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🌗🌘🌑🌒 Babele Coronavirus

🌗🌘🌑🌒 Babele Coronavirus

22 Aprile 2020 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Tutti in attesa della fase due del contagio, stanchi di stare in casa e di attendere non ci resta che riflettere sulla confusione nella comunicazione, su come si è trattati come cittadini e persone e su cosa succederà quando la pandemia si sarà ridotta a semplice epidemia o influenza.

Il rischio è che all'Italia tutta rimanga pur sempre la febbre alta...e gli italiani dovranno ricorrere a nuovi e più potenti respiratori!

 Tra coloro che si interrogano sulla pandemia alcuni si immaginano la sua fine con il ritorno alla vita prima del coronavirus. Altri come un nuovo inizio, collegato a scenari diversi, forse anche utopici, in grado di dare una prospettiva di futuro a una specie umana che del futuro sembra avere perso il senso. Tutti si illudono che alla pandemia ci possa essere una fine.

La crisi viene da lontano

Questa pandemia è l’espressione di una crisi più ampia, la cui fine è lontana nel tempo perché ha avuto origine molti anni fa. Si è alimentata con le scelte scellerate fatte nell’arco di decenni di sviluppo scriteriato che hanno distrutto l’ambiente, lasciato libero spazio al mercato, ideologizzato la tecnologia e celebrato progresso e crescita come infiniti. Scelte o non scelte che hanno caratterizzato anche la realtà italiana e che hanno portato gli italiani a questa crisi (👩‍🚒️👩‍🚒️ Che cos'è questa crisi?). Una crisi che oggi li vede stanchi, di una stanchezza che viene da lontano.

In generale questa crisi ha fatto capire, a chi vuole o è predisposto alla comprensione, che siamo ancora umani, esseri incarnati esposti alla sofferenza, all’imprevedibile e alla “semplicità dell’esistenza umana” (Umberto Galiberti). Ha tolto la patina di lucentezza sul presente che avevamo eletto a unico tempo esistente, obbligandoci a guardare indietro, a rivalutare il passato oltre che a ripensare il futuro, forse non così luminoso e felice come volevamo raccontarcelo. Meglio lasciar perdere aspettative e speranze e cominciare a darsi da fare, se si supera la stanchezza con la resilienza, in modo nuovo e proattivo per dare al futuro nuove possibilità. Bisogna darsi da fare per le nuove generazioni, per gli altri e per sé stessi. Per farlo bisogna guardare al presente dall’esterno, dalla dovuta distanza, osservarlo dal futuro. Unico modo per costruirne uno!

Non è detto però che ce la si possa fare.

La percezione infatti è di essere tutti prigionieri, come “protervi sfidatori e sacerdoti dei cieli”, di una torre di Babele globalizzata che tutti abbiamo contribuito a edificare. E’ una torre che pensavamo di avere realizzato da archistar, con giardini pensili e boschi verticali, ponti avveniristici e canali navigabili, biblioteche e sale da tè, e che invece scopriamo essere una prigione labirintica (👩‍🚒️👩‍🚒️ Nel Labirinto Coronavirus), per di più non terminata e terremotata, dalla quale non è possibile scendere (#turestiacasa).

La torre come rappresentazione mitologica di Babilonia, una delle sette meraviglie del mondo antico, ha perso la sua valenza favolosa storica per diventare un luogo dello spirito ma soprattutto metafora narrativa della comunicazione umana. Metafora potente ed evocativa, anche in un presente caratterizzato da surplus informativo e comunicazionale.

Babele è immanente a ogni epoca, oggi metafora perfetta per riflettere sulla situazione della pandemia corrente. Il popolo dei costruttori della torre venne disperso da Dio confondendo il loro linguaggio, oggi non c’è più un solo Dio ma tanti falsi dei (Titani della Marvel) che operano abilmente per confondere le acque, i racconti e le storie (👩‍🚒️👩‍🚒️ Italia(ni) viv(a)i raccontandosi storie!), i fatti e le notizie, con l’unico obiettivo di creare confusione e impedire una lettura attenta e precisa della realtà, presente e in formazione.

La Torre mitologica non esiste più, forse non è mai esistita, si è sviluppata in orizzontale, è stata sostituita da grattacieli, palazzi, condomini e città, residenze politiche regionali, ipermercati e centri commerciali, financo da nuovi ospedali realizzati all’interno di aree per la fiera. Più che salire verso il cielo è una torre orizzontale e globale, realizzata con l’obiettivo dell’autosufficienza, del progresso e della sopravvivenza.

Successiva all’arca di Noè la Torre di Babele mette a confronto due generazioni, quella del diluvio e quella della spinta creativa alla conquista del cielo. La prima venne spazzata via, la seconda fu dispersa orizzontalmente sulla faccia della terra e non ha mai smesso di realizzare la sua torre, trasformando la realtà in linguaggio e rappresentazioni, sostituendo la Storia con le storie, l’informazione con la disinformazione, la Verità con le verità e le opinioni.

La confusione parte dal linguaggio

Nella fase di attesa per la seconda fase del blocco totale (blockdown) determinato dalla pandemia, la lingua ha perso la sua unità, efficacia e capacità di coinvolgimento sociale e solidale, per diventare semplice strumento inesorabile di confusione, incertezza e caos (cinguettii di Trump, conferenze stampa di Bolsonaro, conferenze della Protezione Civile, ecc.). Le parole perdono il loro significato, i numeri sembrano palline colorate di un pallottoliere o rulli di una slot machine, la verità diventa un’opzione che si presta alle innumerevoli traduzioni di parte di media, giornalisti, opinionisti, politici e cittadini vari, e ai loro commenti, all’edicola ma oggi prevalentemente sulle piattaforme sociali tecnologiche.

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Il linguaggio è pur sempre traduzione e la comunicazione a cui da origine può avere sviluppi e diramazioni diverse. Quella oggi prevalente sembra essere governata dalla scelta di non parlare chiaro e in modo veritiero (i cittadini trattati da bambini ignoranti), dalla paura di dare scadenze e risposte certe, dal timore di non indovinare il mood (sentiment) delle moltitudini, dall’angoscia di perdere potere politico e vantaggi acquisiti. La conseguenza è una incomprensione crescente tra chi sta sopra e chi sta sotto, ma anche tra comunità eterogenee che compongono ogni entità, tra task force diverse e gabinetti ministeriali, tra esperti e comitati tecnici, tra commissioni statali e regionali, stato e regioni.

La confusione aumenta per la mancanza di una guida (l’unica oggi esistente è Papa Bergoglio) e nella distrazione di molti, disabituati da anni di esposizione passiva alla televisione e di partecipazione superficiale alle piattaforme social. E’ una distrazione che viene da lontano, che ha fatto dimenticare ai più i problemi della realtà italiana, ad esempio la crisi della sanità pubblica che ha visto ridurre risorse e investimenti e sparire i centri di medicina territoriale. Chiusi in casa (👩‍🚒️👩‍🚒️ Stare a casa non è sufficiente) abbiamo avuto il tempo di avviare una riflessione su noi stessi e sulla realtà ma ci troviamo spaesati e spaventati, fragili e confusi, soprattutto stanchi, esausti perché in Italia nulla cambia (👩‍🚒️👩‍🚒️ Esausti ma non morti). La situazione è complicata dalle informazioni in circolazione e dall’assenza di linee guida di cui si sente di potersi fidare.

E la fiducia serve perché non si tratta solo di tornare alla normalità in tempi certi quanto di tornare al lavoro, in ufficio, di poter contare su un reddito per pagare affitto e badanti, di riprendere a fare sport, a viaggiare e a divertirsi in compagnia di altri.

 

Bisogno di chiarezza

Il bisogno di chiarezza nasce anche dalla percezione che il futuro potrebbe rappresentare un passo indietro in termini di libertà civili, di democrazia e di sviluppo di nuove politiche di sorveglianza e controllo (👩‍🚒️ La sorveglianza tecnologica non dorme mai). Anticipazioni di un futuro di questo tipo, potenzialmente distopici, sono il monitoraggio degli spostamenti, il divieto di assembramenti pubblici, la sorveglianza (militare), la censura, ecc. La paura fa accettare cessioni di libertà altrimenti non cedibili ma sulle misure messe in campo tutti dovrebbero fare uno sforzo di comprensione, riflessione critica e consapevolezza. Obiettivo svelare eventuali tentativi di disinformazione o conseguenze politiche future.

La chiarezza è tanto più necessaria quanto più risulta poco chiaro ciò che sta realmente succedendo, in termini di diffusione del coronavirus, numero di contagiati, decessi (clamoroso il caso Cina, ma anche in Italia i numeri non sono chiari), ecc. Numeri usati politicamente, in alcuni casi anche in modalità marketing (vedi la regione Lombardia, ma anche la nave affittata da Toti in Liguria) e per interesse di part(e)ito.

La chiarezza è necessaria perché si sta diffondendo ansia e angoscia sulla fase due del contagio. In assenza di notizie certe e chiare, aumenta la sfiducia (👩‍🚒️👩‍🚒️ Non mi fido, ho paura!) e monta la rabbia. La prima può sfociare in passività e distacco ma la seconda è potenzialmente pericolosa, soprattutto se venisse canalizzata verso la direzione sbagliata. Cosa non impossibile considerando il periodo difficile a cui si sta andando incontro.

Nella mancanza di chiarezza prevale la confusione nella comunicazione con dichiarazioni contradditorie, date ballerine, tiro dei dadi per scadenze e rinvii, notizie false, voci di corridoio sollecitamente raccolte da giornalisti embedded alla ricerca dello spunto da prima pagina, teorie complottarde, propaganda e piani marketing, storie costruite ad arte e per fini partititici/politici, disinformazione pianificata da grandi fratelli istituzionali e loro uffici stampa, programmi marketing per alimentare la distanza tra governo centrale e governi regionali. E molto altro, soprattutto tanta confusione percepita dentro la confusione pianificata.

Il risultato è un senso di stanchezza che si va diffondendo e che porterà gli italiani a fare quello che il quotidiano Il Manifesto ha ben riassunto nel titolo della prima pagina del 21 di aprile: FASE COME VI PARE.

 

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