"Attraverso il medium digitale noi siamo riprogrammati, senza comprendere pienamente questo radicale cambiamento di paradigma. Arranchiamo dietro al medium digitale che. agendo sotto il livello di decisione cosciente, modifica in modo decisivo il nostro comportamento, la nostra percezione, la nostra sensibilità, il nostro pensiero e il nostro vivere insieme."
Autore
Byung-Chul Han (Seul, 1959) è un filosofo, teologo, letterato e docente (Universität der Künste Berlin) sudcoreano che vive a Monaco di Baviera in Germania e che con i suoi libri critici sull'era tecnologica sta acquisendo grande visibilità anche in Italia. I suoi interessi sono molteplici, dalla filosofia sociale all'antropologia, dalla fenomenologia all'estetica e alla comunicazione di massa. La sua attenzione è tutta focalizzata sulla interpretazione/decostruzione dei fenomeni contemporanei il cui studio lo ha portato a coniare neologismi come la società della stanchezza o la società della trasparenza e a criticare il neoliberismo imperante e i sistemi totalitari all'orizzonte. Benché non ami la visibilità la sua opera sta suscitando grande interesse nel mondo per le tematiche trattate (agonia dell'eros, topologia della violenza, narcisismo e forme dell'apparire attraverso i social network, ecc.) e per i riferimenti ai maggiori studiosi occidentali come Sigmund Freud, Walter Benjamin, Carl Schmitt, Richard Sennett, René Girard, Giorgio Agamben, Gilles Deleuze e Félix Guattari, Michel Foucault, Michel Serres, Pierre Bourdieu, Slavoy Žižek e Martin Heidegger.
Questo libro di Byung-Chul Han, scritto in modo semplice e comprensibile da tutti, offre al lettore un'analisi critica dei nuovi media digitali e della tecnologia. È una specie di pamphlet usato per illustrare la visione che l'autore ha del mondo tecnologico attuale e degli effetti della tecnologia sugli esseri umani. Punto di partenza dell'intera riflessione è il presupposto che le tecnologie modifichino antropologicamente la natura dell'uomo e che lo facciano con la sua complicità. Tra gli effetti ci sono una solitudine crescente e la scomparsa della solidarietà, un crescente egotismo e il restringimento radicale degli spazi di azione comune, tutti elementi che impediscono che si costruisca una cultura alternativa a quella neoliberista e possa nasce un contropotere.
Il concetto dello sciame associato alla tecnologia a cui ricorre il filosofo non è nuovo. E già stato utilizzato da Kevin Kelly per parlare della mente alveare globale resa possibile dalla tecnologia ed ha trovato espressione in concetti simili elaborati nel passato da Pierre Levy con la sua intelligenza collettiva ma anche da Gustave le Bon con la sua era delle folle. Ed è proprio dalla visione di quest'ultimo che Byung-Hal elabora la sua interpretazione della rivoluzione digitale e dei mutamenti tecnologici e sociali da essa scatenati.
La folla di Le Bon diventa sciame digitale con una psicologia molto diversa perché composta da individui isolati senza alcuna anima collettiva. La prima veniva vista come l'emergere di una nuova entità destinata a trasformare il presente e la distribuzione del potere, il secondo condivide la spinta alla trasformazione ma ha caratteristiche molto diverse dalla folla. Lo sciame non possiede un'anima, uno spirito, nasce da assembramenti occasionali e instabili. Si dissolve rapidamente così come si è formato e non diventa mai moltitudine sempre fondato com'è sull'identità privata dell'homo digitalis e sulla disgregazione individualistica. Gli abitanti digitali che danno forma allo sciame non condividono una identità collettiva, non si riuniscono, non marciano, sono individui isolati (hikikomori) e non mettono in discussione le relazioni di potere esistenti ma sono diventati esperti nello scagliarsi contro singole persone usando piattaforme come i social network.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Il medium digitale offre innumerevoli opportunità di comunicazione e condivisione ma il risultato finale è un esercizio di presenza, di rappresentazione del sè, di addomesticamento delle immagini, della costrizione alla comunicazione (la prigiona del dito tattile), di una banalizzazione del messaggio e di una massificazione di lingua e cultura. La logica dello sciame e gli strumenti che la sostengono determinano anche la fine del discorso politico alimentando l'isolamento dell'uomo. Fa tramontare lo spazio pubblico del confronto, annegandolo nel conformismo e nella costrizione del medium, delle sue funzionalità e dei suoi algoritmi.
Nella sua visione tecno-critica e, per alcuni, tecno-apocalittica e pessimista, Byung-Chul sembra diventare vittima, in alcune riflessioni, di un determinismo tecnologico senza speranza e anche semplicistico. I tempi che viviamo sono molto più complessi di quelli delle folle di Le Bon e richiedono analisi allargate e olistiche, soprattutto se si vogliono analizzare le molteplici risi che caratterizzano i tempi attuali.
Il merito di Byung-Chul sta comunque nel richiamare l'attenzione sulle mutazioni tecnologiche e sull'urgenza di una loro interpretazione con occhi diversi da quella superficiale che deriva dalle pratiche di utilizzo quotidiano. Pratiche spesso superficiali e poco consapevoli delle conseguenze che stanno producendo in chi le sperimenta, nei loro comportamenti, menti e cervelli. Lo scoprire di essere diventati uno sciame, non una folla e neppure una massa o una moltitudine, ma un semplice insieme di attori informatici, altamente manipolabili, potrebbe favorire il pensiero critico e nuova consapevolezza.
Scheda libro
Titolo intero: Nello sciame - Visioni del digitale
Titolo originale: Om Schwarm. Ansichten des Digitalen
Genere: Filosofia
Listino: 12,00
Editore: Nottetempo
Collana: Figure
Pagine: 105
Data uscita: 23/04/2015