Molti effetti del riscaldamento del pianeta sono ormai guerre perse. Chi ha la mia età, forse potrebbe scamparsela, non sarà così per le nuove generazioni, destinate a pagare caro la non consapevolezza della complessità delle crisi sistemiche in atto, l’insipienza, e la stupidità di élite e moltitudini che hanno dimenticato che le risorse naturali non sono inesauribili ma vanno curate e accudite.
Una guerra persa è anche quella contro il bostrico, un simpatico animaletto (grande come un chicco di riso) che ha una funzione ecologica ma che dopo la tempesta Vaia del 2018 è diventato un killer delle nostre conifere (in realtà lo era già da tempo e in tutta Europa), anche a causa della scarsa cura dedicata ai boschi dopo la tempesta. Migliaia di piante lasciate marcire sono all’origine della pandemia di bostrico e della sua proliferazione.
Il bostrico non è una crisi casuale, è una metafora perfetta di quanto sta accadendo sulla terra, ci aiuta a riflettere sulle conseguenze di comportamenti umani dagli effetti che vengono da lontano e che richiederanno tempi lunghissimi per essere alleviati o eliminati.
Al bostrico oggi non c’è rimedio, non è sufficiente intervenire su una pianta morta a causa dell’insetto, se si taglia la pianta il bostrico migra su una vicina e riprende la sua voracifera attività (opera al di sotto della corteccia privando l’albero della sua linfa). Regioni e Stato sono assenti da sempre nella cura del territorio montano, se non per sfruttarlo, con nuovi impianti sciistici, consumo di suolo, centraline idroelettriche che stanno desertificando molti territori montani. Servirebbe l’intervento dei privati ma quanti sono coloro che hanno consapevolezza del problema o sono disponibili a intervenire in manutenzione e cura?
Come montanaro e fortunato proprietario di un grande bosco, anche io sto affrontando la pandemia di bostrico che sta uccidendo molti abeti, alcuni centenari. Il mio bosco è curato da sempre, è selvaggio, plurale, misto e irregolare, come dovrebbe essere in natura. Non è monospecifico ma ricco in varietà ed ecosistemi naturali (faggeti, boschi di betulle, di larici, di pini, ecc.). Nonostante questo ha bisogno di cura.
Manutenzione e cura costano fatica e lavoro, ma è ciò che ho fatto negli ultimi tre giorni, abbattendo piante malate e ripulendo la superficie del sottobosco.
Quando arriverà la neve ciò che è stato accumulato diventerà un grande falò! Unico modo per liberarsi dall'insetto!
Carlo Mazzucchelli
share
La crisi è quella climatica con i suoi devastanti effetti, sconosciuti ai più perché mai raccontati a sufficienza. Al cambiamento climatico sono ascrivibili la desertificazione della Sicilia, la crisi idrica del Rio delle Amazzoni, l’uragano Milton che sta colpendo gli Stati Uniti e ha fatto piangere il meteorologo John Morales, la pandemia di bostrico che sta devastando i boschi di abete rosso delle nostre Alpi, nel disinteresse di tutti o quasi.