Ad assegnarle attenzione e priorità non dovrebbero essere narrazioni mediali quotidiane che comunque, nel loro conformismo piegato ai modelli economici vincenti del momento, sono ininfluenti nel contribuire a salvare il futuro dell’uomo, della Terra e dei suoi numerosi abitanti. Serve ristabilire il primato della percezione individuale per tornare alle cose stesse, prima ancora di ogni concettualizzazione. Se ci liberassimo dal surplus informativo e depurassimo il linguaggio delle narrazioni a cui ci offriamo superficialmente e gratuitamente ogni giorno, potremmo comprendere meglio il mondo in una prospettiva personale e, forse, adottare buone pratiche, fare scelte che possano mutare la traiettoria sulla quale ci siamo incautamente messi da alcuni decenni. Prendere atto fenomenologicamente del clima atmosferico è anche un modo per intervenire su altri climi, sociale, politico e relazionale. Da qui l’estrema urgenza di un cambiamento individuale radicale, epocale.
Disponendo di un bosco di alcuni ettari in alta montagna la mia percezione delle cose stesse (non delle loro immagini pittoriche o segni linguistici che le rappresentano) è ben allenata. E mi sta raccontando la sofferenza delle piante (le latifoglie stanno già perdendo le foglie come se fosse autunno), la sparizione delle acque sorgive, l’interruzione del fluire delle acque montane perché i laghi di montagna si sono prosciugati, la sparizione dei fiori e la tostatura dell’erba (il prato solitamente verde e colorato è una grande distesa giallastra), oltre alla sofferenza dei numerosi animali che nel bosco ci abitano, a partire dalle formiche e dalle api. Senza contare che quest’anno non ci saranno funghi!
Impegnato nel cercare di capire la sofferenza del bosco e immaginare cosa fare per alleviarla mi sono immaginato che, in attesa che le moltitudini si sveglino (insieme alla politica, ai media e alle istituzioni), gli alberi potrebbero incazzarsi. Perché di questa situazione sono i meno responsabili. E il pensiero è andato a Barbalbero, il pastore degli Ent di tolkieniana invenzione. Un albero che non vuole stare da nessuna parte perché a nessuno importa più degli alberi, ma che poi decide che il limite è stato raggiunto e si lancia alla distruzione di Saruman (simbolo della industrializzazione distruttrice).
Prima comprendiamo che il pianeta è sotto stress a causa dell’azione entropica umana e meglio sarà.