale, la sua multifunzionalità comunicazionale, la colonizzazione cognitiva e ambientale da esso prodotta, il ruolo assegnato alla visualizzazione e alla percezione visiva, ha dato forma a una nuova cultura, la cultura dello schermo. “Lo schermo è diventato icona della nostra società perché è soggetto a una generalizzazione che ne permette un uso specifico, indifferenziato e soprattutto, multifunzionale e multiforme che si inserisce capillarmente nelle attività del soggetto” (Fiorenza Gamba – Lo spazio dello schermo). I mille schermi che hanno colonizzato la terra si sono trasformati in potenti simboli paradigmatici delle relazioni tra esseri umani, tra loro e la realtà del mondo e della ridefinizione delle loro esperienze. Hanno determinato l’emergere di una nuova cultura nella quale trovano ospitalità elementi di comunicazione e di informazione, di esperienza relazionale, di produzione di contenuti e narrazioni, di archiviazione e memorizzazione delle esperienze di vita.
Nell’era dello schermo cambia completamente l’esperienza umana con il mondo, la realtà diventa sempre più artificiale, mediata tecnologicamente e dalle immagini che scorrono sul display. Cambia il rapporto cognitivo con l’ambiente circostante, la sua percezione diventa prevalentemente visiva e arricchita da supporti tecnologici (percezione assistita) con i quali è possibile sperimentare nuove forme di realtà, siano esse virtuali, parallele, di Realtà Aumentata o di Realtà Diminuita.