Il comportamento nei confronti di Internet, dei nuovi media sociali e della tecnologia in genere è di fiducia cieca e di ottimismo. Ci si affida alla tecnologia come al migliore dei mondi possibili, certi della sua capacità di risolvere i problemi del mondo e di fornire miglioramenti continui. Ci si affida in modo cinico o semplicemente pragmatico agli esperti tecnologici così come in passato ci si affidava a streghe, fattucchiere, preti o consulenti psicologici.
In questo affidarsi c’è la rinuncia alla propria libertà in cambio della possibilità di soddisfare il proprio ego dando sfogo al narcisismo e alla rappresentazione del sé sulla Rete. E’ una cessione di libertà con cui ci si ritira dal mondo reale per immergersi in un uno o più mondi virtuali senza preoccuparsi che possano esistere per il futuro utili vie di fuga.
Tanto il futuro non esiste essendo annegato nell’eterno presente che ci fa sentire bene!
La tecnologia non va demonizzata, anzi va capita, guidata e difesa da sé stessa e dalla sua pretesa al dominio del mondo con conseguenti effetti negativi per la società umana e gli individui. Chi ama la tecnologia e le persone sa che il problema non sta nella prima o nelle seconde ma nella interazione e connessione tra le due. Se uno vuole abbandonare Facebook perché preoccupato per la privacy, può farlo quando vuole, cancellando il suo account e decidendo di non farvi più parte. Se si è alla ricerca della solitudine e di isolamento è sufficiente decidere di lasciare a casa il proprio dispositivo mobile e rendersi irreperibile ma soprattutto irraggiungibile. Non è obbligatorio cinguettare (Twitter), a volte basta coltivare il dialogo interno e farlo in condizioni e ambienti che lo rendano praticabile. Il rischio nasce quando queste scelte non sono fatte e ci si ritrova immersi nel mondo artificiale che la tecnologia ci sta costruendo intorno. La nostra interazione con la natura e le persone (natura umana) è costantemente mediata tecnologicamente. E’ una mediazione finalizzata a facilitare la vita e ridurne i rischi ma finisce con il generare nuovi rischi e relativi effetti collaterali.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Da questa relazione soggettiva stretta con la tecnologia ne deriva una dipendenza pericolosa perché opaca e non percepibile nella sua forza e pretesa di dominio. Sappiamo di vivere una relazione pericolosa ma continuiamo a viverla perché non possiamo farne a meno e proprio perché lo sappiamo. Ne deriva un comportamento schizofrenico fatto di molte frottole e menzogne che alimentiamo individualmente e sulle quali ricerchiamo il sostegno della rete e delle comunità a cui apparteniamo. La forza della realtà dei social network deriva dalla nostra consapevolezza che si tratta di mondi fittizi e artificiali e dal fatto che anche gli altri con cui interagiamo li riconoscano come tali. Per usare una storiella del filosofo Zizek non è sufficiente sapere di non essere un chicco di grano per smettere di sentirsi malato di mente, bisogna che anche la gallina lo sappia!
Facebook e i social network sono la perfetta metafora della postmodernità perché ne esprime la logica culturale fatta di colonizzazione delle menti e delle persone a favore di prodotti e merci ma anche di integrazione multiculturale (su Facebook non esistono confini, né fisici né culturali), del prevalere della superficialità (tutto alla distanza di un semplice click) sulla profondità e della sparizione della Storia e della sua narrazione. Con Facebook sparisce il bisogno di creare grandi narrazioni o di spiegare il mondo attraverso di esse. Tutto si fa narrazione e tutto diventa storia, anche la cronaca di tutti i giorni rappresentata dai frequenti cambi di stato sulle pagine personali.
Nella massificazione generale che ne deriva si perde la capacità individuale di scindere il reale dal virtuale, il vero dal falso e la realtà naturale da quella artificiale e si finisce per sottomettersi alle scelte, alle leggi e alle relazioni suggerite da una autorità non eletta ma percepita come legittimata a guidarci perché capace di offrirci spazi e mezzi per soddisfare i nostri bisogni e desideri (mai annullati del tutto in modo da reiterare il bisogno e nuovi desideri). La relazione che si instaura con la Rete e la tecnologia assomiglia a quella sadomasochista nella quale si trova piacere e nuova libido a diventare liberamente schiavi e sottomessi ad una entità percepita come dominante e più forte. In quest’ottica la libertà individuale trasgressiva non è più quella dell’abbandono e della rinuncia bensì quella della più totale sottomissione.
Lo stato di evoluzione attuale delle nuove tecnologie spiega bene i cambiamenti avvenuti nelle ultime generazioni, sempre più identificabili sulla base delle tecnologie con cui sono cresciute. Sono generazioni per le quali non sembrano esistere l’urgenza del dubbio e l’importanza della scelta. La strada che perseguono e che sembrano prediligere è quella unidirezionale (la visione delle autostrade informatiche di Microsoft diventate realtà) di una esistenza ostinatamente e totalmente tecnologica. E’ un percorso del quale non sembrano interamente coscienti perché la loro psicologia e mente sono già state abilmente plasmate dalla tecnologia che ha alterato la relazione tra l’individuo e il mondo in cui vive.
Molti rappresentanti delle nuove generazioni di nativi digitali si comportano come il protagonista di Arancia Meccanica dopo essere stato sedato, reso innocuo e pacifico con una cura adeguata di sedativi. Dall’essere violento, antagonista e creativo, Alex, diventa buono, pacifico, disposto ad aiutare la comunità ma anche noioso e probabilmente più infelice, pur non sapendo di esserlo. C’è da chiedersi se non sia meglio vivere una realtà più complicata nella quale non è obbligatorio sentirsi necessariamente bene o fare sempre la cosa giusta.
E’ una realtà che si può scegliere di vivere a patto di abbandonare l’unica ideologia rimasta e che va sotto il nome di TECNOLOGIA.