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Le narrazioni che nessuno trova mai!

Le narrazioni che nessuno trova mai!

08 Agosto 2016 Redazione SoloTablet
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Si scrive sempre di più ma si legge sempre meno, oppure si legge in modo diverso dal passato. Lo sanno molto bene quanti in questi anni si sono trasformati in scrittori di e-book, produttori di contenuti, blogger o social networker. Lo sanno bene anche le aziende che investono migliaia di euro per far produrre contenuti e narrazioni che nessuno legge perché pochi riescono a trovarle attraverso gli strumenti di ricerca che utilizzano.

Chi di professione fa il giornalista sa quanto il mercato dell’informazione sia cambiato e quanto sia difficile, dopo aver perso un lavoro stabile e avere deciso di implementare un progetto online, avere visibilità e conquistare guadagni e successo. Lo sa anche chi scrive libri e ha scelto la strada digitale degli e-book, convinto di trovare più facilmente accesso a un pubblico più vasto,  anche grazie all’uso della Rete e dei suoi strumenti per promuovere le proprie opere. Questi strumenti sono aumentati a dismisura dopo il boom dei blog e dei social network. Oggi applicazioni e soluzioni specializzate offrono a chi scrive la possibilità di farsi conoscere e di trovare attenzione in un mercato distratto dal rumore dei click e delle notifiche e di incontrare audience interessate e curiose che possono trasformarsi in clienti e lettori. Alcune di queste applicazioni come Medium, agiscono come piattaforme di blogging in versione 2.0 e favoriscono l’incontro di scrittori e lettori, socializzano il lavoro di molti e rendono possibile a tutti pubblicare e farsi conoscere online anche se non inseriti in circuiti editoriali istituzionali o affermati. Lo possono fare giornalisti, scrittori, semplici blogger o uffici marketing delle aziende che possono ricorrere a giornalisti in cerca di reddito o semplici freelancer per la produzione di contenuti e narrazioni.

Le soluzioni e le piattaforme per pubblicare, distribuire e promuovere contenuti e testi scritti si sono moltiplicate ed evolute. Tutte hanno oggi funzionalità simili a quelle dei gruppi, delle pagine e delle comunità dei social network, tutte sono collegate ai media sociali e rendono facili condivisioni con le reti sociali con cui si è in contatto e circolazione di nuovi messaggi e contenuti.

Il fatto di essere online, su più posti, con molti contenuti e anche su piattaforme come Medium non garantisce in ogni caso di essere trovati. A trovare qualcosa ci pensano i motori di ricerca di Google, di Facebook, di Amazon, ecc. Sono loro a decidere cosa far emergere e far vedere e cosa deve o possa essere trovato. I loro algoritmi sono oscuri e impediscono di agire per farsi trovare più facilmente e in modo duraturo nel tempo. La qualità dei prodotti pubblicati e distribuiti, l’eccellenza dei contenuti, l’autorevolezza di chi scrive dovrebbero fare la differenza ma in realtà non è così. Lo sanno bene i molti che cercano di far emergere nel surplus informativo della rete le opere del loro ingegno creativo. Lo sanno anche giornalisti professionisti, titolari di testate online di qualità, gli scrittori di e-book, spesso con numerosi titoli pubblicati e con opere di qualità, e semplici blogger.

Tutti devono farsi spazio nel sovraccarico informativo della Rete ma soprattutto cercare di conquistare l’attenzione degli algoritmi dei motori di ricerca per trattenerla. L’obiettivo è di farsi trovare e nel tempo costruirsi un’audience e un proprio potenziale mercato nella speranza che si attivi quel meccanismo che da sempre è uno strumento vincente per la vendita, il passaparola.

Il problema della Rete è il predominio dei pochi e l’arroganza di coloro che, detenendo le piattaforme tecnologiche su cui tutto avviene, si arrogano il diritto di fare delle scelte di visibilità facendole dipendere sempre più da semplici interessi di profitto. I primi possono permettersi di costruire grandi progetti editoriali, sostenuti da budget fluidi e copiosi, capaci di attrarre numerosissimi follower, di pubblicare migliaia di nuovi contenuti e di spendere budget importanti in pubblicità così da catturare l’attenzione motivata dei motori di ricerca. Tutti i piccoli editori o attori della Rete sanno perfettamente che è sufficiente spendere dei soldini in pubblicità per vedere gli accessi ai contenuti online aumentare. Accessi che ritornano rapidamente al punto di partenza appena si interrompe il flusso pubblicitario.

Chi non dispone di mezzi e risorse finanziarie deve affidarsi alla Rete come se fosse quella di una volta, libera e democratica e frequentata da persone meno pigre di quanto non siano milioni di naviganti attuali, sempre pronti a seguire le maree e le onde messe in movimento da chi controlla, come in un grande Truman Show, le mode, le tendenze, gli stili di vita e le pratiche online.

L’assenza di risorse si accompagna spesso con la scarsa conoscenza di cosa sia possibile o conveniente fare. Scarsi sono anche gli strumenti di aiuto disponibili online. Limitati sono i tutorial, assenti sono le guide, scarse sono le informazioni, inesistenti sono i servizi di assistenza. Per emergere e farsi vedere ci si può affidare ad agenzie specializzate o a esperti di social media ma quanti di essi sanno effettivamente… quello che fanno? Quanti di essi producono risultati concreti e soprattutto quanti di essi sono in grado di bucare il sovraccarico informativo e battere gli algoritmi dei motori di ricerca per farsi notare?

Non riuscire a farsi notare, trovare e vedere si traduce in una difficoltà grande a monetizzare il proprio lavoro. E’ la stessa difficoltà che si trovano ad affrontare piccoli editori o blogger, impossibilitati nel trasformare i loro contenuti e prodotti della creatività individuale in guadagni.

La mancata monetizzazione si traduce spesso in un calo di interesse per la scrittura e la pubblicazione online o nel fallimento di interi progetti editoriali. A nulla serve passare da una piattaforma ad un’altra o cambiare applicazione. Il problema cha tutti conoscono ma molti non vogliono ammettere è il predominio monopolistico di pochi attori della rete che, siccome possiedono le piattaforme, le infrastrutture e le applicazioni che tutti usano per abitare gli spazi online, sono oggi in grado di determinare anche quello che viene/deve essere trovato. Ribellarsi è inutile perché non serve. Resistere invece conviene perché aiuta la creatività e la produzione, mantiene viva la speranza di riuscire prima o poi a trovare una audience adeguata a trasformare un progetto editoriale in un business e a convincere i motori di ricerca a inserire quei contenuti nella loro sfera di attenzione.

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