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Non usare le tecnologie come baby-sitter

Non usare le tecnologie come baby-sitter

20 Settembre 2021 Redazione SoloTablet
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Accadeva con la TV, fatalmente accade anche oggi con le nuove tecnologie. Un bel display, grande o piccolo che sia, fisso o mobile, ma sempre in grado di sequestrare l'attenzione del bambino per un po' di tempo, permette all'adulto di tirare il fiato. Un alleato efficace, dato il suo potere magnetico e attrattivo, che cattura lo sguardo del bambino immergendolo in mondi fantastici, attività ludiche e storie infinite. In fondo qualche momento per conto proprio è anche positivo per il bambino, che sperimenta la possibilità di stare da solo, in parziale autonomia, tanto il genitore, o chi per lui, è distante il breve spazio di un richiamo!

Jane: Good morning, father!

George W. Banks: [grumbles] 'Morning.

Jane: Mary Poppins taught us the most wonderful word!

Michael: Supercalifragilisticexpialidocious!

George W. Banks: What on Earth are you talking about, supercal... super... or whatever the infernal thing is?

Jane: It's something to say when you don't know what to say.

George W. Banks: Yes, well, I always know what to say.”

- dal film Mary Poppins

 


Terzo estratto dal libro Tecnologie e sviluppo del benessere psico-biologico - Prontuario per genitori e ragazzi, per un uso equilibrato della tecnologia scritto da Alessandro Bianchi Carlo Mazzucchelli.

Un libro che gli autori propongono e suggeriscono per le tematiche trattate e per la rilevanza da esse assunte a causa della pandemia che ha visto crescere in modo esponenziale l'utilizzo di dispositivi tecnologici da parte di adolescenti (60% hanno un cellulare) e anche bambini (al di sotto dei 5 anni sono il 15%). Il libro è disponibile in formato E-BOOK e CARTACEO. 

Un libro scritto come un prontuario di sopravvivenza attiva, pensato per genitori, psicologi e psicoterapeuti. Alcune semplici regole per ridurre la fatica della genitorialità e contribuire al benessere psicobiologico dei bambini.

 

 

Rispetto allo schermo televisivo i nuovi display hanno alcune caratteristiche aggiuntive che, come è per il cervello, ricadono sotto la regola sistemica dell'1 (1+ … =1). Queste caratteristiche aggiungono ai display tecnologici correnti (compresi quelli televisivi) interattività, portabilità e offerta differenziata di contenuti. Questo fa sì che, nonostante le molte similitudini possibili con lo schermo televisivo tradizionale, la relazione con le nuove tecnologie costituisca un fenomeno nuovo, individuale, emozionale e cognitivo, con un impatto differente sul Sé e il suo sviluppo nel tempo.

Alcuni aspetti pratici sono macroscopici ed evidenti. Ad esempio fino agli '60 la TV era fruibile per un bambino solo in specifiche fasce orarie pomeridiane (si chiamava la “TV dei ragazzi”[1]), che sono andate sempre più dilatandosi nel tempo. La fruibilità, circoscritta spazialmente solo alla stanza dove era presente il televisore, oggi è diffusa in ogni spazio capace di contenere uno schermo televisivo. Successivamente, a partire dagli anni '70, le videocassette hanno contribuito ad ampliare e differenziare l'offerta e le fasce orarie utilizzabili, emancipando l’utente dai palinsesti televisivi, ma non dai locali che ospitavano gli apparecchi televisivi. I dispositivi mobili hanno poi definitivamente completato l'emancipazione dell’utente da tempi e luoghi fissi, dando forma a universi visuali, non solo televisivi, caratterizzati dal sempre e dovunque, non solo tra le mura domestiche ma anche tra quelle di un treno, di un autobus cittadino o di una automobile. Universi visuali (televisivi) fatti di tante immagini (comprese quelle di sé stessi riflessi nello schermo), texting[2] (il display come strumento di scrittura), video e comunicazioni digitali (non solo cinguettii) che hanno dato forma a nuove realtà e modificato la modalità di interazione con il mezzo tecnologico favorendo interattività e una nuova partecipazione attiva. Il giochino elettronico, così come le molteplici applicazioni Internet disponibili attraverso un dispositivo Mobile, a differenza dello schermo televisivo o cinematografico, permettono l’interazione e un ruolo attivo. Tutt'altra esperienza e modalità di fruizione, anche quando i personaggi del gioco sono gli stessi del film conosciuto a memoria. La rivoluzione tecnologica dell’ultimo decennio ha fatto emergere ed affermato un nuovo fenomeno che, pur contenendo aspetti tipici della televisione, in realtà li contiene e li trascende.

Grazie ai nuovi display digitali la possibilità di depositare il figlio o la figlia in un baby-parking tecnologico è oggi divenuto possibile, 24 ore su 24. Un modo semplice e conveniente per gestire lo stress della vita familiare, rinviare confronti, conflitti e conversazioni, delegando la cura del figlio (figlia) a una baby-sitter tutta tecnologica e digitale. Una nuova baby-sitter conveniente, che costa poco, è sempre disponibile e non si lamenta mai. Un vero affare!

La povera Mary Poppins che con il suo supercalifragilistichespiralidoso[3] ha fatto storia, non solo cinematografica, oggi non troverebbe alcuna porta aperta nonostante le sue referenze, credenziali e abilità. La Tata a tempo pieno non sembra più necessaria, è stata mandata in pensione e rischia di essere sostituita da semplici APP, smartphone, ciucci digitali e dispositivi tecnologici.

Se ci pensiamo un po' su, l'uso delle tecnologie come baby-sitter ha un aspetto paradossale. Quando se ne sceglie una in carne ed ossa è sempre una scelta oculata e difficile: deve avere le specifiche caratteristiche che riteniamo adeguate al bambino e generalmente, per una che riteniamo possa andare bene, ve ne sono sempre molte da scartare. Le tecnologie digitali sono standard, con caratteristiche, forme e contenuti diversificati ma sempre uguali a sé stesse e uguali per tutti. Possibile che vadano sempre bene e che non si debbano applicare anche ad esse le discriminanti usate per la scelta di una baby-sitter in carne e ossa? E che ne è delle caratteristiche umane, necessarie all’apprendimento della vita, che un/una baby-sitter dovrebbe avere?

Per provare a rispondere a queste e altre domande è necessario ripartire dalle caratteristiche del fenomeno baby-sitting tecnologico leggendolo, come non possiamo fare altrimenti, in modo sistemico. Per comprenderne la forza attrattiva (il suo canto da Sirena) non è sufficiente analizzare le caratteristiche dello stimolo ma anche quelle del fruitore Homo sapiens e del contesto socioculturale in cui si colloca. È un altro esempio di 1+…=1 (tecnologie+Homo sapiens+contesto) da cui la forza attrattiva scaturisce.

In una realtà economica dominata da molta precarietà (diffusa, sommersa e poco presente nelle narrazioni mediatiche prevalenti), carenza di asili nido, insufficienza di sostegni alle famiglie, incertezze genitoriali ed  elevato narcisismo, le famiglie bisognose di ausilio, anche il baby-sitting, sono aumentate esponenzialmente. La tecnologia ha così facile gioco a proporre risposte che paiono semplici, rapide e convenienti.

In attesa che le Mary Poppins del futuro si presentino in casa nelle vesti di robot umanoidi dotati di intelligenza, sensibilità e capacità pedagogica, oggi molti genitori scelgono di distrarre i loro figli tenendoli occupati con smartphone e tablet. Una scelta nata dalla necessità, a volte adottata come soluzione temporanea  ma in realtà diventata sempre più una pratica diffusa, abitudinaria e ripetuta, che rischia però di produrre effetti imprevisti e conseguenze negative sullo sviluppo e la crescita dei figli.

Numeri e percentuali che illustrano un fenomeno

Per comprendere il fenomeno basta fare un po' di conti, orologio alla mano, per chi ha figli entro i 6 anni di età. Una giornata è composta di 24 ore, tolte 10 ore per il sonno (la media per un bambino in età prescolare) ne restano quattordici. Tante ore che, se il piccolo non va al Nido, devono tutte essere gestite da chi se ne occupa (genitori e/o ausili vari). Se il bambino va al Nido o alla Scuola Materna (calcoliamo una media di sei ore giornaliere), la gestione interessa le restanti otto ore di vita familiare attiva.

Quante di queste otto ore sono oggi passate di fronte a un display? Due ore? Ma quando mai! … di primo acchito sembrano tante, ma proviamo a sommare i momenti giornalieri di esposizione a qualche forma di display: venticinque minuti in auto impegnati a video-giocare (tra andata e ritorno dal nido ma che possono aumentare in caso di spesa al supermercato), più il tempo concesso per completare a casa il gioco iniziato o farne un altro, magari con altri dispositivi disponibili (tipo tablet), aggiungendovi anche un po' di TV e qualche minuto rubato allo smartphone di mamma (che se impegnata in una incombenza domestica, ovvero tutti i giorni, è spinta a dimenticarsi del suo dispositivo e a permetterne un uso prolungato), più la telefonata (magari in forma di video-chiamata) alla nonna e la condivisione di messaggi, immagini e  foto su WhatsApp …

A questi momenti aggiungete liberamente altri momenti tratti dalla vita quotidiana di ognuno ed ecco che le due ore non sono più inverosimili, si raggiungono in un baleno e anzi vengono di gran lunga superate. Forse non saranno superate da bambini di due anni di età, ma a quattro? E cosa succederà quando di anni ne avranno otto? Due ore corrispondono al 25% della vita casalinga attiva ordinaria! Cumulate e proiettate su una scala di vita, di 80 anni, fanno in totale sette anni passati davanti a uno schermo. Un calcolo minimale, probabilmente sbagliato perché approssimato per difetto. Le ore sono destinate fatalmente a incrementarsi con la crescita del bambino.

Una circostanza che non può non avere effetto sul Sé in sviluppo e sulle generazioni che seguiranno.

I bambini dal canto loro, così come non nascono con un cervello già predisposto per la lettura, non nascono con la passione per la tecnologia. Se vi vengono esposti fin dalla tenera età finiscono però per considerarla indispensabile, con il rischio di migrare la loro vita sociale e relazionale dal mondo reale a quello virtuale e digitale online. Usare la tecnologia come baby-sitter può essere una soluzione temporanea e occasionale, utilissima nelle code in autostrada (non per chi guida!) o al ristorante, ma non può e non deve diventare norma e pratica abitudinaria quotidiana. Chi si occupa di bambini dovrebbe (deve) essere una persona in carne ed ossa, capace di empatia, disponibile a prestare attenzione (“Papà, smettila di stare su Google. Voglio parlare con te. Non mi importa quale sia la risposta giusta! Voglio solo parlare con te” – da La conversazione Necessaria di Sherry Turkle), disponibile a rispondere alle domande e alla conversazione, e capace di resistere al baby-sitting tecnologico che caratterizza le vite di molti genitori. Attuato da Genitori o da babysitter, da zii e parenti vari o da educatori e  insegnanti, il tempo della relazione di accudimento necessita sempre di un’interazione in carne ed ossa che deve occupare in modo preponderante ogni singola giornata del bambino; il resto deve essere uno scampolo, non il contrario!

Che le esperienze della vita in formazione debbano essere prevalentemente con persone in carne ed ossa, in una comunicazione psicobiologica complessa dalla quale dipende gran parte del benessere e della salute futura, è ripetuto dall'inizio di questo e-book e sarà reiterato sino alla conclusione. Privati di incontri faccia a faccia, intrappolati dai feedback continui eternamente presenti e gratificanti delle piattaforme digitali, i bambini non hanno modo di osservare gli effetti delle loro azioni su persone reali, e tarare su essi le attivazioni dei sistemi biologici, unico modo di dare forma all'empatia che nasce dal mostrare interesse ad altre persone assumendone il punto di vista.

Quando il mondo reale passa in secondo piano rispetto a quello virtuale rappresentato su un display, le persone finiscono per diventare distanti, impercettibili ed evanescenti, ma anche l'ambiente naturale e sociale nel quale sono immerse rischia di diventare invisibile, impercettibile o trasparente. Persi a video-giocare, a messaggiare con WhatsApp, a seguire le indicazioni del Tom Tom, in auto, in autobus o in treno, genitori, adulti e bambini rischiano di perdersi esperienze magiche e misteriose legate alla scoperta del nuovo e dei numerosi paesaggi che scorrono al di fuori. In autostrada il finestrino scompare e con esso la vista di un paesaggio o del panorama che cambia. La visione non è più rivolta all’esterno dell’abitacolo ma tutta concentrata all’interno su dispositivi tattili, visuali, luccicanti e parlanti, che suggeriscono e illustrano percorsi, rappresentazioni di monumenti, campanili e cattedrali come se fossero reali. Vanno perdute le conversazioni animate e le smorfie fatte per gioco ai viaggiatori che si incontrano nel viaggio e, sempre più spesso, si saltano anche le soste all’Autogrill perché troppo impegnati a interagire con qualche APP tecnologica (“no io non vengo, andate voi, aspetto qui…”). L’attrazione del display, la sua irresistibilità così come la crescente dipendenza da esso costituisce una realtà senza precedenti e prefigura scenari futuri rispetto ai quali dobbiamo attrezzarci.

Scenari attuali e di poco futuri 

Che la tecnologia abbia sostituito la babysitter in molte famiglie è evidenziato da numerose indagini di mercato e da studi che ne hanno studiato il fenomeno e le conseguenze (una indagine di Statista già nel 2013 indicava nel 60% le famiglie americane che facevano ricorso ai dispositivi mobili come sostitutivi di una Baby-sitter. In Italia si può fare riferimento allo studio più recente "Tecnologie digitali e bambini: un'indagine sul loro utilizzo nei primi anni di vita" condotto dal Centro per la Salute del Bambino Onlus che ha coinvolto 1300 nuclei familiari e ha evidenziato che il 38% di essi permette l’uso di un dispositivo a bambini sotto i 12 mesi di vita e ancora nella culla, il 60% lo fa con bambini tra i 12-24 mesi di vita).

Metà dei genitori ammette di ricorrere a smartphone e tablet, PC e console di videogiochi come strumenti di distrazione e per tenere occupati i bambini in modo da potersi occupare delle loro incombenze lavorative e domestiche, ma anche per poter avere maggiore tempo libero e libertà personali. Una scelta che va a braccetto, come già evidenziato, con la crisi della genitorialità e con la non conoscenza sul ruolo che i dispositivi tecnologici possano avere nella crescita di bambini e adolescenti.

Il fenomeno non è statico ma in rapida e costante evoluzione, quantitativa a qualitativa. A fare da potenziali babysitter tecnologici non ci sono soltanto smartphone, tablet e videogiochi o APP con Baby-sitter digitali (Google starebbe pensando al Baby-sitting digitale[4] come un servizio aggiuntivo a quelli già oggi offerti, un servizio paragonabile a quello del motore di ricerca…). Sul mercato tecnologico sono numerose le iniziative industriali e le startup che stanno investendo in intelligenza artificiale e robotica per la creazione di macchine intelligenti e capaci di apprendere. Le intelligenze artificiali stanno già sostituendosi a milioni di persone nell'esercizio di attività manuali e cognitive. Alcune di queste attività, oggi a rischio, implicano una comunicazione empatica, un'interazione faccia a faccia tra le persone e un contatto visivo ed emotivo. Seppure non provviste di capacità simili, già oggi macchine umanoidi, dotate di intelligenza artificiale e capacità di apprendimento,  hanno già trovato impiego come robot di compagnia o badanti cyborg nelle mansioni di cura agli anziani, ai bambini e ai disabili[5].

Secondo la International Federation of Robotics le vendite di macchine e robot di questo tipo sono in costante aumento ed a costi sempre più accessibili (Hello Kitty Robot ad esempio è un robot babysitter disponibile a 1000/2000 euro). Sono anche a disposizione macchine e robot di compagnia dotate di intelligenze specializzate nel compiere alcune funzioni legate alla cura degli anziani a casa o nelle residenze assistenziali sanitarie (RSA). Hanno applicazioni utili, come portare oggetti, stimolare gli assistiti, ma presentano criticità (ancora) insuperate: in uno stato di fragilità come quello degli anziani, il rischio è di amplificare la confusione, rendendo ancora più labile il contatto con la realtà esterna (soprattutto se usate per conversare). Il feedback umano è insostituibile e necessario per mantenere attive le funzioni cognitive verrebbe meno.

In modo simile nell'infanzia, gravi potrebbero essere gli effetti causati da robot incaricati non solo di monitorare il sonno di neonati o bambini (con il compito di attivare allarmi utili a far intervenire per tempo genitori o adulti umani), ma anche di intrattenerli verbalmente. Il linguaggio non è fatto di sole parole, il loro significato è veicolato da gesti, emozioni, sguardi, espressioni, toni della voce, legati sia al contenuto sia al contesto comunicativo.

In Asia si stanno diffondendo (tra i primi PaPeRo[6] della NEC e il giapponese Pepper[7] realizzato da Sofbank o Kuri[8] sviluppato dalla Mayfield Robotics) robot babysitter equipaggiati con videogiochi, sequenze di domande, riconoscimento facciale e altre applicazioni tecnologiche finalizzate a catturare l'interesse dei bambini e la loro attenzione così come a coinvolgerli in interazioni e conversazioni. Dotati di un linguaggio naturale del quale hanno una crescente dimestichezza e abilità, avrebbero però difficoltà a rispondere a semplici domande che ponessero questioni etiche o morali. Ad esempio cosa risponderebbero a domande sul perché della morte o delle azioni dei protagonisti di storie televisive o di racconti e favole? Domande alle quali molti bambini e adolescenti hanno bisogno di risposte meditate e personali, contestualizzate e culturalmente giustificate. Le paure non si rassicurano con semplici frasi, ma con frasi che abbiano un tono di voce rassicurante e modulato, abbondantemente condite da contatti e abbracci.

Tra i robot babysitter già disponibili e al momento, in vendita prevalentemente sul mercato cinese, c'è iPal. Il suo target di mercato sono famiglie con un solo figlio e con genitori così impegnati nella vita lavorativa da avere bisogno di ritagliarsi tempi e spazi di relax e riposo una volta che sono tornati a casa. È un robot da compagnia e un babysitter umanoide sociale, realizzato da Avatarmind, capace di muoversi, di giocare, ma anche di insegnare le basi della programmazione e specializzato nell'accudire e intrattenere bambini dai quattro agli otto anni. Alto poco più di un metro e con un peso di quasi 13 chili si muove grazie a 25 motori diversi, comprende il linguaggio umano, e interagisce con i bambini grazie a due videocamere, cinque microfoni, sette sensori che gli permettono di individuare eventuali ostacoli al suo movimento e cinque sensori tattili per l'interazione con il bambino. È in grado di raccontare favole, dispone delle funzionalità tipiche di uno smartphone come chattare e messaggiare, produrre video e condividerli. Offre al genitore la possibilità di rimanere in contatto tramite smartphone e/o tablet in modo da controllare da distanza l'attività di baby-sitting del robot. È stato progettato per catturare l'attenzione del bambino e mantenerla sempre all'erta grazie alle molteplici applicazioni e funzionalità di cui dispone e ai contenuti sempre aggiornati di cui si arricchisce, attraverso la sua connessione permanente a Internet. Sa rispondere ai mille perché che ogni bambino è abituato a porre a chiunque incontri. È  dotato di un'intelligenza artificiale che gli permette di apprendere da quello che fa, di ricordare le preferenze dei bambini e le interazioni precedenti, percepisce le loro emozioni (non certo per via empatica ma interpretando segnali comportamentali), interviene quando il bambino è triste con azioni programmate per incoraggiarli a superare la fase critica, ad esempio con attività fisiche. Infine grazie alle apparecchiature e ai sensori di cui è dotato è capace di registrare attività, reazioni e progressi dei bambini e di comunicarli ai genitori.

Assieme a Mary Poppins manderemo in pensione anche mamme e papà? 

Caratteristiche umane insostituibili 

“Il linguaggio non crea nuovi processi cognitivi dal nulla, ma quando i bambini incontrano altre persone ‘intersoggettivamente’ e adottano le loro convenzioni comunicative, questo processo sociale è in grado di creare una nuova forma di rappresentazione cognitiva – una forma che non trova riscontro in altre specie animali “. – Tomasello (1999: p 48)

 

Nessun smartphone e neppure APP sviluppate appositamente, sono in grado di sostituire il ruolo di una/un baby-sitter (come nessuna babysitter il ruolo di un genitore) in termini di cura, attenzione, sensibilità, ricchezza dell'interazione e importanza. Solo una persona può garantire la profondità e la qualità della relazione di accudimento; così come la perseveranza, che dovrebbe caratterizzare una genitorialità espressa nell'arco di una vita e non semplicemente circoscritta al tempo presente e immediato dell'interazione tecnologica.

Il tempo che un bambino trascorre davanti a un display non può sostituire e neppure diminuire il tempo a lui dedicato per interagire, dialogare, leggere e giocare. Nessuna APP come Lunaby (che permette al bambino di selezionare una fiaba attivando un avatar recitante che lo intrattiene con la sua lettura) potrà mai sostituire, nella lettura di una fiaba o un racconto, una mamma o un papà (o un nonno) che mentre legge lo tiene tra le braccia.

La lettura di storie è una attività importante per la sua pienezza relazionale. Il raccontare è una forma di contatto, di interazione e di relazione tra il Sé del bambino e quello dell’adulto. Un tempo dedicato e condiviso che ricorda a vicenda quanto ci si voglia bene. Chi legge conduce per mano il bambino che ascolta, in un viaggio attraverso i mondi disegnati dalla storia. Agisce come un tutor, una guida di viaggio, capace di far percepire e immaginare, in modo pieno e completo, immagini e paesaggi, ma anche i loro colori e odori. Capace di far emergere emozioni e sensazioni corporee, e accompagnare all’eccitazione e al piacere fornendo risposte adeguate e rassicuranti alle domande poste dal bambino. Ne deriva una interazione fatta di parole, coloritura delle intonazioni,  pause, ritmi che variano, contenuta da un adulto che è li vicino, proteso con interesse e calore (per approfondimenti vedi il libro già citato prima di Maryanna Wolf, Proust e il calamaro – Storia e scienza del cervello che legge).

Non è un caso che il ricordo dei propri genitori (o di un adulto al quale si è dato fiducia, baby-sitter inclusa) che ci raccontano una fiaba è spesso presente tra i momenti più caldi dei bambini divenuti adulti, impresso nella memoria centrale e periferica di ognuno.

La diffusione di smartphone e tablet tra le nuove generazioni già sta avendo, ed ancor più avrà, un impatto sullo sviluppo e sul comportamento di bambini e adolescenti. Gli effetti sono al momento ancora poco conosciuti ma molto studiati per la percezione diffusa che la tecnologia attuale sia responsabili di grandi cambiamenti, alcuni dei quali richiedono maggiore conoscenza e attenzione. Le conseguenze di questi cambiamenti, non solo cognitivi ma anche fisiologici e neuronali, verranno alla luce a posteriori, quando la statistica avrà accumulato dati significativi, ma sono chiaramente prevedibili già oggi nelle due direzioni generali:

  • effetti positivi: se la tecnologia è utilizzata in arricchimento alle capacità e necessità umane (selezionate dalla lunga storia evolutiva dell'homo sapiens)
  • effetti negativi: se in sostituzione di esse; in questo caso la deprivazione genererebbe una base labile e insicura.

Chiare e forti sono le conoscenze scientifiche di quanto i primi anni di vita incidano sulla salute futura e di quanto la relazione di accudimento (in famiglia e poi a scuola a partire dal Nido) sia l’ambito psicobiologico dell'apprendimento alla salute e al suo mantenimento.

Non è colpa della tecnologia se l'ignoranza non di rado sia più forte della conoscenza. Impossibilitata a diventare cultura di massa, l’ignoranza diffusa (nel senso di non conoscenza) finisce per spingere a sottovalutare meccanismi di funzionamento fondamentali alla base dello sviluppo del Sé.

Nel suo report "Nurturing care for early childhood development: linking survive and thrive to transform health and human potential" pubblicato nel maggio 2018, l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Unicef hanno richiamato l'attenzione sui cinque elementi fondamentali per lo sviluppo infantile dei bambini del mondo. Elementi identificati nella buona salute, sia fisica sia psichica, in una nutrizione adeguata, in ambienti sicuri e liberi da guerre, nella possibilità di apprendere fin dai primi anni di vita e di godere di attenzioni responsabili. A questi elementi andrebbe aggiunto un ulteriore elemento, l'affiancamento e il supporto fornito al bambino nel suo interfacciarsi al mondo attraverso l'uso di strumenti tecnologici. Un affiancamento fatto di cura, di interazioni pro-attive e di supporto con l'obiettivo di dare forma a veri e propri laboratori domestici di esperienze creative, intellettuali, emotive ed affettive, coltivare la relazione, favorire l'apprendimento, lo sviluppo del linguaggio e quello cognitivo. In assenza delle future statistiche sugli effetti della baby-sitter tecnologica vale ancora oggi quanto evidenziato da Lev Semënovič Vygotskij  (Strumento e segno nello sviluppo del bambino, con Aleksandr Romanovič Lurija, Roma-Bari, Laterza, 1997), quasi cento anni fa, nel suo lavoro sull'importanza dell'interazione umana e sociale nello sviluppo linguistico, cognitivo ed emotivo del bambino. Con la sua teoria che ogni funzione dello sviluppo sociale del bambino appare due volte, la prima a livello sociale e la seconda a livello individuale, prima tra le persone (interpersonale) e poi interiormente (intrapersonale), Vigostky ha evidenziato quanto i bambini abbiano bisogno di interagire con altre persone come parte del loro processo di apprendimento. L'esposizione non guidata e solitaria del bambino al mezzo tecnologico non è positiva, ma costituisce un vicolo cieco. 

Norme d’uso prudenziali

Solo una, quella del titolo del paragrafo.

 

 



[1] TV dei ragazzi - o televisione dei ragazzi (ma anche, più correttamente, TV per i ragazzi o televisione per i ragazzi) - è il termine che in Italia ha convenzionalmente e per lungo tempo indicato il particolare segmento di programmazione della televisione pubblica RAI (poi imitata dalle emittenti private) dedicata all'infanzia e all'adolescenza. (Wikipedia)

[2] Terminologia slang che descrive la creazione e trasmissione di messaggi di testo elettronici, in genere brevi (non più di cento caratteri), tra due o più dispositivi mobili. Il texting è spesso preferito come mezzo alternativo di comunicazione quando la comunicazione vocale è difficile, inappropriata o indesiderabile ma nel tempo è diventato una pratica diffusa e alternativa alla telefonia. Secondo il filosofo Maurizio Ferraris il texting è un esempio di quanto lo smartphone abbia favorito la scrittura, prima ancora della telefonia. Il texting corrente non si riferisce solo a contenuti testuali ma anche a contenuti audio, video e multimediali (MMS). Il texting può essere 

[3] Supercalifragilistichespiralidoso) è una canzone del film Mary Poppins (1964), scritta da Richard M. e Robert B. Sherman, cantata nel 1965 in italiano (nella versione cinematografica da Tina Centi) da Rita Pavone (incisa su dischi RCA Italiana) e da Nancy Cuomo.

[4]  Google ha brevettato un servizio di babysitting remoto disegnato per tranquillizzare genitori, impegnati per motivi di lavoro o domestici e preoccupati per i loro figli lasciati da soli a casa. Il brevetto, non ancora trasformato in servizio, contiene la descrizione di numerosi servizi utili a proteggere bambini non accuditi. La soluzione si basa sull'uso di tecnologie avanzate come telecamere di sicurezza, sensori capaci di percepire movimenti ma anche di segnalare al genitore, attraverso l'invio di un messaggio o di una email, che il bambino non è accudito da troppo tempo (il troppo è definibile dal genitore), e molto altro.

[5]  Il termine intelligenza artificiale non va inteso come intelligenza umana artificialmente replicata. Questo non è ancora possibile e probabilmente non lo sarà mai anche se resta un indirizzo per  molti ricercatori. Indica la possibilità di processi di scelta molteplici in funzione dei contesti e quindi adattamento ad essi, chiamato apprendimento. 

[6] PaPeRo (Partner Personal Robot) è un robot assistente personale sviluppato da NEC Corporation a partire dal 1997. E' noto per il suo aspetto gradevole e per la capacità di riconoscere le facce delle persone con cui interagisce. PaPeRo è stato pensato per agire da partner per gli esseri umani, per interagire e vivere insieme a loro. Una versione del robot è stata destinata all'accudimento dei bambini. E' capace di interagire con le persone e di agire in modo autonomo grazie alle informazioni che capisce e alle condizioni che caratterizzano l'ambiente nel quale è collocato. Nel 2009 NEC ha introdotto anche una versione mignon di 23 centimetri che potrebbe essere usato come strumento di sorveglianza (positiva) delle persone che abitano uno spazio condiviso (ad esempio per sorvegliare persone anziane o bambini).

[7]Pepper è un robot umanoide, gentile, sorridente e sorprendente. Sviluppato dalla giapponese SoftBank, è stato disegnato per essere il compagno di ogni giorno e dotato anche della capacità di percepire le emozioni degli umani con cui interagisce in modo da adattare le sue azioni e comportamenti su di esse. Un suo uso diffuso in Giappone è nei punti vendita, usato per dare il benvenuto e intrattenere i clienti, ma sta penetrando rapidamente anche nelle case di molti giapponesi.

[8]Rilasciato a fine anno 2017, programmato per tenere sotto controllo e monitorare la casa ma anche per interagire e comunicare con adulti e bambini. Al prezzo di soli 700 euro è in grado di segnalare impegni e appuntamenti in agenda, suonare musica, leggere favole e storie ai bambini prima che si addormentino

 

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