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Riflessioni disordinate dalla selce alla contemporaneità

Riflessioni disordinate dalla selce alla contemporaneità

01 Febbraio 2023 Redazione SoloTablet
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In distribuzione l'ultimo libro di Gianni Previdi. Racconta un viaggio, lungo e senza destinazioni predeterminate che hanno portato l'homo sapiens a diventare homo technologicus. Il viaggio, che è anche quello dell'autore, parte da lontano, da Diogene di Sinope, noto per passeggiare anche di giorno con una lampada accesa. Una lampada metafora del bisogno di fare luce, di vedere, di esercitare una curiosità critica e costruttiva fatta di tanta creatività e immaginazione che ha portato alla nostra società tecnologica contemporanea. La lampada di Diogene potrebbe essersi spenta. Previdi vuole tenerla accesa e lo fa con un bel libro di cui pubblichiamo l'introduzione.

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Riflessioni disordinate dalla selce alla contemporaneità, e oltre

Una pennellata introduttiva

Diogene di Sinope, era noto per passeggiare anche di giorno con una lampada accesa. Pare non fosse un pazzo furioso, voleva vedere bene per capire. In fondo è il percorso che ho voluto intraprendere da tempo con la lampada della curiosità critica ma costruttiva, a volte attraverso lo sguardo riflessivo della filosofia contemporanea, un percorso che attraversa diversi domini: dalla deriva mediale che si perde nella notte dei tempi fino assorbire oggi ogni socialità generando altri mondi possibili, ad alcune intriganti definizioni di cosa è l’informazione (la sua possibile ontologia, visto che se ne dà un valore strategico in tutti i contesti); sulla natura delle tecnologie digitali cosiddette “disruptive” che invocano profonde riflessioni visto che lambiscono il nostro essere umani abitanti nei landscape tecnologici da noi stessi costruiti; sui possibili nuovi modelli di fare impresa orientati al paradigma delle piattaforme, ai modelli per pensare e disegnare un’organizzazione aziendale basata sulla connessione e la valorizzazione delle intelligenze che vi operano. Senza mai dimenticare il punto di vista e la centralità (fuori dalle ipocrisie) della persona, dell’individuo che si trova inesorabilmente all’incrocio dei movimenti che in accelerazione caratterizzano la contemporaneità. In fondo ciò che noi osserviamo e cerchiamo di comprendere è ciò che noi sappiamo. E il come lo sappiamo dipende da ciò che noi siamo nella vita, sia nel sociale che nel business, che poi è la stessa cosa, vista la compressione del tempo e la dilatazione degli spazi (fisici e non) che ibridano i nostri vissuti, nonché il mescolarsi dei diversi palcoscenici professionali e sociali sui quali recitiamo i nostri ruoli. Questo vale sia per gli individui che per le imprese economiche.

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Ho la sensazione che quanto sta emergendo (dibattiti, riflessioni, scontri ideologici) in ordine ai temi legati al rapporto tra l’uomo e la tecnologia, nel business, nel sociale e nella vita privata, agli infiniti e spesso divisivi dibattiti sul tema, sia una sorta di isteresi, un manifestarsi in ritardo di un interesse epifenomenico accelerato dagli effetti generati dalla natura del digitale, ma che a ben vedere erano già in divenire da quando l’uomo ha iniziato a porre fuori da sé le funzioni fisiche proprie del suo corpo. Ora però la riflessione è divenuta urgente in quando l’uomo ha iniziato a porre fuori da sé le funzioni che qualcuno arriva a dire cognitive, le cose (e le persone) hanno una loro rappresentazione digitale (digital twin), le fabbriche funzionano in modo automatico e sempre più autonomo, le persone eseguono quello che indica loro un algoritmo.

Il libro che ti appresti a leggere è suddiviso in tre parti, apparentemente distinte. Il preambolo iniziale servirà per offrire una cornice di riflessione sul delicato rapporto tra l’uomo e i suoi artefatti (da sempre oggetto di dispute filosofiche e ideologiche), considerando le imbarazzanti superficialità che popolano i vari contesti mediali, dove il tema è affrontato, quando lo è, con hashtag euforici o al contrario con previsioni cupe se non apocalittiche. Potrai ovviamente scegliere il percorso che più ti interessa senza compromettere alcunché; scoprirai (naturalmente è il mio auspicio) che esistono insistenti riflessioni di fondo, a volte appaiono in superficie, altre volte rimangono sotterranee, ma che attraversano e legano ogni parte del lavoro.

Riflessioni che sorgono da alcune domande che vigileranno lungo il percorso che andremo a fare in attesa di risposte (provvisorie per definizione) in ordine alle tecnologie e il loro rapporto con l’individuo e le organizzazioni:

  • Quali inediti paradigmi sociali ed economici esprimono?
  • Come ri-disegnano le strutture delle aziende?
  • Come ri-definiscono i confini di business?
  • Come le aziende devono intraprendere un percorso verso la digital transformation? È solo una questione di tecnologia?
  • O per caso, ci dimentichiamo ancora una volta del fattore umano, presi dalla euforia, da una interpretazione ingenua, “tecno-barocca”?
  • Il gap nella competitività non è nella disponibilità delle tecnologie ma è di natura culturale. Siamo allora finalmente convinti che la cultura è strategia?
  • Aiuteranno a semplificare le nostre organizzazioni, migliorando la produttività, e la connessione/cooperazione delle persone per generare innovazione di valore, oppure ci sopraffaranno generando ulteriori complicazioni, che in un qualche modo dovremmo governare?

Ma ancora più in profondità, facendo una sorta di sotterranea “seconda navigazione” (metafora che Platone descrisse nel suo Fedone):

  • Perché l’innovazione tecnologica non sempre si traduce in progresso?
  • Perché l’uomo contemporaneo abita la tecnologia, spesso inconsapevolmente o acriticamente, a volte manifestando atteggiamenti apocalittici e tecnofobi, altre volte tecnofili e iperbolici, oppure preannunciando messianicamente l’arrivo prossimo del transumanesimo, che per alcuni sarebbe una meraviglia, per altri un terribile incubo?
  • Perché l’informazione è una parola problema (per una sua definizione ontologica), sebbene abbia avuto sempre un valore determinante in tutte le vicende umane?
  • Perché la tecnologia digitale può essere un Pharmakon se presa nella giusta dose, come può essere un veleno se assorbita da una organizzazione “cieca” e “sorda”?
  • Perché l’intelligenza artificiale non sa mentire? Perché non può indicarci le strategie di business e la strada verso miglioramenti sociali? Perché non può interpretare il “colore grigio”?
  • Perché i prossimi modelli di business vincenti si orienteranno al paradigma degli ecosistemi?
  • Perché l’organizzazione aziendale sarà un luogo non luogo abitato da intelligenze connesse che interagiranno sull’emergere degli eventi?
  • Infine: perché l’Homo sapiens contemporaneo può cadere paradossalmente nella trappola da lui stesso creata, derubricandosi ad Organon, perdendo per strada il suo Télos?

Questo libro non è un testo “colto” come potrebbe apparire, colti sono i personaggi su cui ho costruito, da curioso artigiano “assemblatore”, buona parte dei contenuti, alcuni ripresi dai miei lavori precedenti, altri dai post pubblicati nel mio blog, altri dai contenuti dei miei seminari, altri ancora assolutamente inediti. D’altra parte i temi sui quali da diversi anni oriento il mio interesse non sono oggetto di analisi storica di un particolare fenomeno che riguarda il passato, quindi di una faccenda conclusa, ma riguardano inevitabilmente questioni nelle quali il passato si confonde con il presente, e il presente già porta in sé tracce consistenti del futuro. Queste ultime osservazioni, mi portano a suggerire il testo, oltre a coloro che operano nel business o che si occupano a vario titolo dei temi trattati, anche alle giovani generazioni, quelle che – come si dice – sono nate nel e col digitale, giovani che non hanno vissuto lo “stupore” sentendo il gracchiare di un modem collegato ad un doppino telefonico, il girovagare in automobile in una città sconosciuta con una mappa cartacea distesa confusamente nel sedile lato passeggero e chiedendo ansiosamente ad ogni incrocio la giusta direzione a qualche paziente vigile urbano, il telefonare col gettone in una delle tante cabine telefoniche sparse in ogni dove, o macinare ore e ore di viaggio in auto o in treno per un incontro di lavoro consumato poi in un pugno di minuti e perfino inconcludente.

Dimenticavo. Perché Sapiens 3.0 (utilizzando il formalismo del numero di release del software)? Come indicato nella tabella di seguito ho voluto integrare le “tappe” indicate da Harari e da Floridi facendole convergere nei tre step evolutivi dell’Homo Sapiens.

Per permettere al lettore di disporre, durante la lettura, di una visione d’insieme dei concetti e delle loro relazioni (collegamenti e rimandi circolari), che di fatto rappresentano il fiume carsico che scorre sotto i testi, propongo una “mappa concettuale”.

Gianni Previdi

 

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