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Facebook trappola per adulti e i Millennial sorridendo stanno a guardare

Facebook trappola per adulti e i Millennial sorridendo stanno a guardare

13 Ottobre 2016 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Secondo alcuni parlare di privacy oggi non ha più senso. La riservatezza individuale è costantemente violata da grandi oligopoli a caccia di dati e informazioni per usi commerciali e da governi in cerca di terroristi ma anche di maggiore controllo e sorveglianza. Basterebbero solo queste due ragioni per decidere di chiudere il proprio account di Facebook. Molti giovani lo stanno facendo, gli adulti immigrati digitali meno. Troppo lenti a capire tendenze emergenti ed effetti collaterali della tecnologia.

La privacy non esiste più!

Per difendere la propria privacy e diritto alla riservatezza non serve chiudere la pagina Facebook o altri account social online. Fuori dalla Rete siamo comunque tutti soggetti a una video-sorveglianza diffusa, fatta da mille dispositivi, sensori e schermi curiosi e invadenti. L’impossibilità della fuga è ciò che fa dire a molti che il tema della privacy è ormai superato, nel senso che non esiste più privacy da difendere.

Il problema di Facebook non è solo la sua gestione della privacy (Internet è per sempre, la privacy NO?) e l’uso che fa dei profili online per catturare dati e aggiornare i suoi Big Data con informazioni aggiornate da vendere ai migliori acquirenti interessati ad usarle a scopi commerciali (Voliere e acquari di Facebook per uccellini e pesciolini in gabbia!). Facebook è diventato per molti quasi un impegno che richiede tempo e dedizione costanti per aggiornare lo stato, i contenuti e tenere vive le conversazioni. Un impegno gravoso, non necessariamente gratificante o capace di generare benefici e vantaggi e tale da convincere ad esempio personaggi pubblici e dediti all’uso dei media sociali come Linus a comunicare la riduzione delle sue attività online. Linus ha usato la Rete attraverso il suo blog aggiornato per 12 anni quasi ogni giorno con pensieri, parole e racconti personali. Molti altri lo hanno fatto attraverso Facebook e applicazioni di social networking simili.

Essere sempre connessi è una gran fatica, lo dice Linus!

La notizia di Linus ha trovato spazio nelle pagine di cronaca di molti giornali e hanno suggerito alcuni approfondimenti che sono serviti a raccontare ciò che molti già sanno da tempo (Perchè bisognerebbe abbandonare Facebook). I giovani nativi digitali non sono più così innamorati come un tempo di Facebook e lo sono ancora meno i Millennial (La generazione touch).  Lo stanno dicendo e nel frattempo hanno imparato a mimetizzarsi e a nascondersi meglio, usando anche tecniche di camuffamento e offuscamento nei confronti di Facebook per imbrogliare i Big Data e le analisi che ne derivano.

Uno dei motivi di abbandono o di minore utilizzo dell’account di facebook (perché cancellare una pagina dopo averla creata?) è la scoperta di strumenti più congeniali come WhatsApp (piccoli gruppi è meglio), SnapChat (maggiore riservatezza con messaggi che si auto-cancellano) o Instagram (una immagine o foto comunica ma in modo diverso di un testo) ma anche la consapevolezza che Facebook è ormai diventato luogo di frequentazione abituale di adulti nelle loro varie declinazioni di genitori, zii, nonni, insegnanti e curiosi vari, più o meno molesti e pericolosi.

La sbornia sembra sbollita

Sbollita la sbornia che aveva colto i nativi digitali, i Millennial hanno cominciato a informarsi meglio, a raccogliere e condividere informazioni e a fare scelte diverse, che portano anche ad una maggiore protezione di se stessi e dei loro contatti o amici. Una riflessione simile non sembra ancora alla portata di immigrati digitali e adulti che frequentano e vivono Facebook così come vivono offline offrendosi generosamente alla pesca di dati e informazioni di loro pertinenza da parte di Facebook ma anche di predatori interni che usano spazi sociali come Facebook per far abboccare le loro prede e trainarle  a riva.

Che la sbornia sia in fase di riassorbimento lo raccontano anche i dati relativi alle nuove registrazioni a Facebook e alla demografia sociale dei suoi membri. Nei primi mesi del 2016 ad esempio le nuove adesioni sono calate del 50% rispetto a trimestre precedente. Un dato non sorprendente considerando i grandissimi numeri che ormai interessano la piattaforma di Facebook (+ di un miliardo e mezzo di utenti). Il dato più interessante però non è questo ma quello relativo alla frequentazione dei più giovani. Generazioni di utenti che rappresentano oggi una porzione più piccola degli abitanti del muro delle facce rispetto a soli due anni fa e che sembrano bel lontani dal farsi coinvolgere come lo sono da altre applicazioni come WhatsApp e SnapChat.

Il calo interessa soprattutto i mercati occidentali e deve essere valutato in modo relativo. Calano le percentuali ma i numeri assoluti continuano a essere importanti. Ciò che segnalano però le percentuali è un cambio di comportamenti che in prospettiva indicano nuove tendenze emergenti. Quando i Millennial usano Facebook sembra lo facciano con motivazioni molto diverse rispetto a pochi anni fa. Continuano a verificare di avere ricevuto messaggi ma condividono e scrivono molto meno. Usano Facebook per condividere contenuti di altri ma si guradano bene dal condividere i propri.

Un grafico tratto dall'indagine di We Are Social - Digital in 2016 report su Internet, Media Sociali e mobile

 

Una riflessione è necessaria

Una riflessione allargata, fatta con calma e senza alcun astio nei confronti della tecnologia potrebbe portare a scelte diverse e a ponderare bene l’uso che viene fatto degli strumenti tecnologici social.

I temi su cui riflettere sono molteplici ma in primo luogo i seguenti:

  • Facebook traccia in modo sistematico profili, comportamenti, contatti, preferenze, idee politiche e amicizie e lo farà sempre meglio grazie agli investimenti in soluzioni di intelligenza artificiale in cui è impegnata, non ultima la partnership di AI con Google, Amazon, IBM e Microsoft (Dal phishing al whaling, malviventi a caccia di pesci grossi!). Con l’intelligenza artificiale il tracciamento (attraverso i Like) non sarà più solo dentro lo spazio privato e sociale di facebook ma anche in altri luoghi della Rete. Il tracciamento e la raccolta di dati potrebbero anche essere accettabili se non fossero in realtà finalizzati a puri scopi commerciali. In pratica Facebook sta vendendoci tutti, al miglior offerente!
  • Facebook fa un uso magistrale dei suoi algoritmi intelligenti e capaci di apprendere per manipolare gli utenti, determinando quali contenuti far loro vedere o tenere nascosti e, attraverso i loro strumenti predittivi di data mining, determinare anche evoluzioni e scelte future delle persone

  • Facebook è abile nel gratificare gli utilizzatori delle sue applicazioni trasformandoli in complici e semplici produttori di dati. Meglio non farsi intrappolare dalla geartuità della piattaforma. Nulla è gratuito in Facebook e ciò che viene dato in cambio è qualcosa di intangibile difficilmente quantificabile nei suoi effetti e conseguenze nella vita delle persone, come consumatori in primo luogo ma anche come cittadini e singoli individui. Il tutto è aggravato dalla nostra ignara complicità nel favorire la costruzione di un gigantesco Big Data universale che dal Cloud agirà come grande ‘cervello’ cognitivo capace in futuro di condizionare comportamenti, stili di vita, relazioni e scelte personali.
  • Facebook sta trasformando l’amicizia in un fatto puramente meccanico, automatizzato e algoritmico. La trasformazione va verso quella che molti chiamano la ‘algoritmizzazione’ della vita, prodotta dall’integrazione tutta tecnologica di dati, algoritmi e intelligenza artificiale. Gli effetti possono essere evitati ma se non lo saranno a pagarne lo scotto saranno alcune capacità umane come ad esempio una comunicazione olistica legata a responsabilità individuali e pratiche che nascono da relazioni umane, familiari, scolastiche, politiche, ecc. Capire che quanto avviene online è importante ma che lo è meno di quanto avviene nella vita reale è un passo che potrebbe diventare complicato e al tempo stesso urgente per garantirsi relazioni umane diverse da quelle che possono nascere all’interno di una pagina Facebook che molti vivono come se fosse un altro gioco online.
  • Facebook non fa nulla per caso e sta costruendo una mega-macchina capace di conoscere le nostre identità online e di apprendere. In futuro forse anche di suggerire quali debbano essere le relazioni e come dovranno essere vissute con modalità quasi automatizzate. Quando gli utilizzatori di Facebook si sentiranno completamente a loro agio nel lasciarsi governare da semplici algoritmi probabilmente la via di fuga sarà definitivamente negata a molti.
  • Facebook è abile nella manipolazione dei comportamenti (L'ingenuità del cittadino della Rete: pesci in cerca di ami!). Per capire quanto ciò sia vero è sufficiente, a livello individuale, riflettere per un attimo su quanto siamo tutti gratificati dal vedere un numero elevato di Luke su un articolo o uno stato cambiato e condiviso su una pagina Facebook. Il Like assomiglia ormai al meccanismo di pavloviana memoria o ai piccioni degli esperimenti di Skinner. Strumenti come i Like non sono neutrali ma sono pensati per programmarci, come ha scritto in un bellissimo libro Douglas Rushkiff dal titolo Programma o sarai programmato (la recensione di SoloTbalet: Programmiamo per non essere programmati nel Grande Presente (The Big Now)).
  • Facebook punta alla massima trasparenza dell’utente per poter avere accesso a tutti i dati che è in grado di produrre ma al tempo stesso non offre alcuna garanzia di trasparenza rendendo quasi impossibile gestire la propria riservatezza online
  • Facebook non è più una piattaforma sociale ma una macchina da guerra marketing e commerciale (Nell'acquario di Facebook ). Lo è per chi l’ha creata e molto meno per chi la frequenta. Gli utenti sono diventati tutti come il ragazzino che, nel sottopancia della locomotiva, permetteva al treno di Snowpiercer, film distopico diretto nel 2013 da Bong Joon.ho, di continuare a girare in tondo in attesa della fine dell’era glaciale prodotta dal karakiri nucleare dell’umanità.
  • Facebook sta diventando troppo potente. Unitamente ad altre realtà come Google, Amazon e altri signori della Silicon Valley, per usare una terminologia di Eugeny Morozov, stanno delineando uno scenario dominato da realtà tecno-capitalistiche capaci vederci una visione fatta di trasparenza, visibilità (Farsi vedere: visibilità e invisibilità online) e reputazione ma in realtà sempre più controllato ed etero gestito con minori libertà e forse anche meno democratico. Nella realtà di Internet e online così come nella vita reale offline.
  • Facebook non è che l’espressione più evidente di una rivoluzione tecnologica (Il panottico digitale delle anime elettriche dei social network) che sta producendo cambiamenti continui come espressione della volontà di potenza della tecnologia e della sudditanza crescente degli esseri umani online alle macchine. Un motivo valido, se non di preoccupazione, per una riflessione critica da non rimandare

*Spunti per questo articolo tratti dagli scritti di Gerd Lehonard, autore del libro Technology vs Humanity

** Per una riflessione più approfondita suggeriamo il libro su Facebook del Collettivo Rppolita e i libri di Nicholas Carr, Eugeny Morozov, Sherry Turkle e Jerome Lanier.

 

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