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La fiducia trainata dagli algoritmi

La fiducia trainata dagli algoritmi

10 Dicembre 2016 Redazione SoloTablet
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Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E' un mantra a cui si sarebbero dovuti affidare anche gli ultimi trombati della politica che hanno definito le loro strategie sulla base delle informazioni ricevute da consulenti e mezzi di informazione incapaci di leggere la realtà. Fidarsi è diventato difficile anche online, sia perchè la spazzatura e le informazioni false in circolazione sono in costante crescita, sia perchè non si sa più a quali voci credere.

Come si fa a prendere una decisione sulla base delle informazioni disponibili in Rete? Chi garantisce che quelle informazioni non siano false o costruite ad arte? Quali voci e opinioni sono da ascoltare in una realtà Internet nella quale tutti possono esprimerne una? Ci si può affidare a un motore di ricerca per individuare quello che realmente serve? Quanto contano i Like di Facebook e le modalità di visualizzazione dei contenuti del social network? In che modo gli algoritmi di Google, Facebook, Instagram, ecc. possono aiutare a prendere decisioni valide e a fare delle scelte utili?

Queste e molte altre domande simili sono diventate urgenti sui media perchè interrogano il loro stesso operato e il ruolo di mediazione, tra elite e governati, che non sembrano più in grado di svolgere. L'attualità di queste domande è legata agli eventi politici recenti che in modo clamoroso, almeno secondo alcuni, hanno visto vincere la Brexit in Inghilterra, vincere Trump negli Stati Uniti e uscire sconfitto Renzi al recente referendum in Italia. Un referendum che nessuno avrebbe mai ipotizzato potesse andare come è andato.

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A cercare di darsi delle risposte sono gli sconfitti e le persone ed organizzazioni a cui si sono affidati per impostare le loro strategie a iniziative politiche a partire dalla lettura delle informazioni disponibili. La prima lezione che hanno imparato è che non tutte queste informazioni sono affidabili, soprattutto se la loro interpretazione porta a conoscenze errate e suggerimenti sbagliati. La seconda è che non tutti gli algoritmi garantiscono dati accurati, racconti e narrazioni affidabili e informazioni veritiere.

Il problema sembrerebbe avere a che fare con la reputazione e ai modi con cui essa si sviluppa e diffonde online. In una piccola comunità le reputazione nasce da interazioni personali. In Rete tutti possono condividere dati e informazioni rimanendo tra loro dei perfetti estranei. In comunità  e reti sociali con numerosi membri la reputazione è determinata dalle opinioni delle persone e dalle loro valutazioni positive che suggeriscono quanto una voce o una opinione sia più affidabile e credibile di altre. La reputazione dipende cioè dal numero elevato di persone che hanno espresso un giudizio positivo e da quanto esso sia servito agli algoritmi della Rete per definirne il livello e la validità. A pensarci bene è ciò che avviene anche nella realtà fuori da Internet. Si fa meno fatica a fidarsi degli amici di amici che di estranei o persone incontrate per caso.

Gli algoritmi tecnologici conoscono questa semplice verità e la traducono in scelte ed azioni online. E' a questi algoritmi che si affidano Google tramite il Page Rank, Facebook, Instagram e Reddit per decidere quali notizie, immagini o narrazioni condividere e far conoscere online.

Questi algoritmi possono essere affidabili ma cosa succede quando gli internauti non esprimono alcuna opinione, non concedono valutazioni, si esimono dai Like e rifuggono dalle interazioni online? Cosa succede se utilizzano tutte le funzionalità disponibili per condividere quello che pensano ma lo fanno in una direzione molto diversa da quella indicata? E soprattutto cosa succede se si sbaglia ad analizzare i comportamenti degli utenti in Rete? Una prima risposta è venuta dalle recenti elezioni politiche o referendarie: si possono alimentare gli algoritmi con migliaia di cinguettii, immagini e messaggi ma se questi non servono a far aumentare la reputazione di qualcosa o qualcuno, se non aiutano a far aumentare la fiducia e la partecipazione e se si sbaglia ad interpretarne andamento, punteggiatura, tono, volume e direzione, il rischio di prendere cantonate è elevato.

La colpa non può essere degli algoritmi. Spesso si ottiene semplicemente quello che si è meritato. Un esempio su tutti il Joe Messina, di cui tanto si è parlato e che, nonostante il suo accesso ai Big Data non sembra avere aiutato la componente referendaria del SI a vincere la sua battaglia.

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