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Sono giovane e nativo digitale! Il mondo 'is on my side'! [ 2]

Sono giovane e nativo digitale! Il mondo 'is on my side'! [ 2]

19 Agosto 2014 Carlo Mazzucchelli
Carlo Mazzucchelli
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Bisogna fare attenzione a demonizzare la tecnologia e i suoi prodotti. Il problema dei giovani non sono la tecnologia e i suoi effetti sulle persone, ma la solitudine, sperimentata per la prima volta anche in mondi paralleli, quelli della virtualità online e quello della attualità, tutti ugualmente reali. Prima parte di una riflession e sui nativi digitali per letture esitive rilassate e controcorrente.

Prima Parte - Terza parte

Tra i nativi digitali, non tutti soffrono di solitudine e non tutti traggono dall’uso del social networking effetti negativi. La dipendenza colpisce i più deboli, quelli che soli già si sentono nella loro esperienza di maturazione verso l’età adulta e sono meno pronti di altri ad affrontarne le conseguenze e le difficoltà. La rete, Internet e il social network diventano per loro una via di uscita e lo spazio nel quale rifugiarsi usando strumenti capaci di soddisfare i loro bisogni. Prima questi strumenti erano reperibili in spazi fisici e legami affettivi e relazionali forti, oggi nella società liquida ben descritta dal sociologo Zygmunt Bauman, i legami si sono liquefatti lasciando spazio al narcisismo individuale e alla commercializzazione dei sentimenti.

Le difficoltà che ne derivano spingono, soprattutto le nuove generazioni, a rivolgersi alla tecnologia per sentirsi meno trascurate, per attirare l’attenzione degli altri, per non sentirsi escluse o ignorate. Il social networking diventa allora passatempo, divertimento ma anche un modo di essere, di rispecchiarsi, di raccontarsi, di vivere socialmente e di stare bene. Di fronte al display di un computer stanno meglio di quanto non possano immaginare gli adulti che li circondano.

Nei loro mondi virtuali, sociali ma non necessariamente comunitari (su una comunità si può contare, su una rete sociale meno), costruiscono mondi paralleli, semanticamente e linguisticamente diversi, nei quali crescono percependo il mondo come copia di quello online, semplificato rispetto a quello complesso esterno e fatto di infinite opportunità di incontro ma di pochi legami veri e progettualità condivisa.

A differenza degli adulti, condizionati e ancorati ai loro schemi percettivi e alle loro abitudini, anche intellettive, i giovani si muovono nel mondo tecnologico con maggiore facilità e naturalezza. Parlano linguaggi nuovi e sfruttano le funzionalità e caratteristiche tecnologiche del mezzo per raccontarsi al meglio, costruire profili capaci di generare sufficiente autostima da poter affrontare l’universo sociale che abitano e conquistare spazi di protagonismo e creatività.

Lo spazio online e la rete sociale servono da via di fuga da altri spazi generatori di solitudine e alienazione giovanile come i centri commerciali. Questi spazi fisici finalizzati al marketing e al commercio generano un’infinità di bisogni per avere accesso alla mente e alle tasche delle nuove generazioni, molti dei quali rimangono insoddisfatti. La fuga dalla fisicità dei centri commerciali è anche fuga verso una virtualità che permette di realizzare sogni e di farlo in altre dimensioni e in compagnia di amici e conoscenti.

Nella realtà dei giovani i confini tra virtuale e reale sono evanescenti, quasi inesistenti. Sanno perfettamente che non conta nulla avere mille ‘Mipiace’ o ricevere centinaia di auguri di buon compleanno se poi, usciti dalla rete si scopre di essere di nuovo soli. Eppure in rete come nella realtà cercano cose concrete come gli affetti, le emozioni, l’intimità, lo scambio cognitivo di persona. Se non abbandonano lo schermo è perché non trovano alternative reali soddisfacenti, perché verificano che l’analfabetismo emotivo e relazionale degli adulti impedisce loro di comunicare e farsi ascoltare e perché infine si sentono indifesi e minacciati.

La solitudine dei giovani nei social network è una realtà che non può trovare risposte definitive abbandonandosi alla bellezza della tecnologia. Per battere la solitudine bisogna saper rinnovare lo sguardo, dargli nuova profondità e significato, richiamare l’attenzione distogliendola dal display del dispositivo, imparare a comunicare e dialogare e ristabilire una sana contiguità fisica fatta di emozioni, affetti, legami e di amore.

Bisogna fare attenzione a demonizzare la tecnologia e i suoi prodotti. Il problema dei giovani non è la tecnologia e i suoi effetti sulle persone, ma la solitudine, sperimentata per la prima volta anche in mondi paralleli, quelli della virtualità online e quello della attualità, tutti ugualmente reali. E’ una solitudine che nasce dalla società e dal vissuto quotidiano e dall’uso che facciamo della comunicazione come strumento di interazione e relazionale.

Il mezzo tecnologico offre strumenti sempre più potenti per comunicare ma il contenuto della comunicazione si è impoverito ed è diventato sempre più insignificante rispetto ai risultati. In assenza di risultati e di risposte i giovani si sentono più soli, più indifesi, scoprono la falsità delle amicizie online, la loro irrealtà e virtualità ma vi si attaccano come l’unica realtà esperienziale percorribile, generando nuova solitudine, e altrettanto malessere individuale e sociale.

Sul social network tutto finisce in bacheca ma a determinare significato, ruolo e visibilità di ogni contenuto o azione è la rete sociale a cui si appartiene. La bacheca serve per condividere messaggi e novità, per cercare momenti di visibilità e di celebrità ma si trasforma spesso in un viaggio solitario senza risposte. Come lanciare un messaggio in bottiglia (message in the bottle),  sperare nelle alte aree e nelle correnti del golfo.

La differenza è che messaggio, bottiglia e lancio stesso sono noti e pubblici prima ancora che il tutto accada. Chi assiste al lancio potrebbe rispondere immediatamente ma anche scegliere di stare a guardare per verificare cosa fanno gli altri o semplicemente per mantenere alta la propria autostima, a scapito di quella degli altri.

 

 


 

Prima Parte - Terza parte

Testo tratto dall'ebook "La solitudine del social networker" pubblcato nella collana Tehcnovisions di Delos Digital

 

 

 

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