[ól·tre]
La dimensione dell’oltre non esiste se non in relazione a qualcosa che la precede, in relazione a un pre-. C’è sempre qualcosa rispetto-a-cui intendiamo andare oltre. Non esiste l’oltre come dimensione a se stante, come dimensione assoluta. L’oltre per esistere ha bisogno di qualcosa che lo preceda e questo qualcosa a sua volta ha bisogno dell’oltre per superarsi. Che cosa sarebbe il pre- senza l’oltre? Che cosa sarebbe l’oltre senza il pre-?
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L’oltre è ciò che può venire dopo, è ciò che può seguire. All’oltre appartiene la dimensione del seguire, seguire un pre-. Il pre- può essere per esempio una certezza, una certezza che a un esame critico potrebbe rivelarsi estremamente limitata; da qui il bisogno di aprire il proprio punto di partenza, di metterlo da parte, di rifondarlo, di bagnare i piedi in altre acque, insomma di andare oltre. Ma l’oltre non è solo e sempre un ampliamento positivo, l’oltre può anche essere ciò-oltre-cui-non-voglio-andare; l’oltre può essere quindi un’ulteriore dimensione etica che ritengo negativa e verso cui non intendo spingermi restando così all’interno del perimetro etico da me accuratamente fondato.
È a partire dalla perimetrazione del pre- che viene a determinarsi che cosa è per me oltre, oltre me. L’oltre è la complessità che mi eccede, è la complessità che eccede la mia semplificazione del mondo, la mia visione semplificata del mondo. L’oltre è ciò che eccede il pre-, ciò che esula dal pre-. Ciò che per me è oltre, per un’altra persona potrebbe essere la dimora abituale, il suo pre-. Ognuno di noi è un pre-, è un insieme di pre- ed è in relazione a questi pre- soggettivi che si determinano gli oltre soggettivi di ognuno di noi.
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