OLTREPASSARE: UN FUTURO POSSIBILE PER L’EUROPA

01 Novembre 2022 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli e Nausica Manzi Oltrepassare - Intrecci di parole tra etica e tecnologia è pubblicato nella collana Tecnovisions di Delos Digital 

OLTREPASSARE: UN FUTURO POSSIBILE PER L’EUROPA 

 

"Rendere possibile domani quello che

 oggi è, o sembra, impossibile"

-       Philippe Van Parijs, La trappola di Hayek e il destino dell'Europa

 

“Si tratta di un orientamento pressoché spaziale del soggetto, che interpreta il mondo e vi entra, vi si dispone

grazie alle coordinate in suo possesso”

Charles Taylor, Le trasformazioni della soggettività 

 

Chiave della porta Futuro 

La crisi sanitaria che sta accompagnando l’epidemia da Coronavirus ha messo a nudo l’Europa, evidenziando quanto importante sia la sopravvivenza. È una crisi che contiene in sé altre crisi di natura, economica, culturale, sociale, migratoria e (geo)politica. In Europa ha fatto sanguinare vecchie ferite mai guarite, drammatizzato nodi irrisolti e aperto innumerevoli fronti di nuove competizioni nazionali che confermano l’inesistenza di un’unica Europa e la coesistenza di tante Europe diverse, tra loro irriducibili. Dentro questa crisi l’Europa si ritrova a un bivio, diventare ciò che idealmente ha sempre raccontato di voler diventare o dissolversi. 

Tenendo sempre presente che l’Europa non sarà mai uno stato nel senso di “Stati Uniti” ma una comunanza di popoli e stati vicini, fatti di diversità che amano il loro territorio delimitato da confini senza più presidi doganali, il loro paesaggio e le loro tradizioni. L’Europa si trova oggi in una situazione complessa e di grande fragilità, è fonte di grandi frustrazioni per la mai raggiunta integrazione anche se i progressi fatti sono stati innumerevoli, perché per essere tale, l’Europa, necessità di tutte quelle diversità che la compongono: in essa tutti hanno bisogno gli uni degli altri, anche senza necessariamente volersi bene. In questa situazione l’Europa è un vaso di coccio dentro un contesto geopolitico nel quale Stati Uniti, Russia, India e Cina si stanno accapparando il mondo. Una situazione che rende urgente la riscoperta dei valori, dei principi, delle radici, forse anche degli ideali europei. Su di essi tutti sono chiamati a prendere posizione pensandosi come cittadini europei. Nel farlo è necessario anche superare, oltrepassare le tante parole che, riferite all’Europa, non pensate, non amate nella loro complessità e fecondità rigenerante, non corrispondono più alla realtà del presente e per questo creano in molti grande malessere e disorientamento. 

Perché dunque andare oltre, Oltrepassare può diventare una mentalità utile a ripensare e a creare anche questa stessa Europa dilaniata, confusa e che non ricorda più la sua identità e capacità di azione? 

In questo capitolo affrontiamo la tematica dell’Europa, del suo senso, del suo esserci e non esserci, della dimensione politica ma soprattutto sociale che la fa essere, perché in essa emerge in maniera maggiore l’esigenza di ripartire dalle parole per ripensare l’etica e il rapporto con la tecnologia, che tanta parte gioca nelle democrazie occidentali e in particolare europee.  Non soltanto in termini di difesa della privatezza dei dati, di protezione delle informazioni personali dei consumatori, dei cittadini europei e della concorrenza ma anche di argine alla prepotenza di poche società tecnologiche che con le loro tecnologie hanno preso il comando del mondo imponendo modelli di business e visioni privatistiche fondate sull’”accompagnamento algoritmico” della vita di ognuno. L’Europa è il presente nel quale ogni giorno prende forma un futuro in cui cresce l’esigenza di tornare a usare criticamente un pensiero da troppo tempo semplificato, assopito.  Un uso critico a partire dalle singole parole, applicato a uno sviluppo tecnologico che facilita l’esistenza di ciascuno ma produce effetti collaterali mai sufficientemente compresi e analizzati, e infine rivolto alla riscoperta di un’etica che possa prendere in mano il timone dell’esistenza guidandola, attraverso le tempeste del tempo presente, alla rinascita di sé stessa.  

Dentro questo scenario l’Europa è la patria del cambiamento e nel contempo della crisi. È il teatro dove il linguaggio si fa tramite di valori da recuperare e di dimensioni da scoprire e riscoprire. È lo spazio geopolitico dove gli attori, esseri umani in balia di un folle copione sempre imprevedibile, devono ritrovare ciò che li sprona a essere e quindi a agire. Andando oltre le maschere del tempo e le tende del teatro-realtà per tornare all’essenza di quell’Oltre che trasforma il presente e apre la porta al futuro. 

La chiave per aprire questa porta si chiama Oltrepassare: “[...] una capacità umana che implica la richiesta di divenire capaci di scelta, di accrescere la propria consapevolezza e autonomia rispetto, in vario modo, a ignoranza o pregiudizio[1]

La pratica che proponiamo in questo libro è dunque necessaria per divenire costruttori del futuro, in maniera responsabile, aperta alla molteplicità e al suo tecnologico divenire, capace di farsi prima scintilla di un’azione rinnovata, “quel fare che muove dall’interno” parafrasando Aldo Capitini. Oltrepassare come pratica e mentalità è quindi il requisito di accesso, la chiave che spalanca la porta futuro perché strumento sociale e politico, approccio cognitivo e luogo di incontro tra umano e digitale. 

Etimologicamente la parola chiave con i suoi numerosi significati racchiude in sé tutte le caratteristiche dell’Oltrepassare, infatti innanzitutto essa rappresenta: 

●      un elemento da (ri)conoscere per risolvere affari misteriosi e complicati, definibile anche come uno strumento interpretativo a livello linguistico;

●      nel gioco degli scacchi, inoltre, la parola chiave indica la prima mossa che dà avvio alla risoluzione del gioco. Chiave è un’azione dunque che, con il suo “darsi etico”, comportamentale e valoriale, scombussola ma ripristina;

●      a livello tecnologico invece essa sta anche a significare il codice di riconoscimento che consente l’autenticazione, ricerca di autenticità e controllo degli accessi a siti Web, Blog, piattaforme digitali private e applicazioni software. 

Chiave riunisce in sé linguaggio, etica e tecnologia. Il termine è sinonimo di Oltrepassare. Per aprire una porta, per entrare in un’altra stanza, bisogna oltrepassare, andare al di là, muoversi da un certo a un incerto, esporsi al pericolo, alla trappola o alla speranza, alla realizzazione. Oltrepassare è spalancare la porta del presente e rendersi protagonisti attivi di quel vento nuovo che arriva a invadere le nostra “solita stanza”, sia essa solitaria o comunitaria. Non dovremo lasciarci vincere dall’impeto di questo nuovo vento, ma farne alleato con cui Oltrepassare per costruire il futuro. 

Dunque l’Europa cosa c’entra con tutto ciò? 

L’Europa è proprio quel vento di un passato che si fa presente sognante il futuro, brezza che corre tra le nazioni di cui è costituita e che invade le anime di coloro che la abitano. Un vento dal nome Euro, evocativo e rivoluzionario, che nel tempo presente sembra però aver perso di vista la sua meta e la sua origine e aver bisogno di una nuova vita oltrepassante come testimone e custode. 

Tale vento ha bisogno di una vita coraggiosa che sia capace di “farsene portatrice”, di racchiuderlo nel vaso di Pandora delle menti e delle anime, ridonandogli voce attraverso un linguaggio fondato sull’Oltre, riconsegnandogli il modo giusto di agire e di usare il suo tecnologico trasformarsi, in un futuro fatto di comunità di sguardi, meravigliosamente commisti di carne umana e carne digitale. 

Euro

Come ogni mattino, all’aurora, Euro (in greco antico: Ερος, il Vulturno[2] dei romani), avvolto nel suo mantello, corre tra le nazioni di cui è da sempre visitatore e custode. Vento umido, proveniente da Est, dalla irrefrenabile variabilità, a volte tempestoso e a volte asciutto, Euro porta di tanto in tanto precipitazioni qui e là, più o meno intense e oggi metaforicamente declinabili nella forma di crisi economiche, sociali, disastri ambientali, crolli demografici, assenze di lavoro. Euro avvolge tutti di un’ampia nebbia fitta che rende ognuno più distante, più incerto nei suoi passi, rendendo tutto più confuso, difficile e pericoloso.

La nebbia che Euro porta con sé però a volte viene perforata da alcuni temerari raggi del sole che provano, con il loro calore, a diradarla. Raggi combattivi che non riescono però completamente a portare a termine la loro missione, perché lei, nebbia fitta e tremenda, pur abbassando a volte la propria intensità, rimane sempre lì presente, costante. È nel contempo protezione e trappola, ostacolo e punto di visione per gli occhi stanchi delle nazioni che Euro custodisce.

Euro, nella sua opacità d’esistenza, sembra custodire quindi sguardi diversi, dalle mille esigenze, che sono profondamente lontani e divisi tra di loro e che non sanno più guardare, perchè “annebbiati” all’esterno e all’interno, da quello stesso vento che, in alcuni momenti sembra scuoterli e farli tornare a respirare,e che in altri si manifesta in una impetuosità pronta a soffocare la loro luce e ogni loro capacità.

Riflettendo sulla incerta etimologia del termine Euro e provando ad oltrepassarne i significati, si finisce per imbattersi nell’immagine dell’Europa di oggi: sguardi incomparabili di società occidentali a sé stanti, profondamente divise, non comunità ma espressione di individualismo, nazioni che non sanno più guardare oltre e ulteriormente, perché annebbiate da un impetuoso “vento esterno”, da una politica incomprensibile e da una dimensione tecnologica che le sta trasformando, mutando inesorabilmente. Vento tremendo che, inaspettatamente, però forse intimamente costituisce quella bellezza intrinseca, nascosta e profonda, uno spazio interiore da tornare ad additare alle società europee invitandole a ricordare le loro anime, non solo culturali e ideali.

Ecco dunque l’immagine contemporanea dell’Europa: comunità di precipitazioni temporalesche di sguardi di nazioni divise e incomparabili che, nella nebbia avvolgente, hanno perso le loro radice. Territori non solamente geografici la cui realtà è ben diversa dalle mappe che li rappresentano, abitati da tante coscienze inquiete: intelligenti, ma che si perdono nell’usare il loro sapere per il potere e quindi che finiscono per imporsi con la violenza; libere ma in maniera sregolata e dimentica del senso vero di libertà e degli sforzi fatti per conquistarla.

Il futuro allora quale sarà? Come si potrà far cambiare direzione a questo vento? Dove soffierà Euro nel terzo millennio? Come si potrà diradare la nebbia che lo accompagna e accogliere una primavera d’essenza, per tornare a vedere il sole tra queste precipitazioni agitate di individualismi ritrovando calore nella luce e in questa luce recuperare il vero essere, l’essenza radicale di questi sguardi di società incomparabili e perse? 

Il volto del futuro

Bisogna guardare e definire le cose altrimenti, parlare e incarnare un Oltre esistente e che necessita soltanto di venir fuori in ogni ambito del reale, da quello più intimo, a quello sociale, economico e (geo)politico. Oltrepassare è quindi anche la modalità d’esistenza da incarnare per edificare il futuro e reinventare il senso stesso della nostra Europa, tra etica, linguaggio e tecnologia.

Per fare tutto questo, l’Europa dovrà divenire una carezza. Euro, quel vento umido portatore di precipitazioni tecnologiche, sociali, economiche e politiche e di agitazioni nel mare delle anime dei singoli, dovrà trasformarsi in una brezza delicata dotata della capacità di avvicinarsi senza pretese e, nel contempo, di lasciare una netta impronta di sé. Pur senza farsi sentire, arrivando dentro e cambiando, in e per ciascuno, sia lo stato esterno, ovvero la società in cui si vive, sia quello interno, inteso come personale stato d’animo, come modo di rileggere la società dentro sé stessi. Euro dovrà divenire un venticello silenzioso ma rumoroso, nel suo parlare nel linguaggio d’Oltre di coscienze che si vedono riflesse tra carne umana e carne digitale: una carezza d’esistenza.

L’Europa, comunità di egoismi incomparabili, caratterizzata da un disordine generato da crisi di ogni tipo e, ultimamente, anche da un virus che fa vacillare pesantemente le sue fondamenta, per salvarsi, rigenerarsi e camminare nel futuro, dovrà incarnare come modalità di esistenza sia nella pratica che nel pensiero, quella di una carezza. La carezza che non ha trovato alcuna possibilità di esprimersi nella crisi dei migranti ai confini tra la Polonia e la Bielorussia.

L’Unione Europea futura è un unico volto pieno di ferite, alcune profonde e dalle quali fuoriesce ancora del sangue, altre superficiali e rimarginate, ma il cui bruciore si fa sentire forte. Un volto che è composto da mille espressioni, da quei mille sguardi divisi e incomparabili di nazioni in continua ricerca delle proprie radici smarrite. Sguardi molteplici che, in quello stesso volto, si racchiudono in due occhi vitrei, lucidi, la cui essenza è composta da lacrime trattenute e da sorrisi che invece vorrebbero esplodere. Occhi la cui essenza è voce di un (andare) oltre da liberare.

Un volto contrito e triste la cui bocca è piena di valori annegati nei troppi bicchieri d’acqua bevuti per calmarsi, per trattenersi o per schiarirsi la voce. Per gridare parole sempre non pensate e non sentite, piene di soluzioni vantate e mai trovate, di diritti umani che di umano, nello scorrere del tempo, rimane sempre più soltanto il nome, voci sempre più alte perché sempre più vuote della loro origine.

Un volto che, nella sua estrema fragilità e nel suo sopportare dolori, è però estremamente e meravigliosamente bello, perché è proprio il suo tremendo disordine di cocci di essenza andati in frantumi a ricordargli, paradossalmente, la sua identità smarrita e il luogo da dove dovrebbe sempre ricominciare.

L’Europa è un volto dilaniato da un’essenza dimenticata, ma attraversato dalla luce di moderne tecnologie che, infiltrandosi tra gli esseri umani, diventano specchio in cui ritrovarsi per iniziare un viaggio “Oltre e Altrove” per divenire vera carezza d’esistenza condivisa.

L’Unione Europea è una comunità di incomparabili, ovvero di identità, nazioni e singoli individui che hanno esigenze e bisogni differenti ma che, attivamente e definitivamente, pretendono finalmente una decisa comparazione, una risposta responsabile alle loro domande: tutti hanno bisogno di essere trasformati da quell’Altrove, dimensione profonda già troppo dimenticata e segno di disperazione che lacera ma conduce alla salvezza. Per ottenere tutto ciò, però, nel futuro, secondo la prospettiva dell’Oltrepassare, l’Europa dovrà affrontare due grandi sfide, quella della responsabilità e quella della giustizia. Due imprese diverse ma simili e da portare a termine attraverso la forza della sua fragilità, unica arma che l’Europa si renderà conto di avere in suo possesso, la sola in grado di attivare davvero la rivoluzione del pensiero e dell’azione che serve per andare oltre e Oltrepassare il presente. 

La sfida della responsabilità

Per prima cosa la sfida della responsabilità riguarderà il coraggio di un’azione capace di rispondere all’appello altrui. La responsabilità, il più delle volte oggi intesa come peso e angoscia di cui farsi carico, deve essere riletta, oltrepassando molti significati a cui è associata, come motore di cambiamento, come elemento capace di mettere in tensione e quindi in movimento il singolo, producendo azione e parola, senza togliere nulla ai molteplici orizzonti di senso che la caratterizzano.

Dentro questo contesto essere responsabili significa anche custodire ciò che non è evidente, saperlo catturare con gli occhi di un volto ferito e segnato dal tempo, sentirlo indifeso e proprio anche se di altri e, proprio per questo, bisognoso di cura e di vicinanza. Essere responsabili significa anche essere sempre esposti all’Altro, ovvero dotati di un volto rivolto costantemente al rischio, un volto capace di imporsi senza contrapporsi, ma al contrario capace di porre sé stesso per l’altro e per il suo bene in prima istanza. Per affrontare questa sfida occorreranno autocritica, pensiero attivo e coraggio nel “possedersi” per riaversi, nello scomporre le parole e le proprie identità per ritrovarne la costitutiva radice.

Bisognerà che l’Europa e quindi, automaticamente, i tanti io egoisti e divisi di cui essa è formata si esercitino a “sospendersi”, a “mettere tra parentesi” il proprio interesse particolare, per rinascere, sopprimendo la società della differenza e della indifferenza, riscoprirsi integra e legata comunità “oltrepassante” nella quale ogni sguardo si guarda e nella quale per questo, tutto riguarda tutti. In questo modo ognuno, mettendosi in ascolto prima dell’io dell’altro che gli si trova accanto capirà che, esclusivamente e paradossalmente, soltanto tramite esso, troverà anche la risposta e la cura alle proprie problematiche: la pratica di Oltrepassare è un’azione comunitaria.                

Questa è la responsabilità: curare per curarsi, essere pronti a rispondere per altri, per tornare a comprendere sé stessi, per Oltrepassare e reinventare la realtà.

L’Europa, al tempo dell’Antropocene, dopo crisi sociali, economiche, politiche e un virus che la sta dilaniando insieme all’intero mondo abitato, è un volto ferito in grado di accogliere ogni cosa nei suoi occhi. Attraverso essi l’Europa si scopre costituita da il me voici di Emmanuel Lévinas, ovvero dal rispondere “eccomi” che è la vera essenza dell’uomo: poter essere responsabili senza che l’Altro lo sia a sua volta, senza attendere una reciprocità, sostituirsi all’Altro, donarsi per riaversi, rispondere a un appello che incombe sulla propria persona ribaltando ogni categoria ed ogni prima e dopo, incarnando la possibilità di essere altrimenti, dell’esistenza come oltrepassare, andando al di là del “si è sempre fatto così”, del “è giusto così” e della assurda abitudine di, parafrasando ancora Lévinas, “contare gli uomini senza vederli[3]”.

Questo sarà davvero possibile solo se l’Europa rifletterà sulla sua estrema fragilità e libererà la luce dell’Oltre che proviene da quelle sue meravigliose crepe d’esistenza, cose che potranno darsi soltanto in un incrocio di sguardi. Solo se il volto ferito dell’Europa si renderà capace di guardare e quindi curare, custodire, Oltrepassare e agire nel senso vero della responsabilità. Ma soprattutto se il suo volto, senza pretenderlo, si scoprirà realmente a sua volta guardato, quindi amato e positivamente messo in discussione, sradicato per tornare a costruire le sue fondamenta. Solo allora si potrà vincere la sfida della responsabilità e fondare una comunità di sguardi “oltrepassanti” linguisticamente, eticamente e tecnologicamente.

La sfida della responsabilità riguarda anche la tecnologia in quanto l’Europa dovrà vegliarla, ricordarle l’esigenza di pensarsi criticamente, umanisticamente ricercando e ritrovando sempre l’uomo come capo di quei tanti “fili” di cui essa si compone e con cui si “impone”. 

Dunque, etica e tecnologica si incontrano nel termine oltrepassato di “Europa”: ognuno per l’altro, malgrado sé e in qualsiasi caso, custode d’esistenza, coscienza attiva e responsabile, nuovo ordine e cura dell’anima. 

La sfida della giustizia

L’altra sfida europea sarà quella della giustizia. Gli sguardi che formeranno l’unico volto provato della comunità europea avranno bisogno, nella responsabilità, di giungere a un essenziale confronto definitivo, a una necessaria e concreta comparazione, utile per inquadrare e trovare la strada per tentare di giungere ad amare la complessità del reale, dispiegandone le numerose pieghe di cui è composta, per scovarne altre e far sì che da tale groviglio emerga luce e bellezza: uniche cose che possono mutare ogni punto di vista, aprendo a una prospettiva ulteriore, altrimenti, altrove.

La giustizia aiuterà  a superare l’incomparabilità delle situazioni personali degli sguardi di ogni nazione introducendo a poco a poco un’uguaglianza di esistenza che tutti inconsapevolmente condividono, pur sempre unica e polivoca, singolare ma immersa nella molteplicità. La nascita della giustizia rappresenterà dunque il concretizzarsi della consapevolezza dell’Europa stessa e di ogni suo sguardo: ovvero il sentirsi, crescere e migliorarsi continuamente come parte fondamentale e costitutiva di uno stesso volto trafitto. Consapevolezza che è strada per iniziare il percorso dell’Oltrepassare che permette ai singoli esseri umani, cittadini europei, di migliorare sé stessi e conoscere gli altri dei quali ognuno è da sempre responsabile. Ciò che verrà fuori quindi da tale percorso esistenziale, politico e comunitario, sarà la giustizia legata al sentimento dell’Altrimenti. La giustizia realizzata sarà il frutto dell’impegno a rendersi, in ogni istante, pensiero che agisce in modo vero ed equo. L’unione di pensiero e azione custodisce sempre in  sé il germe della giustizia.

Ma cosa è la giustizia? Come farà l’Europa a incarnarla per vincere questa sfida?

La giustizia è un dono reciproco, una sfrenata passione per gli altri e per la complessità della realtà. È negli altri che si perde e al tempo stesso si ritrova sempre la propria identità, in sovrabbondanza e mutata positivamente. La comparazione tra sguardi, quindi tra nazioni e soggetti incomparabili che si trovano a vivere insieme senza averlo chiesto, senza il più delle volte neanche conoscere la propria responsabilità derivante dalla condivisione, sollecita l’attenzione anche sullo spazio politico ed economico. Spazi dove confronto, capacità di Oltrepassare, messa in questione delle opinioni e delle esigenze individuali, necessità di uguaglianza e giustizia, sono elementi costantemente all’ordine del giorno.

Nella politica vera, quella con la ‘P’ maiuscola, dovrebbe infatti avvenire la giusta “comparazione dell’incomparabile” (il confronto responsabile ed esistenziale tra individui diversi ma parte di una stessa comunità). Intesa in questa maniera, dunque, tale giustizia si incarnerà attraverso la capacità di guardare in profondità la realtà e le sue complicate dinamiche, con lungimiranza e agendo con coscienza. Se si eviterà di accettare la complessità, si eviterà la propria essenza dell’essere uno e molti, insieme ed oltre. La giustizia è il vero atto di Oltrepassare. Il rendere giustizia a ogni ambito del reale, all’interiorità e all’esteriorità, significa dar voce a un oltre originario, costitutivo, radice di un ritorno trasformativo a sé stessi e all’intera realtà.

Essere strumenti di giustizia è parlare toccando l’Oltre di senso e rivelarlo al mondo, è agire in maniera consapevole e attenta, lasciandosi accompagnare dal pensiero e così “rivoluzionare la società nel e per il bene”; infine essere strumenti di giustizia significa anche usare la tecnologia facendosene divulgatori in maniera critica, responsabile e creativa, con l’obiettivo di valorizzare al meglio il potere che come umani, produttori di valore, abbiamo sulla tecnologia. La giustizia è vero atto dell’Oltrepassare perché riunisce in sé linguaggio, etica e tecnologia.

Una vera giustizia sarà possibile anche se ogni membro della comunità umana, ogni sguardo dunque del volto dell’Europa, inizierà a pensare ciò che vive, sospendendosi per l’Altro, avvicinandosi a lui con consapevolezza e responsabilità, guardandosi dalla prospettiva dell’Altro e attraverso l’Altro. Solo così alla fine ognuno, riconoscendosi, si riavrà e apprenderà ad ascoltarsi realmente, ricordandosi di combinare sempre riflessione e azione, perché l’una dipendente dall’altra. La sfida della giustizia si vincerà quando istituzioni, dinamiche politiche e economiche saranno rilette attraverso la radicale legge dello sguardo umano. Solo nella commistione di un meraviglioso e tremendo naufragio di sguardi, in un unico stesso volto, si potrà rinascere e divenire carezze d’esistenza. 

L’Europa del futuro nell’Oltrepassare

In conclusione, quindi, possiamo dire che l’Europa del futuro dipende dalla pratica dell’Oltrepassare. Il suo volto futuro sarà profondamente ferito, fragile ma pur sempre luminoso nella sua bellezza e forza. I suoi occhi, le sue espressioni saranno formati da tanti sguardi di nazioni, popoli, individui unici, incomparabili ma al tempo stesso finalmente comparabili.

L’Europa potrà rinascere nei suoi valori e ideali soltanto grazie al passaggio verso una nuova dimensione capace di dare senso al tutto, ripescando quella necessaria passione d’esistenza che sempre si alimenta grazie alla sfida di una responsabilità generativa e di un amore grande per la giustizia.

Questo nuovo europeo volto rinnovato, responsabile e giusto combatterà le sfide che lo aspettano con rinnovata energia e vitalità, facendosi ogni giorno una carezza dell’Oltre. La carezza, gesto di per sé delicato che non ha nulla a che vedere con il possesso, si avvicina senza voler pretendere nulla, si fa prossimo solo per alleviare, sostenere, curare l’Altro con la forza della sua fragilità. La carezza insegna il potere immenso e dirompente della fragilità.

Essere carezza di esistenza significa allora scoprirsi potenti quando si è fragili, ovvero quando, oltrepassando e oltrepassandosi, si è in grado di riconoscersi “nudi”, immersi nella molteplicità reciproca di tanti altri esseri umani, tutti bisognosi di Oltre e quindi di amore, di giustizia e di azione responsabile, ma anche di delicatezza ed energia. Il vivere come una carezza d’Oltre significa rendersi conto che l’essenza sta sempre nascosta nelle pieghe dolorose dell’esistenza, e non nelle fantasiose e abbaglianti apparenze e rappresentazioni. La carezza e il suo potere insegnano che la chiave per ripartire è nei cocci andati in frantumi, in quella creatività umana che permette di rimontarli e di formare, a partire da essi, qualcosa di nuovo, potentemente delicato, delicatamente potente.

Ecco l’Europa del futuro: un incrocio di sguardi fissi sull’Oltre, rigenerati e capaci di dare vita a un unico volto, rivolto e guardato a sua volta, vivo nelle missioni di responsabilità e di giustizia. Europa del futuro come carezza di esistenza tra le esistenze, per le esistenze e grazie a queste, potenza nuova di una ulteriorità che torna a plasmare i corpi, le anime e l’intera realtà che può allora risorgere rigenerata, tornata alla sua radice e quindi imbattibile, perché fragilmente forte e fortemente fragile.

Del resto, solo ripartendo da uno sguardo carezza responsabile e di giustizia, Euro, il vento proveniente da Est, potrà così rinnovarsi per affrontare in maniera nuova le inevitabili precipitazioni che arriveranno, divenendo così rivoluzionaria ma tenera, leggera ma impetuosa, brezza di primavera. Una brezza utile a custodire e continuare a additare l’Oltre all’Europa che sarà, quel coraggioso volto di mille sguardi di vita e di reale comunità che la caratterizzano dandole forma.

 “Luce senza calore. Luminosità senza essere. E già come una carezza. Primavera[4]”.

 

NOTE


[1] Charles Taylor, Le trasformazioni della soggettività, editrice AVE, febbraio 2002, p. 69.

[2] Volturno romano ed etrusco. Era ritenuto dalla storiografia di inizio '900 un dio romano, omonimo del fiume campano e a Roma patrono del vento caldo di sud-est (il moderno scirocco). (Wikipedia)

[3]  Emmanuel Lévinas, Quaderni di Prigionia e altri inediti, a cura di R. Calin e C. Chalier, Bompiani, Milano 2011, p.95. 

[4] Emmanuel Lévinas, Quaderni di Prigionia e altri inediti, a cura di R. Calin e C. Chalier, Bompiani, Milano 2011,p.97.

 

 cop oltrepassare

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