L’essere scettico per me significa semplicemente essere capace di continuare a indagare, a lasciarsi meravigliare, a ricercare la verità, nella persuasione che una verità sia ancora possibile da trovare. Nella convinzione che non sempre la verità possa essere trovata e che a volte essa sia incomprensibile, per me ciò che conta è continuare a persistere nel cercare, nel pormi delle domande e nell’indagare, a partire dalle conoscenze che ho, utili per formulare domande. È un agire scettico filosofico, con le sue radici in Socrate e nei filosofi scettici che lo hanno preceduto. Il cercare, sintomo di apertura mentale, aiuta a trovare risposte ma anche a riconoscere che risposte non ce ne sono, se non quella che suggerisce di continuare a cercare.
La ricerca continua, il dubitare, il porsi delle domande, il sospendere il giudizio, l’esercitare una qualche forma di pensiero riflessivo e critico, è oggi tanto più necessario quanto più è diffuso un conformismo che tende all’omologazione e al dogmatismo, come quello che caratterizza molte narrazioni sulle intelligenze artificiali e i mondi onlife. Il (tecno)scettico è libero da dogmi, eclettico, aporetico, consapevole dei propri limiti e dei limiti in generale, difficilmente conformista, l’omologarsi non è nella sua pelle, nel suo DNA.
Internet e new Media: un forte bisogno di Utopia per immaginare il futuro
Il tecnoscetticismo è una pratica, che riconosco mia, un metodo per sopravvivere nel surplus informativo e cognitivo determinato dal rumore costante fatto di opinioni spacciate per (false-post)verità e conoscenze, di certezze dogmatiche rese tali perché sostenute da moltitudini si persone, tutte prese dall’ansia binaria che le porta a reagire a ogni stimolo senza prima pensare, poi dubitare e infine indagare. In un mondo pieno di ansia e solitudine, praticare lo scetticismo può aiutare nella scelta dell’isolamento, della scomparsa, della non visibilità, del ritiro (nel mio casa la mia baita e il mio bosco), della solitudine tranquilla e serena perché frutto di una scelta, anche quella di non frequentare spazi virtuali molto frequentati come i social.
Le domande dello scettico non sono quelle che in genere si pongono a Google Search (a proposito avete mai provato a fare la stessa domanda a Google Search e a DuckDuckgo?) o alla ChatGPT. Sono rivolte a sé stessi, sono motivate dalla sete di conoscenza e dalla ragione critica, dal desiderio di verità e dalla ricerca di criteri di verità per identificarne una, dal bisogno di superare l’ignoranza (non conoscenza) e di verificare teorie, rifuggendo ogni tipo di dogmatismo (oggi diffuso ad esempio nella forma di scientismo e antiscientismo).
Da scettico io accetto le tante pratiche sofisticate come quelle della scienza e della tecnologia. Sarebbe anacronistico e poco saggio non farlo. Poi però mi pongo continue domande, resisto alle sirene del conformismo e sono indifferente alle opinioni delle moltitudini che agiscono online, sempre sicure delle loro opinioni, certezze, conoscenze e incapaci di fermarsi un attimo, per porsi delle domande, per interrogarsi e dubitare, per mettersi alla ricerca, anche rivolgendosi a fonti alternative da quelle solitamente usate e con strumenti diversi.
PS: Sullo scetticismo i libri da leggere sono molti. Sarebbe meglio andare alle origini e leggere (non facile) i filosofi greci. In alternativa si può leggere il libro di Antonio Sgobba dal titolo: Sei scettico. Il libro ha ispirato questo post.