La mappa si aggiorna ogni giorno ma i confini sono labili, sconosciuti, fanno sentire smarriti.
Le mine sono coronavirus ma non solo e siamo responsabili della loro proliferazione e disseminazione.
La retorica neoliberista dominante ci ha convinti a fare affidamento solo su noi stessi.
Siamo diventati bravi nel recitare la parte competitiva dell’imprenditore, dello startupper, del lavoratore indipendente.
🔥🔥🔥 𝐀 𝐏𝐑𝐎𝐏𝐎𝐒𝐈𝐓𝐎 𝐃𝐈 𝐄𝐌𝐄𝐑𝐆𝐄𝐍𝐙𝐀
Per seguire lo storytelling vincente ci siamo raccontati innumerevoli panzane, ritrovandoci nell’impotenza che uccide l’autostima.
La sensazione nasce da timori, paure, ansie che generano paralisi, isolamento, sfiducia nelle istituzioni e negli altri, forse anche in noi stessi.
Oggi scopriamo che tanti sforzi sono stati vani e che i cocci sono tutti nostri.
I posti di lavoro persi per colpa della pandemia sono calcolati in milioni.
Non quantificabili gli imprenditori di sé stessi senza reddito e lavoro. Unica risposta possibile è il filo d’Arianna della solidarietà.
Il filo può indicare l’uscita dal campo minato, fornire la speranza per guardare avanti.
La crisi è diventata permanente, gli strumenti inadeguati.
Il disagio e l’angoscia si vincono insieme, nella solidarietà e collaborazione.