Tecnologia, mon amour forever

01 Giugno 2016 Redazione SoloTablet
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INTRODUZIONE

Il libro di Carlo Mazzucchelli Tecnologia, mon amour forever è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Introduzione 

Le conversazioni, gli scritti e i racconti della Rete che hanno come tema la tecnologia sembrano tutti improntati alla tecnosofia (téchné come arte e sofia come sapienza) e alla tecnofilia. L’innamoramento per le nuove tecnologie è grande ma nasconde un’errata percezione degli effetti delle stesse sulla vita personale, sociale e lavorativa e una reale incapacità a sviluppare un pensiero critico, utile a una riflessione più generale sui tempi che stiamo attraversando. 

I miei 11 e-book (Tablet a scuola: come cambia la didattica; Tablet: trasformazioni cognitive e socio-culturali; La solitudine del social networker; APP Marketing: lo sviluppo non è che l’inizio; Nei labirinti della tecnologia; 80 identikit digitali;  Internet e nuove tecnologie: non tutto è quello che sembra; Genitori tecnovigili per ragazzi tecnorapidi; Il diavolo veste tecno; E guardo il mondo da un display; Tecnologia mon amour)  e il progetto SoloTablet (www.solotablet.it), da me creato in collaborazione con Mediatria (www.mediatria.com), aspirano a essere un contributo alla discussione, che si è aperta su vari fronti, finalizzata a proporre una riflessione critica sulla tecnologia con l’obiettivo di evidenziarne gli errori e le pretese di egemonia e di inquadrarla nel contesto più ampio dei numerosi cambiamenti sociali, economici e politici che stanno caratterizzando la nostra epoca. 

Riflettere sulla tecnologia non significa semplicemente parlare di tecnologie dell’informazione, di robotica e di tecnologie indossabili ma ragionare sulla scomparsa dello stato sociale, sulla precarizzazione del lavoro, sui modelli di sviluppo (progresso, scarsità, decrescita, ecc.) e sulla stretta connessione che lega innovazione tecnologica e potere finanziario, sempre più tecno-centrico, impositivo e autoritario.

La scelta di temi tecnologici non è casuale. L’interesse che ho maturato verso la tecnologia risale agli inizi degli anni 80, durante un anno sabbatico passato negli Stati Uniti, patria da sempre delle innovazioni tecnologiche che in 50 anni hanno trasformato il mondo. La tecnologia continua ancora oggi a incuriosirmi ma in modo diverso rispetto al passato perché è cambiato il ruolo da essa assunto nell’evoluzione del genere umano e perché è sempre meno neutrale. Ne scaturiscono numerose riflessioni che vanno oltre la tecnica, i dispositivi, i gadget tecnologici indossabili, i sensori, le APP e le macchine intelligenti che stanno popolando le nostre vite individuali e sociali e di cui tutti siamo attrezzati.

Gli ambiti di riflessione oggi più interessanti sono Internet e il Web e la rivoluzione cognitiva da essi generata, il ruolo di aziende come Google, Facebook, Amazon, Uber con i loro modelli di business e visioni del mondo, la privacy, la mobilità, il social networking e la sicurezza. Il tema centrale rimane sempre il ruolo della tecnologia e delle macchine nel determinare la vita delle persone e condizionare l’evoluzione della nostra società e civiltà così come il nostro approccio alla conoscenza e alla Realtà.

La tecnologia ha cambiato il nostro vivere quotidiano, le nostre abitudini e i nostri stili di vita. Ha creato nuove opportunità per lo sviluppo e il progresso individuale e sociale, di aziende e di organizzazioni. Le nuove tecnologie hanno tuttavia fatto crescere enormemente la dipendenza delle persone dalle macchine, dimostrata dalla difficoltà crescente, di genitori, educatori, insegnanti e adulti in genere, a ritagliarsi spazi di comunicazione con le nuove generazioni sempre più occupate a giocare e a interagire con gadget elettronici, telefoni cellulari, videogiochi, televisione, tablet e notebook. Tutti dispositivi capaci di tenere incatenati i nativi digitali in mondi, più o meno, virtuali e cyberspaziali.

La dipendenza è tale da manifestarsi inconsapevolmente anche in comportamenti pubblici, promozionali e politici che invitano a #starsereni e a comprare iPhone, come se tutti potessero permetterselo o tutti parlassero la lingua sintetica di Twitter. È una dipendenza cognitiva che finisce spesso per non tenere conto della realtà fattuale (la realtà della realtà) e per confondere quelle virtuali come reali (Internet e nuove tecnologie: non tutto è quello che sembra). La dipendenza è anche quella di media e opinion maker compiacenti, opportunisti e conformisti, incapaci di andare oltre la fase di innamoramento per le novità tecnologiche per capirne ed illustrarne le implicazioni ideologiche e le conseguenze pratiche in termini di violazione della privacy, di diseguaglianza, di socialità e solidarietà, di lavoro e qualità della vita.

Parlare di Facebook e di social networking, di Internet e di dispositivi mobili, senza riflettere sui livelli di alienazione ed estraniazione dalla realtà,  di ansia, di solitudine, di stress e di depressione da essi generati, significa non fare i conti con la realtà e non comprendere come la tecnologia ci stia condizionando e addomesticando al punto da renderci sempre più complicato percepire la realtà in modo non mediato tecnologicamente. Una realtà diventata sempre più iconica e simbolica, manipolata linguisticamente (la brevità dei cinguettii ma anche la forma e il vocabolario che come l’Abilang di 2084, il romanzo di Boualem Sansal da poco pubblicato, finisce per imprigionare menti e vite dei suoi protagonisti sottomettendoli ai potenti di turno), che riduce e trasforma la ricchezza e l'abbondanza della natura e del reale introducendo sempre nuove astrazioni, in grado di portarci sulla strada sbagliata, di rompere ed oscurare i legami con la realtà ed impedire di soddisfare i desideri generati da situazioni di mutamento.

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La difficoltà o l’assenza di una riflessione dipende anche dal ruolo che il pensiero postmoderno ha avuto negli ultimi decenni (la realtà non esiste, esistono solo interpretazioni, e anche questa è un’interpretazione) nel demolire gli universali di qualsiasi genere, nel vedere la realtà come fluida e indeterminata e nel far dimenticare la perdita di senso che si ha quando ci si affida completamente e acriticamente alla tecnologia delle macchine. Peccato che la realtà sia ostinata, e in grado di ribaltare le carte mettendo in discussione tutto ciò che sembra consolidato, anche quando è già affermato e condiviso dai più. 

L’ostinazione della realtà emerge dalla crisi in atto e che si acuisce sempre di più interessando non solo gli aspetti economici e finanziari ma anche la politica, la società, l’ambiente, lo sviluppo, la vita personale e sociale delle persone e delle imprese. La crisi che stiamo attraversando è sistemica e come tale comprende anche la tecnologia e il ruolo che sta avendo nel trasformare le nostre relazioni interpersonali e quelle con la natura e il mondo.

I mezzi tecnologici evolvono e sono costantemente perfezionati, ci fanno sentire più potenti e capaci di dominare la realtà e soddisfare i nostri desideri di consumo umano. Al tempo stesso stanno costruendo una realtà virtuale pervasiva e interattiva che fa scomparire la realtà dietro uno schermo, sia esso quello di un televisore, di un personal computer o di un dispositivo mobile. Lo schermo ci obbliga a un linguaggio scritto e visuale ma sempre digitalizzato, che atrofizza i nostri sensi e le nostre capacità di approfondimento e di riflessione. Questa realtà 'a scomparsa' accresce il nostro isolamento e riduce in quantità e sostanza le cose che abbiamo da dirci. Se si limita la conversazione a un LIKE (MiPiace), a un selfie condiviso o a un cinguettio (non superare il limite dei caratteri please...) la nostra capacità di conversare si riduce e si rattrappisce, il dialogo non parte e la relazione (“i contatti non sono legami” - citazione dal libro Lampi di Barabasi) non decolla.

A rendere particolarmente attraente la realtà virtuale praticabile ogni giorno grazie alle nuove tecnologie (Facebook ma non dimentichiamo Secondlife, ora prossima a trasformarsi in Progetto Sansar) è l’elevato grado di interattività, di partecipazione e di auto-rappresentazione che ci offre. Tutto ciò finisce per avere un effetto totalizzante che ci fa dimenticare l’artificialità della realtà virtuale e la sua capacità di fare da filtro, di attraversare e avvelenare quella naturale. Questo effetto totalizzante è verificabile ogni giorno con il nostro bisogno di accesso e di connessione alla rete. È un bisogno che ha raggiunto "una sorta di invasamento informatico stabilizzato in una fase di parossismo"  ed ha trovato nello smartphone e nel tablet lo strumento ideale ma anche la nuova religione. Per citare Roberto Calasso nel suo ultimo libro L'impronta dell'editore (Adelphi) il device è "diventato un cervello ombra, bidimensionale e privo della spiacevole consistenza di mucillagine che caratterizza il cervello umano".

Al vuoto creato dalla mediazione sempre più pervasiva della tecnologia, reagiamo con il consumo, sempre più spesso di tipo compulsivo. La fame che è oggi tornata reale e interessa milioni di persone e famiglie, alla ricerca del pasto quotidiano, è diventata anche fame consumistica di prodotti, esposti su scaffali reali e virtuali, fisici e online. Si compra e si consuma per superare lo stress e l’ansia, per ricacciare indietro la depressione e per sognare la felicità derivante dal possesso. Si consuma con un appetito mai sazio perché mai soddisfatta è la nostra ricerca di serenità, di benessere e di rilassatezza. Poco importa se questo consumo tecnologico che porta a sostituire il telefonino o l’iPod in continuazione e a cambiare il proprio iPad ad ogni uscita di un modello nuovo non abbia nulla di liberatorio. Poco importa se anzi acuisca la nostra estraniazione dalla realtà ottundendo le uniche risorse, ad esempio il desiderio di profondità e di rinnovamento, che ci potrebbero far recuperare senso e autenticità.

Anche se la domanda può sembrare capziosa, visto il pensiero unico dominante che suggerisce un approccio quasi religioso alla tecnologia, come si può uscire da questa situazione? La prima risposta semplice è che, pur nella giustezza di rivendicazioni al diritto di disconnettersi, il distacco dalla tecnologia e dai gadget tecnologici con cui interagiamo quotidianamente non è la risposta definitiva. La tecnologia non subisce il controllo sociale e il nostro distacco da essa non ne impedirebbe il dominio fin qui acquisito. La tecnologia, al punto di arrivo della sua evoluzione attuale, è il prodotto delle nostre menti e funziona oggi come una specie di protesi delle stesse contribuendo all’autorganizzazione dei sistemi complessi che noi siamo e nei quali viviamo.

In assenza di risposte univoche e globali l'unica risposta, che si può provare a comporre, è di ritrovare il senso delle cose e della realtà per poi impegnarsi a cambiarla. Fino a quando non si discute di senso e non si recupera il significato delle parole, liberandolo dalla manipolazione semantica del tecno-linguaggio, ogni conversazione e dibattito rimarranno banali, mortificanti e incapaci di incidere sulla realtà. Il problema non sta nel potere e nella forza della tecnologia ma nella nostra debolezza di pensiero e di volontà.

La forza della tecnologia è tale da aver assorbito le nostre utopie, le promesse di liberazione collettiva, di democrazia di massa, di emancipazione. Succede così che in Italia un Blog diventi strumento, meta e scopo di un movimento politico che raggiunge il 30% dell'elettorato e che aspiri a sottrarsi alle normali garanzie e pratiche democratiche della politica (era già successo in Germania con il movimento dei Pirati). È successo che la televisione con i suoi format da Grande Fratello o talk show abbia oscurato la realtà economica e sociale italiana con l'immagine di un progresso e di un benessere diffuso (i ristoranti sempre pieni, le code in autostrada, gli aeroporti pieni ecc.) in realtà inesistente e con cui oggi tutti (quasi tutti) si trovano a dover fare i conti.

Ridare senso alle cose e alla realtà significa oggi riconoscere il potere della tecnologia  e operare per un suo radicale ridimensionamento, non nel suo utilizzo o ruolo ma nei suoi effetti sulla vita delle persone. La vita non è un videogioco e le nostre azioni non possono essere sostituite da applicazioni e gadget tecnologici o computer. Ogni tanto fa bene staccare la spina, hardware e software insieme, abbandonare i mondi ovattati della virtualità per riprendere il controllo delle proprie azioni e responsabilità. Staccare la spina significa anche recuperare il silenzio, dei ritiri spirituali, dei chiostri, dei rifugi di alta quota e interiore, significa cercarlo, non averne paura, usarlo per riflettere su e con se stessi e prepararsi a farlo insieme agli altri.

I testi contenuti in questo e-book non sono stati pensati per meditazioni o ritiri spirituali ma per offrire al lettore alcuni spunti di riflessione capaci di suggerire la necessità di momenti di pausa e di lentezza. In ogni testo il lettore/lettrice troverà quello che gli/le interesserà trovare, forse utile per acquisire informazioni e conoscenze o per scoprire risposte e spiegazioni a interrogativi o semplici curiosità. Interrogarsi sul ruolo della tecnologia significa porsi domande sulla realtà dei tempi interessanti che stiamo vivendo. Sono tempi ambigui e contradditori nella loro promessa tecnologica di continuo progresso e benessere e nella loro dura realtà di crisi economica, sociale, politica e di senso che sembra non avere fine. Nessuno ci obbliga a smettere di interagire con i nostri giocattoli tecnologici o a disconnetterci. Forse però dovremmo sentirci obbligati a riflettere che, per ogni faccia positiva della tecnologia ne esiste una cattiva. Tutti usiamo dispositivi tecnologici ma siamo sempre più lontani da chi li gestisce e li controlla e ignari di come sono fatti e di cosa fanno a nostra insaputa. Tutti siamo incantati dalla loro capacità di personalizzare il servizio, dalla facilità di utilizzo e trasparenza ma poco o per nulla consapevoli della privatizzazione monopolistica che li caratterizza e della bulimica fame di dati e di informazione che li caratterizza. Tutti sembriamo felici delle visioni futuristiche e utopistiche che la tecnologia ci prospetta ma altrettanto incapaci a vederne le loro implicazioni distopiche e gli effetti profondi sulle nostre vite future.

Se dopo aver letto questo e-book il vostro sguardo sulla tecnologia risultasse mutato l’obiettivo che mi ero posto sarebbe stato raggiunto. Non per le verità in esso contenute, ma per l’aver contribuito a mantenere in vita il pensiero critico, ormai in fase di estinzione, e per l’invito condiviso con altri a una mobilitazione nuova, finalizzata alla difesa di spazi umani e pubblici, non determinati tecnologicamente, capace di andare oltre le apparenze e le narrazioni mediatiche e di contribuire all’elaborazione di nuovo pensiero e ad immaginare nuove utopie umane.

Post Scriptum: Per chi fosse interessato a ulteriori approfondimenti ho predisposto, alla fine del testo, una ricca bibliografia che elenca tutti i libri da me letti e usati per i miei passatempi di scrittura. Sono testi di autori come Jaron Lanier, Eugeny Morozov, Sherry Turkle, Eli Pariser, Carlo Formenti, Nicholas Carr, Slavoj Žižek e molti altri che da tempo hanno iniziato una lettura critica della fase attuale di evoluzione della tecnologia offrendo numerosi spunti di riflessione e di conoscenza.

"Dapprima Dio creò il silenzio: totale, indivisibile, completo. Tutte le creature - uomo, donna, bestia insetto, uccello e pesce - vivevano felicemente insieme a questo silenzio, finché un giorno l'uomo e la donna giacquero assieme e tra loro crearono la prima parola."  - Nourbese Philip 

 

 

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