Un vissuto diventato virtuale

01 Giugno 2016 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli Tecnologia, mon amour forever è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

Non sanno di far ciò ma lo fanno

La Rete e i Social Network sono sempre più l’espressione di un reale fittizio, vissuto come reale, di mondi virtuali percepiti come liberi ma vissuti come un obbligo sociale. A nulla serve spiegare la distorsione della verità in atto perché essa è già nota e accettata dall’utente della rete e dal social networker. Il comportamento che ne deriva è fatto di ignoranza (mancata conoscenza) e di cinismo, avvalorato dal suo essere diffuso e condiviso con una grande maggioranza di persone. Le piattaforme tecnologiche sociali conquistano perché semplificano la complessità della vita reale e favoriscono individualismo e protagonismo. Ma il mondo reale non è fatto di MiPiace o fattori quantitativi (numero di contatti), è complesso e legato al tempo che passa per davvero, obbligando tutti a riflettere sulle azioni intraprese, sugli affetti, sulla propria vita e su quelle di coloro che ci stanno intorno.

Il comportamento nei confronti di Internet, dei nuovi media sociali e della tecnologia è in genere di fiducia cieca e di ottimismo. Ci si affida alla tecnologia come al migliore dei mondi possibili, certi della sua capacità di risolvere i problemi del mondo e di fornire miglioramenti continui e garantire il progresso continuo. Ci si affida in modo cinico o semplicemente pragmatico agli esperti e ai produttori tecnologici o alle icone che li rappresentano così come in passato ci si affidava a streghe, fattucchiere, preti o consulenti psicologici.

In questo affidarsi c’è la rinuncia alla propria libertà, in cambio della possibilità di soddisfare il proprio ego dando sfogo al narcisismo e alla rappresentazione del sé sulla Rete. È una cessione di libertà con cui ci si ritira dal mondo reale per immergersi in un uno o più mondi virtuali senza preoccuparsi che possano esistere per il futuro utili vie di fuga. Tanto il futuro non esiste essendo annegato nell’eterno presente che ci fa sentire bene! 

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Tecnologia, mon amour forever

La tecnologia non va demonizzata, anzi va capita, guidata e difesa da se stessa e dalla sua pretesa al dominio del mondo con conseguenti effetti negativi per la società umana e gli individui. Chi ama la tecnologia e le persone, sa che il problema non sta nella prima o nelle seconde ma nell’interazione e connessione tra le due. Se uno vuole abbandonare Facebook perché preoccupato per la privacy, può farlo quando vuole, cancellando il suo account e decidendo di non farvi più parte. Se vuole isolarsi da comunità o gruppi WhatsApp deve solo abbandonarli.

Se si è alla ricerca di solitudine e di isolamento è sufficiente decidere di lasciare a casa il proprio dispositivo mobile e rendersi irreperibile ma soprattutto irraggiungibile. Non è obbligatorio cinguettare (Twitter), a volte basta coltivare il dialogo interno e farlo in condizioni e ambienti che lo rendano praticabile. Il rischio nasce quando queste scelte non sono fatte e ci si ritrova immersi nel mondo artificiale che la tecnologia ci sta costruendo intorno. La nostra interazione, con la natura e le persone (natura umana), è costantemente mediata tecnologicamente. È una mediazione finalizzata a facilitare la vita e ridurne i rischi ma finisce con il generare nuovi rischi e relativi effetti collaterali. Produce solitudine proprio mentre paradossalmente offre infinite possibilità di costruire e coltivare nuovi contatti e di sentirsi circondati da altre persone.

La pericolosità di questa stretta relazione soggettiva con la tecnologia sta nella sua opacità e scarsa trasparenza, nella poco percepita forza della tecnologia e della sua pretesa di dominio e nella dipendenza sottile ma resistente che essa sa generare e alimentare. Sappiamo di vivere una relazione pericolosa ma continuiamo a viverla perché non possiamo farne a meno e proprio perché lo sappiamo. Il comportamento schizofrenico che ne deriva è spesso fatto di molte frottole e menzogne che alimentiamo individualmente e sulle quali ricerchiamo il sostegno della Rete e delle comunità a cui apparteniamo. La forza della realtà dei Social Network deriva dalla nostra consapevolezza che si tratta di mondi fittizi e artificiali e dal fatto che anche gli altri con cui interagiamo li riconoscano come tali. Per usare una storiella del filosofo Žižek non è sufficiente sapere di non essere un chicco di grano per smettere di sentirsi malato di mente, bisogna che anche la gallina lo sappia!

Facebook e i Social Network sono la perfetta metafora della postmodernità, ne esprimono la logica culturale fatta di confort tecnologico e strumenti per le relazioni sociali e di universi simulati e artificiali, di liquefazione delle relazioni, mai articolate e durature, e di morte del corpo fisico nella proiezione immateriale della corporeità. È metafora utile a spiegare alcune delle caratteristiche associate all’alienazione postmoderna come la deterritorializzazione (su Facebook non esistono confini, né fisici né culturali), la colonizzazione delle menti (frutto di un’allucinazione collettiva) e la perdita generalizzata di identità. Nei muri delle facce le persone lasciano spazio a prodotti, promozioni commerciali e merci, la profondità alla superficialità (tutto alla distanza di un semplice click), la Storia e le sue narrazioni agli aggiornamenti di stato e ai Like. Con Facebook sparisce il bisogno di creare grandi narrazioni o di spiegare il mondo attraverso di esse. Tutto si fa narrazione e tutto diventa Storia, anche la cronaca di tutti i giorni rappresentata dai frequenti cambi di stato sulle pagine personali.

Nella massificazione generale conseguente, si perde la capacità individuale di scindere il reale dal virtuale, il vero dal falso e la realtà naturale da quella artificiale e virtuale (generata da semplici algoritmi digitali e computazionali) e si finisce per sottomettersi alle scelte, alle leggi e alle relazioni suggerite da un’autorità non eletta ma percepita come legittimata a guidarci perché capace di offrirci spazi e mezzi per soddisfare i nostri bisogni e desideri (mai annullati del tutto in modo da reiterare il bisogno e nuovi desideri). La relazione che si instaura con la Rete e con la tecnologia assomiglia a quella sadomasochista nella quale si trova piacere e nuova libido, diventando liberamente schiavi e sottomessi ad una entità percepita come dominante e più forte. In quest’ottica la libertà individuale trasgressiva non è più quella dell’abbandono e della rinuncia bensì quella della più totale sottomissione. 

Lo stato di evoluzione attuale delle nuove tecnologie spiega bene i cambiamenti avvenuti nelle ultime generazioni, sempre più identificabili sulla base delle tecnologie con cui sono cresciute. Sono generazioni per le quali non sembrano esistere l’urgenza del dubbio e l’importanza della scelta. La strada perseguita e prediletta da queste generazioni è quella unidirezionale (la visione delle autostrade informatiche di Microsoft diventate realtà) di una esistenza ostinatamente e totalmente tecnologica. È un percorso del quale non sembrano interamente coscienti perché la loro psicologia e mente sono già state abilmente plasmate dalla tecnologia che ha alterato la relazione tra l’individuo e il mondo in cui vive.

Molti rappresentanti delle nuove generazioni di nativi digitali si comportano come il protagonista di Arancia Meccanica dopo essere stato sedato, reso innocuo e pacifico con una cura adeguata di sedativi. Dall’essere violento, antagonista e creativo, Alex, diventa buono, pacifico, disposto ad aiutare la comunità ma anche noioso e probabilmente più infelice, pur non sapendo di esserlo.

C’è da chiedersi se non sia meglio vivere una realtà più complicata nella quale non è obbligatorio sentirsi necessariamente bene o fare sempre la cosa giusta. È una realtà che si può scegliere di vivere a patto di abbandonare l’unica ideologia rimasta e che va sotto il nome di tecnologia. 

 

 

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