Il ritardo può essere diversamente valutato ma la realtà di molte scuole italiane ritorna l'immagine di una difficoltà legata alla capacità di cambiare e innovare in modo da allineare cultura, programmi e strategie scolastiche e didattiche alle numerose rivoluzioni tecnologiche che hanno cambiato il mondo. La difficoltà emerge da quanto siano lasciati soli gli insegnanti che vogliono realmente cambiare e non solo per cavalcare l'onda dei finanziamenti cresciuti sulle nuove tecnologie ma anche da quanti investimenti tecnologici sono stati fatti senza alcuna chiarezza e indipendenza di obiettivi. Si cavalca l'onda dei nuovi dispositivi mobili e delle loro applicazioni ma spesso per soddisfare l'industria tecnologica e i produttori che hanno individuato nella scuola un ricco potenziale di mercato. Si dimentica che le tecnologie, anche le più innovative, andrebbero piegate a obiettivi didattici e alla formazione e sviluppo della testa di studenti nati e cresciuti da nativi digitali nell'era dell'informazione caratterizzata dal surplus informativo e cognitivo.
L'attenzione catturata dai nuovi media digitali ha portato a enfatizzare il ruolo da essi spendibile nel trasformare la didattica, tradizionalmente frontale poco collaborativa, e ad accettare passivamente che le classi nel frattempo diventassero sempre più numerose e ingestibili frontalmente. Il tablet può avere favorito forme della didattica diverse e più funzionali alla gestione di trenta alunni, in una insufficientemente grande aula scolastica, ma non ha cambiato la qualità dell'insegnamento o permesso forme di apprendimento utili ad una pratica migliore di pensiero critico e forse neppure ai lavori del futuro.
Il ritardo della scuola è determinato in larga parte dal ritardo colpevole della classe politica italiana, arretrata su tutto, rispetto alle esigenze dei cittadini, e in particolare incapace di comprendere gli effetti della rivoluzione tecnologica sulla società, sull'educazione e sul lavoro. Il ritardo è tanto più colpevole quanto maggiore è lo scarto esistente tra scuola e mondo del lavoro e quanto più profonda è la rivoluzione che lo sta trasformando facendo emergere nuove realtà ibride nelle quali convivono e si integrano sfere diverse, fisiche, digitali e biologiche.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
La pervasività del dispositivo mobile ma soprattutto l'avvento delle APP ha cambiato l'esperienza in aula obbligando la scuola a fare i conti con il ruolo che la tecnologia ha in classe, a scuola e nell'educazione dei ragazzi. Un compito difficile e reso complicato dalla condiscendenza di molti genitori sull'uso dei dispositivi e dalla superficialità con cui affrontano il tema della formazione in classe e dell'apprendimento attraverso i nuovi mezzi tecnologici. Agendo spesso come facilitatori, in particolare regalando smartphone e gadget tecnologici a figli e figlie in età prescolare, molti genitori pensano di fornire loro l'accesso alla conoscenza come se un'APP per l'apprendimento della matematica o della grammatica italiana potesse sostituire un insegnante. Al tempo stesso l'uso diffuso del mezzo tecnologico da parte dei ragazzi obbliga gli insegnanti a dover fare i conti con esso rivedendo le forme della didattica e con ragazzi dotati di conoscenze diverse, determinate da un uso più o meno intelligente dei dispositivi di cui dispongono. Ciò che sfugge ai genitori è che la conoscenza senza approfondimento, confronto e apprendimento rischia di essere lacunosa. Sfugge loro anche la pressione che viene esercitata sul corpo docente che reagisce di fronte alle nuove sfide con risposte non sempre adeguate e spesso frutto di affanno. Infine sfugge a molti genitori quanto possa essere fondamentale per i loro figli poter acquisire strumenti di pensiero critico utili ad alimentare la singola individualità dei ragazzi ma anche la loro creatività, immaginazione e capacità performativa.
Un altro sintomo del ritardo nella scuola nell'uso della tecnologia è evidenziato da un utilizzo diffuso di dispositivi tecnologici applicato a forme della didattica tradizionali, a scapito di una reale trasformazione sia della didattica sia dei modi di apprendere. E' un ritardo grave perchè la testa dei ragazzi è cambiata così come sono diversi i loro modi di apprendere. Abituati all'interazione con le APP dei loro dispositivi e a giocare con videogiochi ricchi di spunti, sfide, materiali, risorse, personaggi ma anche di problemi da risolvere, di strategie da adottare, di pianificazioni e attività di gruppo, di responsabilità e scelte da prendere, i ragazzi che siedono nei banchi scolastici dispongono oggi di abilità e bisogni molto diversi da quelli dei ragazzi delle generazioni precedenti. Sono ragazzi, nativi digitali e Millennial oggi alla generazione Z che hanno già sperimentato livelli elevati di coinvolgimento, praticato forme diffuse di collaborazione e hanno messo alla prova se stessi nell'implementazione di progetti e nel raggiungimento dei loro obiettivi. Sono ragazzi che hanno bisogno di sistemi formativi integrati, di forme di apprendimento coinvolgenti, creative e pro-attive, di molta interdisciplinarietà e di nuovi strumenti analitici.
La prossima sfida tecnologica con cui dovranno confrontarsi tutti gli insegnanti e la scuola sono le nuove soluzioni e applicazioni di Realtà Aumentata e Virtuale ma anche di Intelligenza Artificiale e algoritmica. Con queste nuove realtà i ragazzi sono obbligati a confrontarsi perchè saranno le stesse realtà che troveranno in molti ambiti di lavoro futuro ai quali approderanno al termine della loro esperienza scolastica. La scuola non può evitare di fornire loro le abilità e gli skill necessari ad affrontare le nuove sfide e, al tempo stesso, deve fare in modo che le prime e i secondi siano sempre fondati sulla capacità domunicare in modo pragmatico e adeguato, di risolvere problemi (problem solving) e sulla capacità di elaborare pensiero critico.
La soluzione non sta, come pensano molti genitori (almeno per quelli che dispongono di budget adeguati per farlo), nel dotare i loro figli delle ultime novità tecnologiche, siano essi tablet iPad, laptop Surface o 2-in-1, assistenti personali alla Echo o Google Home, ma nel contribuire insieme agli insegnanti a colmare il ritardo della scuola e a risolvere i suoi problemi in termini di: budget tecnologici adeguati per attrezzare opportunamente le classi e formazione del corpo docente adeguata, ma soprattutto adozione e sostegno di nuove forme didattiche in grado di facilitare forme di apprendimento diverse ma con obiettivi non dissimili da quelli del passato, preparare la testa dei ragazzi alle sfide del cambiamento continuo che caratterizzerà il loro futuro.
*Spunti per questo articolo tratti da un articolo di Carolina Milesi su Techpinions