ETERNO

01 Gennaio 2022 Etica e tecnologia
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Eterno, viene da ex æviternum, fuori dal tempo: con il latino ævum (tempo) che si affianca al sanscrito evà, movimento, viaggio (dalla radice √i, andare, alla quale corrisponde il latino ire, andare) e al greco aión, il tempo.

Eterno evoca qualcosa di magico e indicibile, qualcosa che – tornando alla distinzione fra conoscere e sapere – magari si conosce perché se ne ascolta, se ne legge, ma nella pelle non si sa, anche se poi da innamorati si promette volentieri l’amore eterno. E non si sa, perché – se per eternità ci si riferisce a un tempo che non ha inizio né fine, a un tempo di durata infinita, ché questa è, parola più parola meno, la definizione che normalmente si riceve quando si domanda cos’è l’eternità – non se ne ha esperienza. Chi potrebbe dire qualcosa di ciò che non ha fine? E una vita senza fine, per quel che se ne sa, non l’ha assaggiata nessuno, né appartiene all’esperienza collettiva dell’umanità (al più illuminata da una memoria di poche migliaia di anni). A che si pensa, allora, quando si dice eternità: forse a un ergastolo della vita o dell’al di là?

L’eternità è un tempo illimitato, che non conosce inizio né fine: così si ripete, ma l’origine della parola non parla di questo.

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Eterno, viene da ex æviternum, fuori dal tempo: con il latino ævum (tempo) che si affianca al sanscrito evà, movimento, viaggio (dalla radice √i, andare, alla quale corrisponde il latino ire, andare) e al greco aión, il tempo.

Dunque, dal punto di vista etimologico, l’eternità non è un tempo infinito, ma la condizione di chi si trova fuori dal tempo, libero dalla determinazione del tempo. La vita eterna, ultimo articolo del simbolo apostolico, la forma più antica del credo, non è la vita senza inizio né fine, ma la vita libera dal tempo. E di questo sappiamo qualcosa, perché, a differenza di una durata senza fine, della libertà dal tempo tutti abbiamo fatto e facciamo esperienza, anche solo per un breve intervallo di vita, quando qualcosa ci rapisce: un bel libro, una musica particolare, un momento estatico o di amore, una sensazione profonda di unità; in questi momenti perdiamo di vista lo scorrere dei minuti o delle ore, l’attimo si dilata in modo indefinito, non c’è più un prima e neppure un dopo, o meglio sono compresenti. E in questa compresenza per poco o per molto poco siamo liberi dal tempo, e proprio in questa libertà dal tempo conosciamo uno spiraglio di eternità.

In chiave teologica potremmo dire che questa libertà dal tempo suscitata dall’amore non dovrebbe stupire. Infatti, se pensiamo che la creazione fu (e continuamente è) un atto d’amore, allora l’amore logicamente ha preceduto la creazione e dunque il tempo (dunque anche la creazione e, a maggior ragione, la differenziazione dei sessi): l’amore viene prima. E possiamo aggiungere che la creazione, agita dall’amore, è rivelata dalla bellezza.

Tornando al simbolo apostolico, al credo, anzi al crediamo – perché nella sua formulazione originaria si legge al plurale –, l’ultimo articolo di fede Crediamo nella vita eterna allora potrebbe propriamente significare crediamo nella vita liberata dal tempo, così rivelando un legame tra fede e libertà.

Se ciò che è bello e ciò che è legato all’amore possono rapirci e farci deragliare dai binari della necessità e liberarci, anche per poco, dalla gabbia del tempo, allora accompagnarsi con una buona lettura, sguardare tra le pieghe dell’arte, leggere il gran libro del mondo come una pagina miniata, innamorarsi, innamorarsi ogni giorno, innamorarsi a qualunque età, investire in tutto questo – per il tempo che resta, che per quanto appaia lungo è breve – perché capace di accompagnare fuori dal tempo, di liberare dal tempo, è investire nell’eternità, assaggiata già ora, qui.

E perché eternità è scivolare fuori dal tempo, e perché è l’attraversare la bellezza e l’amore che ci dona spicchi di eternità, allora vorrei dire ancora una parola a favore dell’amore, di qualunque amore, purché nella libertà e nella reciprocità e nella gratuità amore sia, benché illecito o socialmente riprovato, benché additato o condannato dalla voce collettiva e bigotta, dal costume e dalle leggi. Ché se è amore, per quanto sofferente, ma fatto di libertà e reciprocità e gratuità, se inscritto nell’orizzonte della persona prima che della specie, allora è sempre benvenuto e in qualche modo, ne sono certo, anche benedetto.

Passerà il nostro nome e la memoria del nostro volto, passeranno le figlie e i figli delle figlie, passeranno le cose che abbiamo fatto e le tracce lasciate durante questo viaggio, ma la bellezza e l’amore aprono all’eterno e sono per sempre


Autore

Massimo Angelini

Zappo le parole per seminare idee.

Saggista, editore, fabbricante di lunari: ho curato ricerche e scritti dedicati alla storia delle mentalità, ai processi di formazione delle comunità locali fra antico regime ed età contemporanea, alla tradizione rurale, alla cultura della biodiversità, al sacro e alla dimensione dei simboli.

Coltivo la casa editrice Pentàgora: www.blog.pentagora.it

Sono autore di Ecologia della parola (Pentàgora 2020, II edizione)

Ho amato leggere Pavel A. Florenskij, Ivan Illich, James Hillman, Giuseppe Lisi, Christos Yannaras.

 

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