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Il digital divide tecnologico e la sicurezza

Il digital divide tecnologico e la sicurezza

05 Giugno 2017 Redazione SoloTablet
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Tutti oggi possono usare la tecnologia ma non tutti lo fanno. Tra quelli che lo fanno, i Nativi Digitali lo fanno con grande rapidità e facilità, gli immigrati digitali con maggiore riluttanza e difficoltà. I risultati di questi diversi atteggiamenti non sono tutti misurati e condivisi. Chi fa uso degli strumenti digitali sembra comunque avere un'opportunità e molte possibilità in più, anche in ambito sicurezza e difesa della privacy.

Il tema del digital divide si applica anche alla sicurezza, un ambito che è sotto la lente di ingrandimento per la diffusione costante di attività criminali che mettono in dubbio la validità di tanti meccanismi, modelli e approcci pensati per controllare e proteggere accessi e risorse. Se trenta anni fa le applicazioni a rischio, che sollevavano le preoccupazioni più grandi, erano quelle diplomatiche e militari oggi sono prevalentemente quelle economiche, finanziarie e di comunicazione, in particolare quelle oggi collegabili alle nuove tecnologie delle Internet degli oggetti.

Oggi la sicurezza è diventato problema di tutti e qualcosa che non può essere trattato con superficialità. La sicurezza non può però essere analizzata e gestita solo da un punto di vista tecnologico. La diffusione di Internet e delle reti sociali suggerisce l'importanza di intervenire da un punto di vista sociale e sui meccanismi che governano le relazioni tra persone e il modo con cui le persone utilizzano la tecnologia.

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Non è un caso che con l'aumento di controlli e il miglioramento dei sistemi tecnologici di sicurezza i malintenzionati e i malfattori si siano rivolti sempre di più agli utenti della Rete. Utenti che sono fatti sentire protetti e sicuri dalle piattaforme che frequentano e che in realtà, per la trasparenza dei loro dati, diventano vittime predestinate di diversi tipi di attacchi che sfruttano proprio la confidenza di essere in un ambiente amichevole e protetto.

Molte attività criminali che prima avvenivano nel mondo reale hanno seguito gli utenti andando anch'esse online e moltiplicando in modo esponenziale i rischi e i pericoli di frodi e attacchi criminali. Il fenomeno si è diffuso anche perchè le forze di polizia, le policy e la legislazione dei vari paesi non sono preparati per affrontare o prevenire il nuovo tipo di criminalità. Una difficoltà che dipende sia dal numero crescente di persone che fanno uso degli strumenti tecnologici sia dal fatto che questi strumenti continuano a cambiare e a evolvere. E con loro evolvono anche le attività criminali che sembrano adattarsi ai cambiamenti in modo da poter sfruttare al meglio non solo eventuali falle ma proprio le nuove funzionalità e i nuovi ambiti applicati tecnologici. Questi ambiti non possono essere protetti soltanto con sistemi di crittografia o alzando i livelli di sicurezza ma intervenendo sulla protezione della privacy facendola rispettare anche ai grandi produttori di piattaforme tecnologiche come Facebook e Google, sulla protezione dei dati così come dei metadati, sul copyright e sulle policy da adottare.

Per garantire maggiore sicurezza bisogna cioè essere in grado di guardare al problema nel suo insieme, non solo dal punto di vista tecnologico. Scrivere un nuovo algoritmo o software per la sicurezza è relativamente semplice oggi ma la sua efficacia può essere completamente annullata dall'uso che ne viene fatto quando gli utenti della Rete cominciano a interagire tra di loro e con la tecnologia. La complessità derivante da queste interazioni è molto più grande della complessità tecnologica e delle problematiche legate alla sicurezza informatica. I limiti non derivano tanto dalla quantità i righe di codice per la sicurezza prodotte ma dai fattori sociali che intervengono quando le persone usano questo software, dalla pervasività che assumono determinati comportamenti online e dai cosiddetti effetti della Rete.

Il problema della sicurezza in Rete è all'origine di un digital divide aggiuntivo a quelli già esistenti. Le persone capaci di usare la tecnologia sono maggiormente in grado di difendersi e di usarla come una opportunità. Quelle che le usano passivamente e senza comprenderle sono più a rischio e mettono in pericolo online non solo la loro privacy ma anche i loro asset economici e personali. Le persone che hanno imparato a vivere digitalmente possono essere più produttive e al tempo stesso garantirsi maggiore sicurezza. le altre sono sempre più esposte a rischi crescenti dovuti sia alla loro incapacità di capire cosa stia realmente succedendo ma anche alla crescente intelligenza degli attacchi e alla crescente invadenza di organi governativi e non nella privacy e nella vita degli individui.

Tra i rischi crescenti ci sono quelli associabili alle nuove Internet degli oggetti. I rischi non sono solo quelli della privacy e riservatezza dei dati personali ma anche ad esempio il modo con cui vengono fatti gli aggiornamenti software e soprattutto la lentezza con cui verranno adottate e adattate policy e normative per governare il fenomeno e gestire le nuove problematiche da esso scaturite.

Ciò che sta avvenendo sembra indicare in modo sempre più evidente che gli ambiti sui quali porre l'attenzione non sono solo quelli tecnologici ma politici, economici, militari e sociali.  Il nemico non sta più solo e soltanto nelle bande di cybercriminali che scorrazzano la Rete ma anche nei governi e nelle loro pratiche di sorveglianza invasiva, nei partiti e nlle loro pratiche di profilazione psicologica per garantirsi maggiori opportunità di voti, nelle grandi corporazioni e nei proprietari delle piattaforme tecnologiche per l'uso commerciale che fanno dei dati di cui entrano in possesso.

Di fronte alla complessità del fenomeno un ruolo importante spetta all'individuo e all'utente. E' una sua responsabilità diminuire il digital divide e il gap di conoscenze sul funzionamento delle tecnologie e sui rischi alla privacy e alla sicurezza. Lo è anche di fronte alla propaganda, alle false notizie che abitano sempre più la Rete e obbligano non solo a imparare a usare meglio la tecnologia ma anche a difendersi cognitivamente, emotivamente e socialmente da attacchi non necessariamente e soltanto mirati alle loro tasche e risorse.

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