
Tutti gli esseri umani amano le buone storie, nella forma di favola o fiaba, di video o film, di articolo o testo cartaceo o più semplicemente di racconto orale durante una conversazione con un amico o un’amica. A fare la differenza nell’ascolto e nel livello di coinvolgimento è la forma della narrazione e quanto essa riesca ad attivare i neuroni del cervello umano, non solo quelli dedicati alla elaborazione del linguaggio e alla decodifica di lettere, parole e significati ma anche quelli che verrebbero coinvolti nel caso in cui si sperimentassero dal vivo gli eventi raccontati nella narrazione. Più la narrazione è discorsiva e presentata nella forma di racconto e più aumenta il coinvolgimento neuronale, cognitivo ed emotivo. E’ un fenomeno ben noto a gestori di ristoranti che sostituiscono il freddo elenco del menu cartaceo con narrazioni accattivanti e coinvolgenti dei piatti del giorno o delle specialità della cena e illustrano con quali vini andrebbero accompagnati.
Una storia, un racconto ben fatto, una narrazione ben scritta sono capaci di attivare il cervello intero e i tanti neuroni a specchio sempre pronti a immedesimarsi negli eventi e nelle situazioni descritte, scritte o raccontate. I cervelli delle persone che interagiscono tramite una storia, autore e lettore, sembrano sincronizzarsi ma per farlo devono trovare le motivazioni giuste e i meccanismi di attivazione necessari. Motivazioni e meccanismi scaturiscono spesso dalla bontà della narrazione, dalle emozioni che è capace di produrre, dalle idee che suggerisce e dalla predisposizione del cervello di chi legge a partecipare alla narrazione.
Il ruolo delle narrazioni è lo stesso da sempre così come lo è il nostro essere dipendenti da esse.
Una narrazione non è altro che una sequenza di cause ed effetti e della loro connessione ed è proprio così che il nostro cervello funziona. Tutta la nostra giornata è piena di racconti e narrazioni che il nostro cervello elabora nella nostra testa trasformando ogni evento, situazione, incontro, incidente in una conversazione intrapersonale.
Senza memoria non c’è conoscenza
E’ come se ci raccontassimo delle storie, relazionandole e valutandole alla luce delle nostre esperienze personali e preparandone il brogliaccio da usare per narrazioni interpersonali. Metafore ed eventi attivano porzioni specifiche del nostro cervello che ci aiutano ad associare a ogni storia emozioni e sentimenti di disgusto, di gioia o dolore.
Se è così che il nostro cervello percepisce lo storytelling quotidiano, chi lavora producendo narrazioni web e online può elaborare una sua strategia narrativa con l’obiettivo di farsi leggere e di fare in modo che i racconti condivisi finiscano per diventare patrimonio ed esperienza diretta di chi legge. Quando il meccanismo è scattato è sufficiente richiamare, nelle nuove storie, esperienze ed idee contenute in racconti precedenti. Il loro ricordo da parte di chi ascolta o legge attiva cervello, analogie cognitive ed emozioni che, proprio perchè già sperimentate, contribuiscono a legare attenzione e interesse alla nuova storia o narrazione.
Non tutti sanno raccontare storie e non tutti hanno esperienze da raccontare capaci di attivare i neuroni di chi legge. In assenza di questo tipo di abilità si può ricorrere a citazioni, storie di altri.
In alternativa ci si può cimentare in racconti e storie semplici e brevi, usando un linguaggio comprensibile che non obbliga a nessun tipo di multitasking cerebrale o sforzo mentale.
Più la narrazione scritta, anche sul Web, si avvicina a come parliamo e conversiamo e più è efficace.
Non ci rimane che continuare a raccontare storie...