OLTREPASSARE COME STRUMENTO COGNITIVO

01 Novembre 2022 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli e Nausica Manzi Oltrepassare - Intrecci di parole tra etica e tecnologia è pubblicato nella collana Tecnovisions di Delos Digital 

OLTREPASSARE COME STRUMENTO COGNITIVO

 

 

“La mente non è un vaso da riempire

ma un fuoco da accendere

 perché s’infuochi il gusto della ricerca

e l’amore per la verità”.

Plutarco

 

“Essendo tutte le cose causate e causanti, aiutate e coadiuvanti, mediate e immediate, e tutte essendo legate da un vincolo naturale e insensibile che unisce le più lontane e le più disparate, ritengo sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere particolarmente le parti”.

(Pascal, Frammento n. 72, Pensieri)

 

Per primo pose l'Intelligenza al di sopra della materia. L'inizio del suo scritto - che è composto in stile piacevole- è il seguente "Tutte le cose erano insieme; poi venne l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine".

(Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, II, 6. a cura di Giovanni Reale. Milano, Bompiani, 2006, p. 151) 

 

La parola “mente” 

La riflessione che proponiamo in questo libro si radica sul linguaggio e sulle parole di cui esso è composto, parole che hanno bisogno di tornare a essere ascoltate, tradotte e interpretate, assaporate come una splendida sacher torte fino all’ultimo morso, perché capaci di favorire la comprensione e di mettere in moto il pensiero critico. Tornare a pensare, ad agire, a vivere la nostra società tecnologica consapevolmente e responsabilmente, a comprenderla quindi attraverso le parole che raccontano la mente e le sue interazioni con la realtà, è la missione del nostro progetto. 

Nei nostri giorni di rivoluzioni digitali e anestesia di sentimenti e identità profonde, tornare al linguaggio può attivare la riflessione etica riguardo i comportamenti e le scelte umane, e quella tecnologica sulla (tecno)consapevolezza di una società che si evolve e i cui strumenti avanzati necessitano di responsabilità e coscienza. Tra etica e tecnologia, il linguaggio si pone dunque come una fiamma che mai si consuma, capace di riaccendere continuamente i complessi meccanismi della mente.  

Se il cervello è l’organo più affascinante e impenetrabile dell’universo, la “mente” è uno straordinario contenitore, una comunità di elementi complessi, oltre a essere argomento filosofico da sempre. Società da riscoprire e riorganizzare, apparato scrittorio, sede di una ulteriorità che attrae e nel contempo fa paura, sinonimo di psiche (psyché), anima (latino ànemos), soffio (pneuma), respiro (inteso soprattutto come mezzo con cui interiorità ed esteriorità si toccano - si pensi alla dimensione dell’Oracolo di Delfi, o semplicemente all’importanza che esso riveste nel parlare, nello scandire parole e intervallare lunghi discorsi compresi i silenzi), spirito (latino spiritus), dunque la mente ha assunto nel tempo significati diversi, tutti utili a raccontare le sue caratteristiche psichiche, intellettive, ed emotive (Thymòs). 

Oggi, in un contesto che, in maniera dirompente (disruptive), evolve e avanza tecnologicamente, essa appare come il vaso di Pandora che racchiude angoli oscuri, elementi sconosciuti ma fondamentali, quindi ogni tipologia di mali, che, se liberati, possono affliggere l’intera umanità. A differenza del vaso mitologico, però, la “mente” non contiene mali nel senso che comunemente si attribuisce a questo termine: il cervello umano è costituito da elementi radicali e misteriosi ma che possono essere studiati e analizzati, processi cognitivi fondamentali all’intero sviluppo dell’essere umano, funzioni meravigliose e di una bellezza unica, però fragili, instabili e che, per l’appunto, contengono una dimensione oscura e “ulteriore” che attira ma spaventa. I “mali” attengono quindi alla sfera della fragilità, non della debolezza, di questi sistemi, ma lo stesso termine “male” è una parola da oltrepassare. 

Il male è ciò a cui manca o non appartiene il bene, suo contrario, suo opposto e, come sosteneva Hannah Arendt, banale, radicale ma non originario. Il male è una radice di bene a cui ricordare e riconsegnare la sua vera forma, il suo vero senso profondo e ulteriore. 

La mente, frutto di un immenso lavorio combinatorio tra geni e ambiente esterno, è il vaso di Pandora che riconsegna dimensione a un essere umano fragile e gli apre la strada a un Oltrepassare come strumento cognitivo con cui riscoprirsi essere “zoon politikon” e “zon logon echon”, animale sociale e essere dotato di linguaggio, e quindi  utile per pensare, per essere e agire e per tornare a usare consapevolmente e in maniera nuova il suo stesso linguaggio. 

Dai molteplici significati la parola “mente” denota il contenitore che racchiude le facoltà mentali, l’intelligenza, oppure l’attitudine o la coscienza di sé, o ancora può essere usato come sinonimo di volontà, idea, intenzione o di persona. In tutte le sue sfumature di significato, comunque essa rappresenta una ‘dimensione’ che ha in sé fragilità e potenzialità, un luogo oscuro ed enigmatico ma che ospita un in più, un Oltre necessario all’intera umanità per ripensarsi in ogni aspetto.  

Eppure, se approfondiamo tale termine oltrepassando il riduttivo seppur ricco significato che gli si attribuisce quotidianamente, mente è anche un suffisso che si unisce ad altre parole. Mente è quindi anche la parola che rappresenta uno strumento capace di creare legami, di raccontare il “Noi” che siamo. La mente dà vita a connessioni continue, lega idee, fonde parole e insieme persone che le pronunciano, unisce desideri e azioni, passato, presente e futuro. La mente è allora collante tra etica, tecnologia e linguaggio. 

Tale termine fa pensare però anche alla terza persona del verbo “mentire”, ovvero dare spiegazioni false, procedere per ragionamenti che sono invenzioni della mente, immaginazione che confonde la realtà. In questo senso la mente rappresenta dunque anche il luogo dove immaginazione e realtà si confondono, dove speranza e concretezza sono commisti, dove niente sembra apparire stabile perché soggetto al divenire e alla potente fragilità umana. Una fragilità che va considerata positivamente come spazio di rinascita creativa, come spinta a ricercare legami e a promuovere relazioni, come ricerca di aggregazioni e socialità, vera e propria energia “psichica” di un Io legato a un Noi. 

Nella mente vi sono legami d’esistenza, apparenze di realtà, bisogno di protezione e di azione responsabile, memorie del passato e zone di meraviglia oscura per un futuro da inventare. Oltrepassare diviene strumento cognitivo: la mente è sede dell’Oltre, all’interno di essa, a partire dalla parola stessa nella sua radice, dai significati molteplici, fino al suo ampliamento alla sfera che attiene all’azione etica e alla tecnologia. 

A partire da essa si inizia a incarnare l’Oltre come nuova modalità d’esistenza, in termini di pensieri e di azioni, come essere umano dotato di linguaggio e pensiero, come colui che è soggetto plurale sempre capace di iniziare e che, come sosteneva Hannah Arendt nel suo libro Vita activa, condivide con il Creatore la capacità di “cominciamento”: “È nella natura del cominciamento che qualcosa di nuovo possa iniziare senza che possiamo prevederlo in base ad accadimenti precedenti. Questo carattere di sorpresa iniziale è inerente a ogni cominciamento e a ogni origine. (…) Il nuovo si verifica sempre contro la tendenza prevalente delle leggi statistiche e della loro probabilità; che a tutti gli effetti pratici, quotidiani, corrisponde alla certezza; il nuovo quindi appare sempre alla stregua di un miracolo. Il fatto che l’uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l’inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità”. 

Ogni volta, oltrepassando ciò che è, l’essere umano diviene un “oltre uomo” (traduzione letteraria e più veritiera del famoso “superuomo” di Nietzsche). Essere un “oltre uomo” significa incarnare la prospettiva dell’Altrimenti e della consapevolezza di possedere ed essere un “di più” con il quale poter fare la differenza in ogni ambito. L’oltre uomo è colui che può tornare alla sua radice, reinquadrarsi e creare cominciando sempre qualcosa di nuovo, generando cambia-mento (trasformazione e apertura della mentalità) e facendosi primo respiro di una vita rinnovata. 

La nascita di Atena 

Nella mitologia greca, si racconta che il padre di tutti gli dei, Zeus, si unì alla dea Meti, dea della prudenza e della saggezza, ma un oracolo gli rivelò che il figlio che sarebbe nato l’avrebbe detronizzato: un dio potente avrebbe superato la grandezza di Zeus. Dunque, egli pensò di divorare Meti, ma purtroppo la dea era già incinta e non gli rimaneva che aspettare la nascita di quel bambino ritenuto così pericoloso. Un giorno, però, Zeus si alzò con un gran mal di testa: il padre di tutti gli dei che niente e nessuno poteva superare o sconfiggere, era improvvisamente devastato da un’emicrania che sembrava più forte di ogni suo potere divino. Il dio così chiamò Efesto, dio del fuoco, affinché con le sue armi, riflesso e commistione di terra e cielo, gli spaccasse la testa con un colpo d’ascia. Il cranio fu aperto e la mente illuminata del Dio profondamente divisa: una “ferita cognitiva” pervadeva Zeus, le cui azione e potenza sembravano in quel momento traballare a causa di quella mente "divisa" e annebbiata da un tremendo mal di testa.  

Improvvisamente, da quella “ferita cognitiva”, apertura di un contenitore di divina essenza immortale da cui, in quel momento di dolore e divisione, trapelava addirittura una fragilità umana, balzò fuori una giovane dea. Lei era Atena, guerriera, custode e danzatrice, sapiente e arguta, delicata ma irruente. La figlia di Zeus, nata dalla sua mente, anima spirituale e contenitore intellettivo, divenne la sua prediletta e la dea della sapienza, delle arti e della guerra, emblema di un pensiero sempre in marcia e di un’azione ben studiata e per questo saggia.  

Partendo quindi da tale mito e dalla metafora della “ferita cognitiva” dolore e divisione per cui avviene un oltrepassare di nascita e cambiamento, potremmo dire che Oltrepassare diviene lo strumento cognitivo che attiva il pensiero rendendolo “divinità” che combatte. Tale “pensiero divinità” è caratterizzato da tre saldi principi: contemplare, saggiare e usare la spada.  

Ma cosa è davvero il pensiero “divinità”? è proprio quello che nasce grazie alla pratica che proponiamo in questo libro: un pensiero combattivo e critico che si radica nel cranio e sfrutta l’eccezionale plasticità del cervello, quello che vive nelle sfumature e negli angoli oscuri della mente e che si fa “mal di testa” insistente, che “spezza” in due ogni essere umano. Esso “divide”, ferisce il cranio, perché si intrufola per scombussolare il certo e il già dato, per confondere ogni sicurezza e spezzare ogni pregiudizio. 

Il pensiero divinità rende ogni essere umano “disperato”, cioè diviso in due, dunque molteplice internamente e esternamente, perché costituito da una ulteriorità che attende solo di essere scoperta, illuminata, descritta e incarnata. 

Assumere o far nascere il “pensiero divinità” significa anche usare l’Oltrepassare come strumento intellettivo affinché, a partire dal linguaggio e dalla profondità delle singole parole, nella sua azione nel mondo, esso possa coniugare, in maniera consapevole e critica, etica e tecnologia. Il “pensiero divinità” significa infatti apprendere una mentalità “oltrepassante” che si fa “mal di testa” improvviso, forte e snervante sul cranio della contemporaneità, tanto da riuscire a spezzare ogni singolarità per aprirla alla bellezza della complessità di sé stessi e della realtà, per rileggere ogni ambito di vita con uno sguardo da attento e combattivo custode d’esistenza, sua carezza responsabile e potente perché fragile. 

Per questo, tale pensiero deve divenire la guida “oltrepassante” di ogni processo cognitivo, a partire dalla percezione all’apprendimento, alla concettualizzazione, alla rielaborazione e alla interiorizzazione, affinché l’umanità e la realtà possano cambiare rotta e trasformarsi. Il cambiamento della mentalità, l’avanzare responsabilmente unendo linguaggio, etica e tecnologia significa oggi apprendere la pratica dell’Oltrepassare attraverso l’uso di un costante pensiero “divinità”. 

Dunque, quali sono i principi chiave con cui un “pensiero divinità” nasce come Atena, spezzando il cranio delirante della nostra contemporaneità ed insegna, incarnandola, la modalità dell’Oltrepassare come pratica esistenziale?  

1)   Contemplare: tale verbo deriva etimologicamente dall’unione delle parole cum e templum, quindi potremmo tradurlo in questo modo “per mezzo dello spazio cielo”, indica insieme lo strumento e l’orizzonte. Il contemplare rappresenta dunque un momento in cui per mezzo di una sospensione (uno “sguardo al cielo” quindi altrove, al di là e oltre) si chiarisce il senso profondo di ciò che si sta vivendo, significato questo sempre trasformativo e generativo. La contemplazione è dunque una sospensione che conduce ad un rischiaramento. Il “pensiero divinità” che, come Atena “spacca” in due il cranio di una contemporaneità che guarda solo in un’unica direzione, alla deriva di sé stessa, è quello invece che fa di questa deriva un momento utile per sospendere, per schiacciare il pulsante off e spegnere le luci. Il “pensiero divinità” è ciò che rende la dimensione tecnologica un nuovo spazio per tornare a contemplare eticamente: Atena nascendo dal cervello di Zeus rappresenta sia la commistione tra dimensioni (mortale e immortale, potenza divina e limite umano, possibile e impossibile) sia l’immagine della nascita di un nuovo essere, ambiente di vita sempre attiva che nasce da un cervello per inglobarne e influenzarne un altro, mente dentro mente, un di più dentro le anime e intorno a esse, uno spazio che vuole rendersi azione (Atena che nasce combattendo) e nel contempo parola (Atena è la dea della sapienza), un mondo che è dotato di una nuova dimensione, quella tecnologica per l’appunto che si rapporta costantemente con l’etica e il linguaggio.  

2)   Saggiare: è un verbo centrale per scoprire l’in più che la nostra mente contiene, quella parte in ombra del cervello, quei meccanismi inconsapevoli eppure consci. Tale verbo significa infatti valutare approfonditamente, sondare attentamente, scandagliare i dettagli come un chimico che va alla radice di ogni procedimento o composizione di elementi diversi.  

Atena è infatti la dea della saggezza, caratteristica questa che è filosoficamente definita come la capacità di affrontare ogni situazione pratica per mezzo dello “sguardo sul profondo”: il “pensiero divinità” ha a che fare con questo tipo di dimensione. Il saggiare è quindi l’individuare un dettaglio e scendere in esso per catturarne la radice: saggiare è il modo con cui il pensiero divinità agisce e incide sulla realtà. Saggiare però significa anche mettersi in discussione e contemporaneamente suscitare dubbi e criticare costruttivamente ognuno di quei dettagli. Potremmo dire che, socraticamente, assumere l’atteggiamento del “saggiare” significa essere un continuo “pungolo” che stuzzica ogni essere umano e l’intera umanità, comprendendo dunque anche la dimensione tecnologica che avvolge la nostra dimensione umana. 

Saggiare significa dunque usare il pensiero come arma del profondo per criticare costruttivamente ogni elemento della società, umano ed insieme tecnologico. Saggiare è la caratteristica che rende il pensiero divinità capace di essere un guerriero che, come Atena dea anche dell’arte della guerra saggia, prima di intraprendere la sua battaglia contempla il dentro per l’esterno, conoscendo il suo sé e contemporaneamente il suo avversario, così da riuscire poi a valutare pericoli, limiti e potenzialità, frantumando ogni dettaglio con lo “sguardo del profondo” per farne materiale per forgiare la sua spada e incamminarsi verso la battaglia d’esistenza. 

3)   Usare la spada: la nascita di Atena, figura del “pensiero divinità” a cui conduce la pratica di cui parliamo in questo libro, rappresenta quindi anche l’apprendere a essere un guerriero-custode d’esistenza: il pensiero divinità che dispera, scombussola e crea un nuovo ordine, introduce infatti ogni soggetto all’“arte della spada” che deriva strettamente dalle caratteristiche precedenti, quelle del contemplare e del saggiare. Qual è dunque questa spada, alla cui arte e conoscenza il pensiero divinità sa condurre ogni essere umano e l’intera realtà? Tale spada rappresenta l’intelletto, il suo senso molteplice e complesso e la sua potenza che invade ogni elemento del reale. Esso è l’arma per districarsi nel mondo e trasformare tutti gli ambiti del reale e anche lama rilucente su cui si riflettono tutte quelle “dimensioni d’esistenza” che si scontrano nella nostra contemporaneità: nella spada-intelletto convivono infatti mondo fisico e mondo spirituale, biologia e psicologia, etica e tecnologia, relazioni e distanze, umano e digitale. 

Cosa significa però questo?  

Se ci soffermiamo a riflettere sui riti di investitura del cavalierato, nel triplice tocco che la spada effettua passando per le spalle fin sopra alla testa del soggetto al suo cospetto, movimento che racchiude in sé realtà, magia e spiritualità, emerge un interessante particolare su cui focalizzare l’attenzione: la spada con la sua lama appuntita abbraccia e, nello stesso momento, minaccia il soggetto. 

L’intelletto dievnta spada che protegge ma che è anche capace di “uccidere”, è arma che sa penetrare in un ordine stabilito per “ferirlo”, spezzarlo in due come la nascita di Atena rompe il cranio di Zeus. è interessante notare che questo “ferire” avviene sempre però per ripristinare un nuovo ordine, far emergere una nuova luce, dar voce all’oltre di senso soffocato dentro ogni anima dimentica di se stessa. Da intus-legere (leggere nel profondo, catturare dentro) e dal termine greco nous (potenza che organizza il caos, che dà senso, comprensione), l’intelletto è quindi la spada del pensiero divinità che, trafiggendo, contemplando e saggiando, combatte la rivoluzione esistenziale della mentalità. L’intelletto è ciò che aristotelicamente riesce a catturare la sostanza, ovvero l’essenza, la verità, l’oltre di senso contenuto nella profondità di tutto ciò che esiste.  

La spada è intelletto, nous potente, che ha origine a partire dalle mani. Per il filosofo Anassagora l’intelligenza umana risiede nelle mani, strumenti che hanno permesso all’uomo di crescere cognitivamente attraverso l’esperienza, la memoria, il linguaggio, il sapere e la tecnica. Le mani conducono all’azione ciò che, nella mente spezzata in due dalla nascita e dallo svilupparsi del pensiero divinità, inizia a brillare e prender forma. 

L’intelletto è spada, la cui arte si apprende quindi esclusivamente passando prima di tutto per la contemplazione del mondo apparente del proprio avversario (l’Altro che ci è innanzi e che reclama attenzione e responsabilità) che si dà sotto forma di parole di un linguaggio da indagare, analizzare e dunque saggiare per estrapolarne la radice originaria , veicolo poi di ogni comportamento da compiere. Linguaggio ed etica si toccano nel contemplare e nel saggiare e conducono così all’ apprendimento dell’arte della spada, ovvero al saper leggere dentro sé stessi tramite gli altri, ritrovarsi quindi nello specchio dello sguardo altrui, sguardo di carne, interiore, anima ed insieme sguardo esteriore, specchio digitale, tecnologia che ci abbraccia e trasforma e sui cui riflessi si confondono luci che riattivano il pensiero e respiri che fanno rinascere una nuova umanità.  

Quindi il contemplare, il saggiare e l’arte della spada sono le caratteristiche del pensiero divinità, quello da incarnare per apprendere una mentalità oltrepassante, che fa della pratica dell’Oltrepassare uno strumento cognitivo per ripristinare il database della propria mente, per dare nuova forma al proprio cervello, spezzandolo in due, confondendolo, trasformandolo attraverso linguaggio, etica e tecnologia. 

Dimensioni e metaverso 

Molteplici dimensioni si intrecciano nel pensiero divinità e nelle  caratteristiche (contemplare, saggiare e l’arte della spada) con cui esso si dà alla nostra realtà per essere appreso e incarnato poi da ogni individuo, affinché questi diventi esistenza rinnovata, capace di divenire strumento di quella pratica dell’ “Oltrepassare” che recupera la radice di senso e muta ogni ambito della stessa realtà, a partire dall’interno per l’esterno, fondendo anima e comunità, linguaggio, etica e dunque tecnologia. La dimensione interiore si incontra con quella esteriore, una realtà umana fatta di pensieri e di passi si confonde con quell’intreccio di fili di apparecchi elettronici, porta di ingresso di un metaverso.  

L’arte della spada, caratteristica peculiare del pensiero divinità, del resto, contiene in sé sia il contemplare sia il saggiare, ma se torniamo a pensare ai rituali cavallereschi e ci focalizziamo sul movimento della spada che abbraccia e minaccia, essa racchiude in sé le molteplici dimensioni in cui è immersa la nostra realtà: quella propriamente umana, quindi quella del comportamento e dell’azione umana (etica), quella psicologica e linguistica (stato interiore e parole che ne sono radici e testimoni) e quella tecnologica lama della spada che si rende specchio della vita del cavaliere al suo cospetto).  

La nostra mente, intelletto in azione come pensiero divinità, contenitore di un Oltre trasformatore e rinnovatore d’esistenza, è quindi sede di incontro di tutte le dimensioni che avvolgono la nostra realtà e umanità comprese quelle dimensioni ulteriori che possono trasformare ogni cosa. Il nostro intelletto è quindi l’incubatrice della nascita al mondo di una nuova dimensione che ne racchiude tante altre, psicologica, etica, linguistica e tecnologica: un metaverso costituisce già ogni individuo, indice di un Oltrepassare che è quindi già una pratica in azione dentro di noi e fuori di noi ma che attende solo di essere fatta emergere, scoperta, illuminata incarnata consapevolmente e in modo rivoluzionario. 

Il metaverso di cui si sente parlare oggi rappresenta un incrocio e una commistione di dimensioni, spazio confuso e pericoloso che necessita di ricordare quella ulteriorità, quell’Oltre di cui parliamo in maniera così ampia in questo libro: spazio ulteriore di senso che contiene ed è radice di ogni dimensione. 

L’Oltrepassare è dunque la mentalità con cui il pensiero divinità deve pensare e vivere nel futuro, creando dunque proprio quel metaverso di cui si sente ora parlare, una dimensione che si focalizza su un Oltre che deve ripristinare l’unione di pensiero e azione. A livello cognitivo quindi, Oltrepassare diviene uno strumento necessario per vivere criticamente e farsi insieme costruttori di un mondo “metaverso”, “verso l’Oltre”, in un triplice modo che ritroviamo nel termine stesso: 

1)   Linguistico: il termine metaverso etimologicamente ha a che fare con i significati di mutamento, trasformazione, dirigersi oltre. Oltrepassare è dunque lo strumento cognitivo che crea e vive il metaverso innanzitutto come nuovo linguaggio, o meglio, come un nuovo modo di approcciarsi alle parole per riscoprirle, farle risuonare nella loro essenza profonda e scuoterle da un uso strumentale e unidirezionale che le vuole soffocare, mutare, perdere. Oltrepassare è il metaverso del linguaggio: inverte l’uso e il senso delle parole nella direzione del loro senso originario, radicale e assolutamente generativo, pratica e strumento che inverte il senso, rivoluzionandolo, per dirigerlo ad un Oltre che è verità da riscoprire e far risuonare. Oltrepassare è il metaverso che custodisce la preziosità delle parole, ovvero le rende sentinelle di una dimensione ulteriore e nuova che deve ripensare e trasformare l’intera esistenza nell’incontro con l’oltre da recuperare nei volti umani e nel suono delle loro parole esplicite o silenziose.   

2)   Etico: il termine metaverso nel significato di “andare oltre, dirigersi al di là” sottintende quindi l’importanza di compiere un’azione consapevole e che possa contenere in sé un costante controllo e una attenta responsabilità. Oltrepassare come strumento cognitivo quindi crea sia pensiero che azione pratica poiché costruisce  una dimensione attiva che deriva da un contemplare, un saggiare, da un pensiero divinità pertanto capace di usare pienamente l’arte del proprio intelletto, dimensione ulteriore e dinamica che conduce continuamente al di là di ciò che è considerato normale, al di là del conformismo dilagante o della categorizzazione estenuante, oltre le parole, oltre il “ si è sempre fatto così” o “il si deve fare così” per rendersi strumento di innovazione, trasformazione e bellezza, da usare con meraviglia, ovvero criticamente, ponendosi domande ma assaporandole con stupore d’esistenza. Tutte queste sono azioni che fanno così riscoprire l’originaria radice e mettono in marcia per raggiungere una meta di rinnovamento cognitivo, psicologico, linguistico ed etico. Metaverso: dirigersi e agire verso un Oltre di parole che intrecciandosi creano e diffondono quel necessario stupore creativo, coraggioso, responsabile e fragilmente dirompente. 

3)   Tecnologico: metaverso è principalmente un’ennesima ed enorme conquista tecnologica. La dimensione tecnologica si amplia e si dirige verso un’Oltre d’esistenza già presente intorno a tutti i singoli ambiti del reale, ma che reclama qualcuno che se ne prenda la responsabilità critica e la cura costante di dargli forma e voce. Nel metaverso quindi si racchiude il potere, anche la fragilità della tecnologia: essa infatti senza una forte etica al suo fianco non riuscirebbe ad avanzare, perderebbe il controllo e potrebbe anche “dar fuoco” all’intera umanità. Senza il “bagaglio” inesauribile di un linguaggio da riscoprire e da cui pescare ogni volta fondamenta nuove con cui ripristinare la propria radice umana, la tecnologia non riuscirebbe a mostrare la sua parte razionale e critica. Attraverso il linguaggio e l’etica, la tecnologia diviene quindi sveglia dell’idea di un possibile in cui dorme un Oltre di senso, radicale e trasformativo: il metaverso è cognitivamente la scatola di un’umanità di sangue e ossa e insieme di carne digitale, che contiene un Oltre impossibile ma che può divenire possibile, realtà nuova che muta rigenerando, rinforza criticando, sconvolge dando un nuovo ordine, accarezza “schiaffeggiando” l’intera contemporaneità della realtà umana attuale. 

Oltrepassare come strumento cognitivo rende ogni essere umano consapevole che la sua stessa vita, nella sua radice originaria, un insieme di linguaggio, etica e tecnologia, è un intreccio di dimensioni fatte di vene e di fili, di luci sempre accese e di biologia, di volti di carne e di sguardi digitali, e quindi un metaverso, un dirigersi continuamente oltre queste stesse dimensioni, superandole, mettendole in discussione, utilizzandole come trampolini di lancio o megafoni per far sentire la voce dell’oltre, unico elemento che può ricostruire in maniera compiuta la molteplice e insieme unica dimensione umana, metaverso inconsapevole, scatola di un’idea possibile dove dorme l’impossibile.  

Oltrevox

Questo neologismo impossibile è sinonimo di Oltre, di quella dimensione ulteriore di senso e radice a cui, in questo libro proviamo a dar voce descrivendo e trasmettendo la pratica dell’Oltrepassare.

Dentro ogni individuo abita un metaverso, un universo illimitato e tutto da scoprire, e per tale ragione, ognuno è costituito da un “in più” cognitivo e che fonde in sé anche la dimensione linguistica, etica e quindi tecnologica: il pensiero divinità, Atena che contempla, saggia e combatte con la spada dell’intelletto, è dentro ogni anima e rappresenta una ulteriorità da riscoprire e che si dà come scatola inesauribile e custode di un impossibile però realizzabile.

Questa dimensione impossibile ma possibile conduce a riflettere sulle modalità con cui si sviluppa il linguaggio dalla nascita e a quali problemi si incorre scontrandosi con questa dimensione e aprendosi al mondo della comunicazione, della conoscenza, della relazione e quindi del rapporto anche con la sfera tecnologica. Come fanno dunque quelle dimensioni etiche, tecnologiche, psicologiche, linguistiche a incrociarsi e ad additare un oltre verso cui devono dirigersi per ripensarsi, per tornare ad essere?

Il linguaggio nasce e si sviluppa tramite la relazione con l’ambiente, con le interazioni sociali, prendendo avvio da elementi sonori consapevoli e non, che sembrano richiamare suoni originari, primitivi, mistici e quasi divini, al confine tra realtà e sogno, esistente e inesistente, istinti di sopravvivenza e gridi d’esistenza. In origine il linguaggio ha un rapporto più stretto con quella radice di senso che, con l’impatto con la società e il suo trambusto, continuamente si perde, si muta, si altera, si annulla.

Il linguaggio quindi si pone subito in rapporto con la dimensione psicologica e comportamentale, quindi etica. Si pensi, dunque, ai casi di disabilità linguistica, ai disturbi specifici dell’apprendimento a livello scolastico: nell’individuo preso in considerazione ci sono limiti ma soprattutto potenzialità ancora taciute, un “in più” che può trasformare ciò che tutti ritengono essere la normalità, una ulteriorità ancora attaccata alla sua radice di senso e che, il più delle volte, scuote le certezze di quel mondo giusto e “normale” che tende a non comprenderlo.

In particolare, le disabilità del linguaggio possono riguardare la sua comprensione, il suo trasferimento a livello comunicativo, la produzione scritta o orale quindi, e anche le modalità con cui emettere parole fatte di lettere e suoni, fino ad arrivare a ulteriori complicanze, ma ciò su cui è necessario focalizzare l’attenzione è come la mente abbia già in sé quel pensiero divinità a cui si accennava prima: ognuno dentro di sé è un’ “Atena” che contempla, saggia ed usa la spada del suo intelletto, prima di tutto attraverso la scoperta e l’uso del suo linguaggio, dove risiede l’Oltre per imbattersi nel cammino esistenziale tra etica e tecnologia. I deficit linguistici rendono palese questo Oltre, ovvero la dimensione inesauribile ed ulteriore di cui è composto il cervello umano: l’Oltre è ciò che costituisce e ciò che trasforma e crea. Gli individui con un deficit linguistico testimoniano e ricordano a tutti quella dimensione profonda che costituisce le menti e le anime umane e che deve tornare a essere radice per rigenerare ogni singola dimensione della realtà, linguistica, etica, tecnologica, psicologica.

Per tale ragione, la pratica dell’Oltrepassare come strumento cognitivo diviene base necessaria per la costituzione di un nuovo vocabolario di parole da recuperare o riscoprire, parole che dicono dell’etica e della tecnologia, parole che sono la strada per giungere a quell’impossibile possibile, a quel metaverso già esistente sia dentro la realtà intera che nelle singole anime umane, ed attivarlo e/o riattivarlo.

Un vocabolario che sia un elenco di parole oltrepassate (esattamente come quelle che abbiamo ricevuto da molti, le cui “voci” si sono unite a quelle dei due autori di questo libro) ovvero indagate e approfondite nella loro ulteriorità, superando significati consueti e unidirezionali, ma per far decantare l’Oltre che contengono, che serve a far emergere e rileggere la mentalità contemporanea anche da un  punto di vista etico e tecnologico per le motivazioni esposte finora in questo capitolo.

Oltrevox è un dizionario di parole oltrepassate, quegli stessi termini che compongono la realtà per reimparare a leggerla, a catturane la profondità e anche strumento cognitivo personale e collettivo utile per ideare laboratori creativi che, in contesti educativi, possono fare di un deficit linguistico una risorsa di novità e di rivoluzione radicale.

Oltrepassare come strumento cognitivo diviene quindi vocabolario rivoluzionario di un’esistenza che ha bisogno di ripartire dai suoi limiti per comprendere il suo “in più” di potenzialità ancora inespresse. Vocabolario, oltre le parole, oltre vox, voce di una profondità ulteriore da trasmettere, potenziare, e con cui continuare ad oltrepassare insieme l’intera realtà.  

Parole tra stelle e pancakes 

In ultima istanza, per chiarire ancora meglio come Oltrepassare sia davvero uno strumento cognitivo rivoluzionario che apre alla scoperta del metaverso che ogni individuo umano è nei suoi limiti e potenzialità, riportiamo un piccolo episodio personale di cui è stata protagonista Nausica. 

Da anni, ho modo di relazionarmi spesso con un adolescente speciale: egli ha la sindrome di Asperger, una disabilità che rientra nei disturbi dello spettro autistico e che coinvolge soprattutto l’aspetto relazionale e comunicativo. 

I soggetti asperger hanno abitudini consolidate che vanno rispettate a menadito altrimenti possono presentarsi da parte loro atteggiamenti alle volte molto aggressivi e violenti, inoltre essi hanno una conoscenza della lingua al di sopra di quella considerata normale per la loro età. Solitamente, i soggetti Asperger si appassionano a tematiche che diventano lo sfondo delle loro esistenze, il ritmo dei loro passi e il rifugio della loro vita speciale e spesso ingiustamente incompresa. In questo caso il ragazzo di cui parlo è un grande appassionato di astronomia e adora i pancake con marmellata di mirtilli da preparare, rigorosamente, ogni mattina per colazione. 

C’è però da sottolineare un aspetto: i soggetti con sindrome di Asperger non sanno comunicare le loro emozioni, non riescono a guardarti negli occhi, perché non sanno guardare, non si avvicinano rifiutando ogni contatto perché non sanno farlo. In essi però (come in tutti i soggetti con una disabilità) c’è un in “in più” meraviglioso fatto di un enorme desiderio d’amore, di una voglia di vivere con cui sanno "richiamarti all’ordine”, di una incredibile forza da “maestri della fragilità” e di una continua ricerca di se stessi, cifra dell’Oltrepassare come vita incarnata. 

Un giorno, ero in cucina e preparavo gli amati pancake del ragazzo con sindrome di Asperger di cui parlo, nel mentre lui discuteva approfonditamente su di alcune costellazioni e i vari intrecci spaziali: le sue parole erano perfettamente scandite, ricercate e chiare. All’improvviso ricordo però che calò il silenzio: l’adolescente mi si avvicinò e guardando i suoi pancake pronti disse “E se un giorno si scoprisse che la parola stelle significa anche pancake? che bello andare a spasso nell’oltre dell’universo”. 

La sua mente oltrepassante, contenitore di un pensiero divinità, un in più che genera e mette in azione, fa sperare che la pratica di Oltrepassare possa farsi voce di questo suo sogno e realizzarlo per “andare a spasso” nell’Oltre del mondo come uomini oltrepassanti tra linguaggio, etica e tecnologia e mutare finalmente questa contemporanea mentalità e società alla deriva. 

Oltrepassare dunque tra stelle e pancake!

 cop oltrepassare

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