La tecnofobia può manifestarsi come patologia o come semplice rifiuto pragmatico di tecnologie che non sembrano dare tutte le garanzie per fugare timori o paure irrazionali. Ad esempio il terrore della violazione della privacy (dati privati e sensibili come il nostro DNA) o della criminalità digitale.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
La tecnofobia è anche una filosofia di vita e praticata da comunità, ad esempio quella degli AMISH americani, che rifiutano il ricorso alle tecnologie (tecno-privazione o tecno-esclusione) perché rifiutano il cambiamento e difendono la tradizione. Nel suo massimo eccesso la tecnofobia può generare analfabeti tecnologici, persone che non sanno usare o cosa sia un computer.
La critica dei tecnofobi alle nuove tecnologie è legata alla loro capacità di creare dipendenza e generare effetti negativi sulle persone a livello emotivo, cognitivo e fisico.
La tecnofobia è pratica vissuta e tema di riflessione filosofica diffusa.
Nella letteratura e nel cinema ha trovato spazio in opere come il Frankestein di Mary Shelly, in Vlade Runner, Terminator, Io Robot e la trilogia di Matrix.