L’attaccamento ossessivo delle nuove generazioni di nativi digitali a schermi di ogni tipo suscita facilmente reazioni di rimprovero da parte degli adulti ma difficilmente diventa oggetto di preoccupazione o di intervento attivo. Manca la consapevolezza che un tempo elevato passato davanti a uno schermo e l’assenza di interazione sociale nella vita reale non sono una espressione di libera attività ma il sintomo di un potenziale problema.
La realtà raccontata da numerose indagini e studi evidenzia un’esposizione a qualche tipo di schermo che nella popolazione giovanile raggiunge il 75% del tempo di veglia. A illustrare in modo plastico e forse preoccupante il ruolo che lo schermo ha assunto nella vita dei giovani è stata una indagine condotta da un centro studi internazionale americano dell’Università del Maryland che ha chiesto a 1000 giovani di spegnere i loro dispositivi tecnologici per un giorno e ne ha poi sondato le reazioni a caldo. La maggioranza dei giovani non è riuscita a tenere spento il dispositivo per l’intera giornata. Tra quelli che ci sono riusciti la maggioranza ha usato il termine dipendenza per spiegare la sofferenza patita per l’assenza di una connessione alla Rete e l’impossibilità di usare il dispositivo, adducendo come spiegazione che lo smartphone e il social network sono diventati estensioni essenziali della loro vita. Tutti i giovani coinvolti sono stati incapaci di riempire il tempo risparmiato con altre attività o iniziative preferendo crogiolarsi nella pigrizia e nella noia. Senza mezzo tecnologico ad alcuni sono bastati quindici minuti per scoprire di non avere alcuna idea su cosa fare di loro stessi lontani da uno schermo tecnologico che avrebbe al contrario offerto loro connessione, sicurezza e conforto.La tecnologia viene vissuta come una via di fuga a anche come strumento sociale. I ragazzi che hanno saputo sfruttare positivamente la giornata senza tecnologia hanno evidenziato una maggiore capacità a vivere socialmente i contatti familiari e amicali e la percezione concreta che lo schermo tecnologico possa distrarre da relazioni vere.
Psicologi, esperti, educatori e genitori non hanno ancora trovato un accordo consensuale su quale dovrebbe essere il limite temporale di esposizione ad uno schermo da parte di un bambino/adolescente. Tutti sono però concordi nel segnalare un eccessivo uso (abuso, uso patologico) di dispositivi dotati di schermo: iPod, computer, televisione, smartphone, phablet, tablet, console per videogiochi. Secondo alcuni studi universitari i bambini che passano più di due ore al giorno (in alcuni paesi le ore passate davanti allo schermo sono 6-8) davanti ad uno schermo televisivo o di computer sono destinati a soffrire di difficoltà piscologiche, a prescindere dalla loro maggiore o minore attività fisica e lontana dalla tecnologia. Uno studio del 2015 condotto su una popolazione di 10000 giovani dai 16 ai 19 anni ha rilevato che più alta è l’esposizione allo schermo prima di coricarsi e minore è la qualità del loro sonno.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Gli schermi hanno invaso la vita di tutti ma sembrano svolgere un ruolo cognitivo, emotivo e sociale particolare nella mente delle nuove generazioni e nel determinarne atteggiamenti e comportamenti, a volte anche violenti. Uno dei fenomeni indotti da questa eccessiva dipendenza dallo schermo è noto come “hikikomori5”, un nome giapponese perché usato in Giappone per descrivere l’atteggiamento di persone, in particolare giovani (20%), che si ritirano nelle loro stanze private per mesi impegnando il loro tempo a guardare la televisione, a navigare in rete e a video-giocare (Nintendo, PlayStation, Xbox).
Ad oggi non esiste alcuna ricerca che abbia dimostrato la pericolosità psichiatrica di dipendenza da schermo ma il fenomeno è tale da attirare l’attenzione degli studiosi e non solo dei genitori. Il tempo trascorso davanti ad uno schermo ha cambiato il tempo libero dei ragazzi, il loro accesso all’informazione e all’apprendimento. Una ricerca condotta nel 2010 evidenziava che a dieci anni, ben prima che arrivassero smartphone e tablet, i ragazzi erano già stati esposti ad almeno cinque tipologie di schermi diversi.
All’età di sette anni i ragazzi della generazione Z hanno già collezionato un anno intero di tempo, calcolato sulle 24 ore giornaliere, interagendo con schermi digitali ricreazionali e ludici. Il dato evidenzia il rischio a cui sono sottoposti i più giovani e la necessità di definire alcune regole con l’intento di prevenire o ridurre i rischi di tipo medico, fisiologico e psicologico. In particolare il rischio maggiore sembra essere quello che interessa i bambini fino al secondo/terzo anno di età che, secondo numerosi psicologi e pediatri, non dovrebbero essere esposti a schermi tecnologici. Secondo alcuni pediatri i dispositivi mobili dovrebbero essere proibiti fino al compimento del dodicesimo anno di età. In alcuni paesi come Francia, Canada e Australia, questa preoccupazione si è tradotta in campagne e iniziative governative tendenti a suggerire di vietare ai più piccoli anche la televisione digitale. Taiwan, Cina e Corea del Sud impongono ai genitori l’affiancamento dei bambini quando sono davanti ad uno schermo digitale, sottoponendoli al rischio di multe nel caso in cui non lo praticassero.
Il rischio di effetti negativi da eccessiva esposizione allo schermo è tanto più grande quanto più aumenta il tempo passato davanti a un display. Già oggi in alcuni paesi le indagini raccontano di bambini tra i 3/4 anni che passano più di tre ore al giorno davanti ad uno schermo. Le ore salgono a quattro per bambini tra i 5-7 anni, a 4/5 ore per ragazzi tra gli 8 egli 11 anni e a 6,5 ore per i teen-ager. Le ore passate online aumentano con il crescere dell’età e la pratica online diventa una esperienza sempre più solitaria, spezzata oggi dalla socializzazione in mondi virtuali e digitali resa possibile dalla pervasività dello strumento smartphone.
Anche se non esistono prove certe (scientifiche) su una patologia legata ad una esposizione esagerata allo schermo e non ci sono analisi condivise tra gli studiosi sulla sua esistenza, esistono evidenze empiriche che segnalano alcuni rischi potenziali come quello della dipendenza. Ad esempio si sa che, quanto prima un bambino viene esposto ad uno schermo digitale, tanto più grande sarà l’influenza degli schermi nella sua vita futura. E’ come se l’uso/abuso di uno schermo finalizzato al divertimento introduca dei cambiamenti chimici (rilascio del neurotrasmettitore noto come dopamina) duraturi nel cervello del bambino, esattamente come li può causare l’uso prolungato di zucchero e cocaina.
La vulnerabilità a sostanze che possono creare assuefazione e dipendenza è estremamente variabile da un individuo ad un altro. Non esistono per il momento prove scientifiche certe sulla dipendenza da schermo ma i neuroscienzati sottolineano come la produzione giornaliera di dopamina, come effetto di una prolungata esposizione a schermi digitali, possa modificare il sistema di piacere e ricompensa ad essa associato, producendo al tempo stesso maggiore dipendenza, perdita di controllo degli impulsi e ulteriori potenziali cambiamenti di tipo neuro-chimico. Un meccanismo che innesca il bisogno neuronale di più dopamina e che può essere soddisfatto solo con l’aumento della esposizione ulteriore ad uno schermo digitale. Un circolo vizioso che può portare a conseguenze serie e manifestarsi in forme di vera e propria dipendenza.
Un rischio collaterale associato ad un eccessiva esposizione visuale può generare un falso senso di competenza legato ai successi acquisiti durante un videogioco o nell’uso di nuovi strumenti e applicazioni digitali. Questi successi rischiano di rimanere virtuali così come lo sono i mondi nei quali sono state sperimentate le nuove competenze. Un altro rischio, evidenziato da alcuni studiosi, è la perdita di pensiero concreto e astratto come effetto collaterale del ricorso costante a mezzi tecnologici e alla frequentazione di mondi virtuali. A questa perdita contribuisce anche la scuola, sempre più tecnologizzata e legata a schermi di LIM, tablet e personal computer. L’arrivo del tablet e la sua trasportabilità e usabilità in ogni luogo e tempo, ha dato forma a nuove abitudini come quella di portarsi il dispositivo tecnologico a letto. Ne deriva una difficoltà nel sonno che dipende dall’emissione di luce blu dal dispositivo e che può portare all’indomani all’incapacità di tenere alto il livello di attenzione e di concentrazione.
Secondo l’American Academy of Pediatrics and the Canadian Society of Pediatrics, i rischi derivanti da una eccessiva esposizione a dispositivi tecnologici con schermi digitali e dall’uso che ne può essere fatto sono almeno dieci:
- Deficit dell’attenzione, ritardi cognitivi, accresciuta impulsività, perdita dei autocontrollo e difficoltà nell’apprendimento come conseguenza di uno sviluppo cerebrale determinato da contesti sempre più tecnologici
- Sviluppo fisiologico rallentato a causa de movimenti ripetitivi e limitati indotti dalla interazione con dispositivi tecnologici
- Obesità e longevità limitata
- Privazione e disturbi del sonno
- Disturbi mentali evidenziati da sintomi depressivi, ansia, deficit dell’attenzione, autismo, bipolarità, psicosi e comportamenti problematici
- Aggressività, come risultato di una eccessiva esposizione a scene di violenza online e sullo schermo
- Demenza digitale che si manifesta con incapacità a concentrarsi e perdita di memoria
- Dipendenza
- Emissione di radiazioni