[di·à·lo·go]
Autore: Carlo Mazzucchelli
Lo scambio, per lo più verbale (non bisogna mai dimenticare il linguaggio del corpo, e poi esistono anche dialoghi silenziosi) può essere articolato su posizioni diverse: di difesa, di scontro, fittizie, per il semplice gusto di discutere e dialogare, per giocare. Il dialogo in effetti è un gioco a somma zero nel quale “ciascuno può vincere solo quello che gli altri perdono” (E.Bencivenga).
Ciò che conta nel dialogo è la contaminazione reciproca tra dialoganti, una contaminazione che si esplicita durante il dialogo e finisce per far emergere le loro identità. Il dialogo è essenziale per trasformare i significanti usati in segni da cui nasce il loro senso e prendono forma i loro molteplici significati. Nella nostra testa possono scorrere mille pensieri ma è solo quando li traduciamo (non tutti) in parole, gesti e azioni che il dialogo prende forma e lo fa a partire dalla nostra disponibilità (intenzionalità) al confronto e alle possibili trasformazioni che ne deriveranno. Dialogare significa esporsi e essere disposti al cambiamento. Non è forse un caso che quando un dialogo non produce cambiamenti sia considerato fallimentare.
Il dialogo si basa sullo scambio, sulla generosità, sull’apertura alle idee dell’altro, sulla disponibilità a accettare le altrui opinioni usandole per mettere in discussione in modo critico le proprie e, così facendo, dando loro un livello superiore di elaborazione e profondità.
Il dialogo così praticato non ha mai termine, è una pratica interminabile sulla quale investire come una risorsa utile per la vita, personale e individuale ma anche lavorativa e professionale.
🍒🍒DISORIENTATI E IN FUGA NEL METAVERSO