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La scuola che vorrei … Insegnare oggi

La scuola che vorrei … Insegnare oggi

17 Ottobre 2015 Flavia Giannoli
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Flavia Giannoli
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L'insegnamento è annoverato fra le professioni più appaganti (insieme a quella di infermiere e di pompiere), ma la scarsa considerazione da parte degli amministratori pubblici, l'aumento della burocrazia e la penuria di risorse concrete per l'innovazione didattica mina profondamente la fiducia dei docenti.

L'articolo è stato scritto da Flavia Giannoli - Docente  Formatore - e-mail: flavia.giannoli@gmail.com 


Da una piccola indagine-questionario sulle richieste e sulle necessità della scuola è emerso che la situazione è complessa ed a volte contradditoria.

Ma gli insegnanti tengono duro! I risultati sono stati presentati al Meeting dei Docenti virtuali & Insegnanti 2.0, tenutosi a Lamezia Terme il 31 maggio 2015.

 

 Slide della presentazione al Meeting

A scuola tra relazione e tecnologia

Negli ultimi decenni i modelli educativi familiari sono molto evoluti: dalla educazione normativa si è passati all'educazione per la realizzazione del sé. Il figlio è lasciato libero di seguire le proprie inclinazioni, ma spesso viene protetto oltre misura dall’assunzione delle proprie responsabilità.

Nell’attuale sistema educativo si può crescere con una fragilità narcisistica, legata alla costruzione di immagini del sé lontane dalla realtà. Gli spazi virtuali che i ragazzi abitano e nei quali si relazionano  permettono la creazione di identità intangibili. Il mondo reale, corporeo e fisico, restituisce una immagine del sé diversa da quella del mondo virtuale ed immaginifico nel quale il ragazzo si percepisce. Troppo spesso la realtà cozza con la percezione e subentra la crisi, i problemi relazionali con l’esterno.  (Matteo LANCINI, Psicologo e psicoterapeuta e Presidente Fondazione Minotauro).

La scuola è il luogo delle relazioni, anche con gli insegnanti.

A scuola si è inseriti in un processo creativo della personalità più ampio di quello connesso alla tecnologia da sola, ma che dagli ambienti virtuali allargati non può prescindere. 

Il capitale sociale dell’era digitale

Oggi non c’è più bisogno di mobilitare risorse più o meno ingenti per avvicinarsi ad un tema, un contenuto, una persona: basta sapere dove cercare! Inoltre intrattenere rapporti è un investimento quasi a costo zero dal punto di vista del budget, però richiede tempo, che è una risorsa preziosa e va tenuto in conto (“A scuola di social media”, di  Stefania Capogna).

La gestione del tempo è uno dei nodi critici centrali della vita nell’era digitale: essere sempre connessi può diventare fonte dispersione e disorientamento invece che preziosa risorsa ed occorre educare gli studenti a saper stare in rete.

Nelle scuole italiane si è tuttavia ancora molto lontani dallo sfruttamento del capitale sociale: finora i due decreti Carrozza sui contenuti digitali e sulle piattaforme di gestione didattica ed amministrativa sono stati disattesi, come anche l’accesso alla Banda larga è ancora un sogno per la maggioranza delle scuole. Si spera che la situazione possa cambiare grazie al diritto di accesso ai dati (Legge 124/15) ed alla Buona Scuola (Legge 107/15) (Ferri)

Inoltre in Italia si sta anche assistendo al crollo delle immatricolazioni all’Università. Sembra che l’ascensore sociale sia bloccato e che la “nuova classe operaia” non vada all’Università: in realtà dai licei arrivano più iscritti, mentre c’è stata una flessione del 50% in dieci anni dai professionali e tecnici (Repubblica ).

La scuola dovrebbe quindi aprire ad un altro risvolto sociale positivo dell’era digitale: la “massificazione” della conoscenza, che permette l’accesso a risorse formative di alto livello anche a chi è distante dalle Università tramite appositi corsi online (Mooc e simili), spesso gratuiti o a costi bassissimi. Gli studenti a scuola dovrebbero aver “imparato ad imparare”, cioè a saper informarsi ed a saper utilizzare le risorse in rete per il proprio apprendimento (lifelonglearning)

I risultati dell’indagine-questionario: ombre e luci

 

  • Gli studenti di oggi sono percepiti:
  • Disorientati e confusi,
  • Preoccupati
  • Tecnologici
  • Ragazzi normali
  • Le richieste che vengono fatte alla scuola:
  • Saper sviluppare la creatività ed autonomia dei propri alunni
  • attività più coinvolgenti in classe
  • Formazione a 360° della persona
  • Trasmissione dei saperi
  • Accompagnamento e comprensione
  • Utilizzare le tecnologie come utile supporto all’apprendimento

 

OMBRE: E’ imprescindibile che la scuola smetta di arroccarsi su pratiche didattiche vetuste, ma governi autorevolmente il cambiamento, sostenendo lo sviluppo olistico dei giovani nei vari aspetti sociali, culturali e tecnologici necessari per vivere e lavorare domani nel complesso mondo moderno.

Adulti competenti e consapevoli cercasi!

LUCI: Un commento dal questionario: “Mio figlio frequenta la quinta elementare ed è stato fortunato ad incontrare una maestra che utilizza molto bene la tecnologia. E' stato un percorso utile e ben supportato dalla sua insegnante evidentemente preparata. Non posso che esprimere la mia soddisfazione anche perché utilizza tanti programmi (consigliati dalla sua maestra) utili per l'apprendimento delle materie scolastiche e non solo. Il mio commento nel complesso non può che essere molto positivo. Vi saluto augurandovi buon lavoro!”       ( Commento firmato )

Quale fiducia nel futuro della scuola?

Dal questionario emerge che gli insegnanti sono decisamente pessimisti, mentre i non-docenti nutrono molta fiducia su un futuro positivo! Perché?

Il ruolo dell’insegnante è considerato socialmente importantissimo, ma la valorizzazione ed il riconoscimento del suo lavoro è in Italia ai minimi storici. Ciò provoca una evidente contraddizione nella valenza della figura dell’insegnante vista dall’interno o dall’esterno.

Un altro punto di criticità è rappresentato dal carico eccessivo di aspettative e richieste fatte ai docenti. Il quotidiano per chi fa scuola è segnato da carichi sempre maggiori di responsabilità educative scaricate sulla scuola, di eccessivi orpelli burocratici (spesso inutili), di richieste di innovazione didattica non supportate dalla possibilità di adeguata formazione  (se non a carico del docente). 

Per uscire dall’impasse la strada è una sola: fare gruppo e condividere risorse e buone pratiche per fronteggiare le richieste e diminuire il carico sul singolo docente: l’unione fa la forza! Ma per far questo occorre andare oltre e potenziare il lavoro di squadra e dare senso alle attività collegiali, spesso ridotte a pratiche vuote e ripetitive, vissute e sopportate come “obblighi di servizio”.

Tutto ciò va accompagnato da forti e precise richieste di categoria rivolte all’amministrazione. “La Buona Scuola siamo noi!” non deve ridursi ad un grido sterile, ma trasformarsi in critica costruttiva sui temi forti della formazione e dell’educazione. Una critica autorevole, che sappia farsi ascoltare.

Le parole d’ordine sono: dinamismo, interattività… creatività. Senza tirarsi indietro di fronte al nuovo ed alle difficoltà. Come essere coerenti altrimenti nel formare i nuovi protagonisti del domani?

Adulti competenti e consapevoli cercasi!

Gli insegnanti non si arrendono, tengono duro e continuano a cercare di dare il meglio di sé. Perché?

L'insegnamento non è annoverato fra le professioni facili o ben retribuite. L’insegnamento è annoverato fra le professioni più appaganti, insieme a quella di infermiere e di pompiere.

La risposta quindi potrebbe essere: "Solo una vita spesa per gli altri vale la pena di essere vissuta" (Albert Einstein). 

 

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