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Lavoro, automazione e futuro

Lavoro, automazione e futuro

04 Febbraio 2019 Redazione SoloTablet
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L’intelligenza è lo strumento che la specie umana ha usato nella sua evoluzione per sopravvivere ed evolvere. Cosa può succedere se questa risorsa preziosa finisse per caratterizzare la specie emergente delle macchine intelligenti?

Se è vero che si va verso livelli di disoccupazione crescenti (la fine del lavoro prevista da Jeremy Rifkin già nel 1995) perché molti posti di lavoro saranno sostituiti dalle macchine, può essere utile interrogarsi sul futuro prossimo venturo e cosa succederà. Fino a poco tempo fa tra gli esperti trovava consenso l’idea che, come già nel passato, l’innovazione tecnologica finisca sempre per creare nuove opportunità e più posti di lavoro di quanti ne distrugga. Oggi questo ottimismo vacilla e solo il 50% degli esperti ritiene che ciò sia applicabile anche alle nuove rivoluzioni tecnologiche in corso. Se i pessimisti avessero ragione bisognerà prepararsi ad affrontare squilibri economici, politici e sociali rapidi e importanti.

La preoccupazione della perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione e delle macchine non è nuova ed è stata oggetto di studio da sempre. Ne parlava già Keynes agli inizi del diciannovesimo secolo mettendo in guardia verso una disoccupazione causata dalla tecnologia. Se ne parla molto oggi a causa della rivoluzione del software nella forma di intelligenza artificiale e che rende le macchine capaci di apprendere e di essere impiegate anche in ambiti lavorativi finora inesplorati dall’automazione come quelli cognitivi. Le nuove capacità di macchine umanoidi e robot, unitamente alla ibridazione crescente tra uomo e macchina sta mettendo in allarme il mondo del lavoro. Un allarme motivato anche da previsioni di società come MacKinsey che stimano nella metà dei lavori attuali quelli che potrebbero essere automatizzati. Una percentuale che potrebbe portare all’automazione e possibile sparizione di 400 milioni di posti di lavoro entro il 2030.

A rendere plausibile la previsione c’è la costante e inarrestabile marcia delle macchine verso una evoluzione fatta di miglioramenti continui, frutto della loro capacità crescente di apprendere. Questa capacità rende le macchine sempre più abili ogni giorno che passa e ogni percentuale in più di intelligenza acquisita si traduce in nuove forme di automazione che mettono a rischio non soltanto posti di lavoro ma interi comparti industriali. Quello a cui stiamo assistendo non è una nuova e semplice rivoluzione industriale assimilabile a quelle del passato ma l’avvento della seconda generazione delle macchine. Le macchine intelligenti che stanno emergendo potrebbero permetterci di superare i limiti cognitivi umani ma anche penetrare nell’intera economia trasformandola radicalmente con impatti pesanti sulla produttività così come sui posti di lavoro.

A prevalere sono oggi le previsioni apocalittiche che raccontano della sparizione i quasi il 50% dei lavori oggi esistenti e con un altro 20% che corre lo stesso rischio. Anche se queste previsioni non si realizzassero sembra essere evidente che il mondo del lavoro del futuro non sarà più lo stesso. Cambieranno mestieri e professioni ma soprattutto cambieranno i requisiti richiesti a chi cerca lavoro per poter trovarne uno. Servirà maggiore intelligenza (QI) ma soprattutto grande adattabilità, flessibilità, capacità di apprendimento e sviluppo delle competenze.

Di fronte all’avanzata delle intelligenze artificiali non serve essere tecno-ottimisti o tecno-pessimisti. Non esistono strade certe da percorrere e nessuna destinazione definita in partenza da raggiungere. Tutto si muove in velocità e in accelerazione obbligando tutti a fare i conti con nuovi scenari e tanti cigni neri. Le molte domande insorgenti hanno risposte difficili da trovare ma sono pur sempre un valido strumento per scandagliare il futuro e anticiparne, per quanto sia possibile, i nuovi scenari emergenti. Tutto gravita intorno al quesito fondamentale di quale sarà il nostro rapporto con le macchine e quale ruolo giocheranno nella nuova fase di evoluzione del genere umano. I quesiti su cui porsi delle domande sono molteplici, di tipo etico, economici, sociali e politici. Ci si deve chiedere se e quanto l’intelligenza artificiale possa essere al nostro fianco o diventare ostile, quanto possa capirci o differenziarsi da come siamo, quali siano i suoi obiettivi e quanto siano diversi dai nostri, se e quanto possa essere sottoposta a principi etici e morali e se possa essere ancora possibile in futuro, nel caso in cui l’intelligenza artificiale prevalesse, disattivarla e riportarla sotto il controllo umano.

Tutte queste domande non hanno necessariamente risposte negative. Servono a comprendere meglio la complessità delle problematiche che l’intelligenza artificiale sta sollevando. Inutile cercare di comprenderla in modo parcellare, bisogna saper guardare alla rivoluzione delle macchine nel suo insieme, ma anche guardare dentro di noi per riflettere in che modo il nostro cervello e la nostra psiche si stanno preparando (stanno modificandosi) per affrontare il mondo futuro che verrà. Bisogna fare questo come singoli individui ma soprattutto come collettività. Nessuno può agire da solo nei confronti dell’intelligenza artificiale e della sua attuale volontà di potenza e forza di accelerazione.

 

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