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Che differenza c'è tra Nostroverso e Metaverso

Che differenza c'è tra Nostroverso e Metaverso

04 Novembre 2023 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Il Metaverso non esiste ancora, non si sa ancora come evolverà e già pianifichiamo come abitarlo. Siamo già dentro una Realtà che ci nasconde il reale, facendoci vivere “al di là” (meta) della nostra realtà fattuale sempre lacerata e dolorosa. Il Nostroverso è sempre stato qua, è con noi da sempre, è il luogo da cui si sono originati anche i metaversi, è fisico e corporeo, ricco di vissuti esperienziali incarnati, un mondo del pressapoco pieno di fragilità e di imprecisioni, molto lontano dalla perfezione e dall'efficienza decantata nelle narrazioni che raccontano il Metaverso e i mondi online.

Mentre percepiamo con timore l’accresciuta incapacità a capire e gestire le cose del mondo reale, l’idea della possibilità che una vita digitale diventi più significativa di quella reale prende piede e si diffonde, suggerendo una riflessione approfondita su quanto un ologramma di noi stessi o un avatar tridimensionale possa contribuire a soddisfare i nostri reali bisogni, a dare risposte concrete ai problemi e alle crisi con cui ci stiamo confrontando. Prima ancora di celebrare le potenzialità del Metaverso come strumento per alleviare le nostre sofferenze e contribuire a ciò a cui sempre aspiriamo in termini di inclusione e di felicità, di creatività e di socialità, dobbiamo interrogarci se e come, da esseri umani, possiamo solidarizzare, collaborare e agire per dare forma a scenari futuri possibili che non siano distopici o catastrofici.

Nessuno può immaginare oggi in che direzione possa evolvere il Metaverso, la meta finale è ancora ignota, il tempo per raggiungerla anche, ma i potenziali impatti negativi derivanti da una sua adozione di massa collegabili al Metaverso sono già sotto gli occhi di tutti.

Più che parlare di Metaverso sarebbe forse meglio non trascurare ciò che, in questa era tecnologica di progresso, sta accadendo in termini di aumento esponenziale della povertà nel mondo (nessuno parla mai della crisi idrica mondiale che sta alimentando le migrazioni e aumentando la povertà), di  disuguaglianza crescente che ha vanificato i sogni della classe media nel mondo occidentale e ulteriormente impoverito quelle più basse, di precarizzazione del lavoro e sua assenza, di sfruttamento della manodopera e schiavitù remunerata, di perdita di diritti.

Tutti problemi non risolvibili con una fuga, una migrazione sponsorizzata su vascelli guidati da scafisti ricchi e intelligenti, dentro un Metaverso felicitario, ludico e generoso in termini di soluzioni e funzionalità, unico mondo rimastoci come veramente desiderabile. Il Metaverso come l’intelligenza artificiale è il prodotto delle forze in campo, delle infrastrutture che servono per renderlo possibile.  Come tale andrebbe studiato, analizzato e raccontato, sempre con l’attenzione rivolta al mondo materiale e alla condizione umana di coloro che lo abitano.

 

🍒 METAVERSO E NOSTROVERSO

La contrapposizione tra Nostroverso e Metaverso, fulcro della mia narrazione, non è casuale, mira a sottolineare l’irriducibilità della vita dentro una macchina computazionale, della bellezza del nostro mondo reale dentro un mondo virtuale e simulato, del mondo fisico dentro il territorio liquefatto di Tik Tok oggi e di Metaverse domani. Vuole evidenziare l’intreccio che esiste tra la tecnologia, il capitale che la sostiene, i poteri che la rendono possibile e le conseguenze materiali che ne derivano, in primis quelle collegate a ciò che molti studiosi definiscono come sistemi globali di estrazione e di potere. Ciò pone problemi etici, discendenti dall’emergere indisciplinato e volutamente non regolamentato di norme pensate per determinare comportamenti omologati e stereotipati, modi di pensare conformistici, nuove abitudini, poco attente a valorizzare i fondamenti e i valori su cui si basa la nostra umanità e il nostro umanesimo. 

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La difesa di un Nostroverso fisico e corporeo e dei suoi vissuti esperienziali incarnati nasce dalla percezione che una realtà futura, colonizzata da metaversi di realtà simulata, possa avere effetti devastanti sul nostro esistere sulla terra come umani, sulla nostra stessa percezione della realtà. Una realtà dalla quale già da tempo amiamo astrarci per evitare di confrontarci con la sua complessità e criticità, ma anche per evitare di misurarci con la sua imperfezione, imprecisione, “ambivalenza” (Grossi) e fragilità, con le radici ontologiche e le parti essenziali della vita umana sulla terra. “La nostra carne è fragile - scriveva Simone Weil  - […] la nostra anima è vulnerabile. La nostra persona sociale è […] costantemente esposta al caso”. Esistere come esseri umani comporta la capacità di convivere con il nostro essere vulnerabili, nella relazione con gli altri e con il nostro corpo, con il nostro desiderio di una vita felice e buona.

Al mondo della precisione, che tende a confondere uomo e macchina, si contrappone, per usare una terminologia proposta da Alexandre Koyrè[1], il mondo del pressappoco, tipicamente umano, di cui si può dare una descrizione solo qualitativa, al massimo approssimativa, valida per il passato così come per il futuro. In una realtà che, in modo riduzionistico, ha sposato la metafora della macchina per definire l’umano, il riferimento al pressappoco e alla fragilità non è casuale. In termini di funzionamento il parametro di valore della macchina è la sua efficienza, per l’umano è la soglia della sua fragilità, dalla quale dipende la percezione che non esistiamo per noi stessi, ma che abbiamo sempre bisogno di aggregarci, di relazionarci agli altri, perché siamo corpi porosi che intrattengono tra di loro una negoziazione continua e complessa. La fragilità è una risorsa psichica che, dentro questa porosità, promuove la relazione e la interrelazione. È legata al nostro apprendimento, ma non va scambiata per debolezza o inefficienza. Non è mai risolvibile in modo definitivo, come lo è in una macchina che, pur complessa, è sempre composta da elementi riparabili, di ingranaggi sostituibili.

Invece di perdere il nostro tempo a chiederci come sarà la nostra vita dentro il Metaverso dovremmo tutti farci carico di aspetti antropologici fondamentali dei quali non sembriamo più interessati. Aspetti quali l’istruzione, la sanità pubblica e il lavoro come diritti scritti nella nostra bella Costituzione, e il bene comune. Tanti temi etici che suggeriscono di non limitarsi a una lettura tecnologica della realtà, adottando approcci multidisciplinari utili a progredire, dentro scenari futuri caratterizzati dalla pretesa della tecnologia di poter risolvere i problemi del mondo, da crisi insorgenti continue, che sembrano dimostrare l’illusorietà, l’inefficacia o l’insufficienza della tecnologia. Al proliferare di saperi specialistici, sempre più collegati alle scienze informatiche e tecnologiche, conviene scommettere su un sapere che faccia da sottofondo a discipline diverse, trascendendone verità e certezze, con l’obiettivo di andare a cercare percorsi comuni di senso fatti di contaminazioni, saperi diversi e lontani, estranei alla cultura occidentale e alle fenomenologie del Nord del mondo.

La sfida non chiama in causa soltanto studiosi, filosofi, mondo accademico e scientifico, ma riguarda tutti. A tutti viene chiesto uno sforzo di volontà per acquisire la (tecno)consapevolezza che serve a adottare scelte responsabili, sostenibili (altre parola-concetto su cui oggi bisognerebbe prestare molta attenzione, anche per il suo mediale), necessarie per opporre un senso umanista al Metaverso ma soprattutto ai suoi padroni, i Signori del silicio della Silicon Valley e della Cina. Signori del silicio che, come aristocratici feudali perseguono il loro disegno di potere arrogandosi il diritto-dovere di cambiare il mondo, governano le società tecnologiche diventate le realtà economiche più potenti e globalizzate dell’economia del Capitalismo nella sua fase di evoluzione attuale. Fautori di una visione del mondo, definita da qualcuno come fascismo digitale, nella quale dominano i Big Data, il quantified self fonte di benessere senza fine, l’imprenditore di sé stesso e il progresso infinito, il tutto declinato in mondi disincarnati, che negano l’umano e il suo mondo fisico.

Spostare l’attenzione dal Metaverso al Nostroverso manifesta la volontà di sbugiardare la narrazione corrente, che racconta di tecnologie con l’umano al centro, proprio mentre lo stanno sempre più imprigionando, limitandone creatività e immaginazione. Spostare l’attenzione del Metaverso al Nostroverso libera tempo e forze per occuparsi di problemi concreti, reali, quali le tante crisi ancora in atto, che ci accompagnano dal 2008, la diffusione di malattie mentali, la crisi ambientale di cui si continua a negare l’evidenza, la crisi della scuola e dei beni comuni in generale. Crisi mai risolvibili dentro mondi artificiali che al reale preferiscono una sua mappa, al mondo reale uno specchio nel quale passano immagini pre-immagazzinate in un database, a persone reali eterogenee una filiera di identità simulate, uniformate dalla loro computabilità. Dedicare tempo al Nostroverso oggi, prima che il Metaverse distopico di Zuckerberg si trasformi in piattaforma accessibile a tutti (passeranno vent’anni… “What we actually get, only time will tell”), ci serve come esseri umani, serve in particolare alla nostra mente, che è il target su cui molte tecnologie sono  focalizzate, con l’obiettivo di cambiare la percezione della realtà attraverso i suoi meccanismi cognitivi di base come “l’esperienza di essere in un luogo e in un corpo, i processi di sintonizzazione e sincronia cervello-cervello e infine la capacità di sperimentare e indurre emozioni[2]”. Possiamo agire oggi, aspettare che il Metaverso si diffonda, oppure sperare, come spesso succede ai sistemi complessi, che le sue promesse appassiscano, spingendoci a fare la scelta di abbandonarli (Ian Bogost).

Nonostante le difficoltà che le voci critiche incontrano oggi nel proporre approcci alternativi alla tecnologia e suggerirne una sua umanizzazione, è sempre più necessario impegnarsi nello sviluppo interdisciplinare di un dialogo costruttivo e creativo, intergenerazionale, capace di evidenziare tendenze anti-uman(ist)e, di immaginare futuri, anche utopistici, nei quali le tecnologie siano tornate a essere al servizio dell’umano.

Non dobbiamo rassegnarci alla fuga dal pianeta Terra o che, a causa del problema dei Tre Corpi che sta minacciando di distruggere il loro mondo, degli alieni arrivino a salvarci dal pianeta Trisolaris. Ai Trisolariani, ma anche a noi, serve una nuova casa, ma questa non può essere una Terra devastata per i Trisolariani e neppure una Terra trasformata in Metaverso.

Serve la capacità di ospitare alieni senza fare loro la guerra, serve a tutti sviluppare fin d’ora socialità, solidarietà, generosità, responsabilità, gentilezza, empatia e disponibilità all’incontro con l’Altro: tutte esperienze che nel mondo computazionale, quantizzato, robotizzato, video-giocato e deumanizzato del Metaverso non sono possibili. A meno di non riconoscere che da umani ci siamo già trasformati in macchine.

LIBRO NOSTROVERSO

*NOSTROVERSO è un neologismo usato da Carlo Mazzucchelli per elaborare una riflessione sull'era tecnologica attuale  che ha portato alla pubblicazione di un libro: NOSTROVERSO - Pratiche umaniste per resistere al Metaverso. Chi volesse usare il termine è pregato di citare il libro e il suo autore. 

[1] Alexandre Koyrè , Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione

[2] Citazione dall’articolo di Licia Cristiano “La necessità di pensare il metaverso”, pubblicato sulla rivista Dissipatio il 30 marzo 2023

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