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Il lato oscuro dell'evoluzione digitale, benvenuti alla machina

Il lato oscuro dell'evoluzione digitale, benvenuti alla machina

28 Marzo 2022 Andrea Lisi
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Andrea Lisi
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“Non c'è un lato scuro nella luna, in realtà. Di fatto è tutto oscuro” (Eclipse, Pink Floyd, 1973)

Un articolo del 2019 sempre attuale.....


Benvenuto figliolo, Benvenuto alla Macchina. Che cos’hai sognato? Va bene, ti abbiamo detto noi cosa sognare”.

Questa è una delle frasi più evocative sul nostro tempo digitale, contenuta in Welcome to the Machine, canzone dei Pink Floyd presente nello storico album Wish You Were Here (del lontano 1975). E la canzone è intrisa di caos organizzato perfettamente speculare a ciò che stiamo vivendo oggi, dove ogni nostro desiderio è indirizzato da forme sempre più pervasive e preordinate di profilazione che ci riguardano. Dice più questa canzone, nei suoi suoni obliqui e nelle sue poche frasi evocative, di tantissima, recente e futuribile cinematografia (da Matrix a Minority Report). La nostra realtà del resto è radicalmente mutata in modo a dir poco sorprendente ed era davvero difficile provare a starle dietro con l’immaginazione. Potevano arrivarci solo suoni contorti e brevi parole a segnare la strada di un tempo che sarebbe prima o poi arrivato.

E quel tempo è giunto a sorprenderci. E purtroppo stiamo vivendo oggi un costante e inesorabile processo alla nostra esistenza senza porci troppe domande, accettando passivamente sistemi e logiche che mettono sistematicamente a rischio le nostre identità e gli stessi diritti fondamentali che dopo anni di lotte e rivoluzioni culturali abbiamo guadagnato.

Abbiamo sempre immaginato con inquietudine (e quindi osteggiato) un possibile Stato oppressore che si impadronisse tecnologicamente delle nostre identità più intime al fine di assopire e controllare le nostre vite. Lo stesso Licio Gelli (e la sua P2) - per riflettere sulla nostra storia più recente ed inquietante - con il Piano di rinascita nazionale prevedeva di anestetizzare le masse attraverso un controllo pervasivo sui mezzi di informazione, prima di tutto la tv, in modo da favorire un rafforzamento dell'esecutivo, servendosi anche di una scuola autoritaria e debole, e arrivare così al controllo completo della magistratura. La costruzione insomma di uno stato autoritario di controllo sistematico delle masse.

Nessuno invece nel nostro recente passato aveva mai osato ipotizzare o programmare un

collasso digitale della nostra esistenza sviluppato in modo tale che fossero le stesse masse a decidere di auto-anestetizzarsi, attraverso l’uso sapiente e programmato di strumenti di controllo occulti e pervasivi offerti loro gratuitamente non da Stati autoritari, ma da multinazionali IT.

Oggi l’imbarbarimento, l’ozio culturale, l’odio viscerale, la semplificazione dei concetti favorita dall’oblio storico, provengono direttamente da noi stessi, dalle nostre pance, le quali vivono in perfetta simbiosi con identità digitali. Identità digitali che ci sono state cucite addosso e non governiamo, lasciandole galleggiare in un mondo che è totalmente fuori dal nostro controllo. Una realtà digitale che è studiata per noi in ogni dettaglio parcellizzato e messo in pasto a intelligenze artificiali in grado di offrirci tutto ciò che desideriamo in modo predittivo e perfettamente coincidente con noi stessi. Nessuno ci conosce come la Macchina. Forse neppure noi stessi.

Tutto ciò che accade alle nostre spalle è evidentemente molto pericoloso perché, appunto, non controllabile. Non dai singoli cittadini i quali passivamente subiscono un processo che avvertono come sempre più graditoperché offerto loro pazientemente negli anni, giorno per giorno, gratuitamente, sino a renderlo pane quotidiano, necessario e indispensabile per vivere “correttamente” in perfetta simbiosi digitale. Non per gli Stati che con le loro economie sempre più deboli non riescono più a contrapporsi a questa evoluzione realizzata da entità economiche dal potere smisurato.

Tutto questo avviene a livello mondiale su miliardi di identità e dati personali portati ogni giorno a un macello internazionalmente organizzato e l’Unione Europea - con la sua tradizione culturale, economica e normativa - rischia di essere l’ultimo baluardo per la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo di fronte a un progresso ormai da tempo tracciato e governato da pochi. Ovvio anche che la timida, ma importante azione europea non è (né potrebbe esserlo) finalizzata a frenare la tecnologia e i suoi rivoluzionari processi, ma mira a orientarli in modo da non mettere in discussione quei principi su cui abbiamo fondato le nostre radici come, ad esempio, la certezza e l’integrità della memoria, la tutela del dato personale (in termini quanto meno di trasparenza informativa e controllo), la segretezza del voto elettronico (se voto elettronico deve essere) in un modello inevitabilmente partecipativo e sempre più social.

Questo perché ricordiamolo, pur se appare un’ovvietà - avere a disposizione in modo sempre più profilato i dati personali di milioni, miliardi di individui, concede possibilità di orientamento occulto prima inimmaginabili.

Un’alleanza tra grandi player dell’IT e Stati sovrani autoritari potrebbe comportare oggi una totale perdita di verifica autentica della nostra esistenza, senza possibilità di difesa...perché qualsiasi informazione potrebbe essere distorta all’origine digitale del dato. Oggi, del resto, se non sei ricercabile su Google non esisti, a prescindere dalle tue capacità di comunicazione e dalla tua forza economica.

E ciò che sta accadendo, ad esempio, non così digitalmente lontano da noi, in Cina, è davvero inquietante. Il governo di Pechino, infatti, sta sviluppando un sistema centralizzato di sorveglianza che accompagna la vita di ogni cittadino dalla mattina alla sera con circa cinquecento milioni di telecamere, associate a strumenti di riconoscimento facciale e vocale, scortati da una forma costante di censura in rete e controllo regolare dei social network. Una dittatura digitale che potrebbe arrivare facilmente anche da noi, senza trovare alcuna opposizione, favorita appunto da anni di abitudini e svogliata trasparenza.

Ma anche in Italia la virata statalista verso il Cloud e forme di centralizzazione del patrimonio informativo pubblico che sembra caratterizzare l’Agenda Digitale dell’attuale governo potrebbe essere l’anticamera di una resa verso le prime forme di controllo di massa date in pasto alle ingovernabili e assetate economie digitali.

E ciò che fa realmente paura è che nessuno sembra accorgersene.

Siamo stati tutti abituati a dovere nell’era dell’usabilità e semplicismo informatici. Perché porci domande, infatti, se funziona?

Sono questi scenari futuribili che sembrano lontanissimi e invece si stanno avvicinando pericolosamente e ci riguardano tutti. Non possiamo non parlarne e se ne discuterà anche durante un convegno annuale di grande importanza - a cui parteciperà, tra gli altri, il Garante europeo dei dati personali, Giovanni Buttarelli - e che è ispirato proprio alla discografia dei Pink Floyd.

“Non c'è un lato scuro nella luna, in realtà. Di fatto è tutto oscuro” (Eclipse, Pink Floyd, 1973)

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