2016 - Tecnologia, mon amour forever /

I tempi sono folli e ci aspetta nuovo caos

I tempi sono folli e ci aspetta nuovo caos

01 Giugno 2016 Redazione SoloTablet
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Il libro di Carlo Mazzucchelli Tecnologia, mon amour forever è pubblicato nella collana Technovisions di Delos Digital

I tempi sono folli e ci aspetta nuovo caos

I tempi pazzeschi sono quelli tecnologici, ricchi di promesse e in cui tutto sembra possibile. Folli sono anche i tempi economici e sociali caratterizzati dalla crisi, dall'aumento dei conflitti e dalla ricerca di nuove armonie nelle quali realizzare nuove forme di convivenza sociale e di esistenza individuale. Per raggiungere questi obiettivi non si possono più accettare le regole esistenti ma bisogna agire per cambiarle. Per farlo bisogna decidere cosa si vuole ottenere, il primo passo per navigare situazioni volatili, incerte e caotiche che sono destinate ad aumentare. Tutti i segnali indicano una fase di grandi e profonde trasformazioni ma anche molto stimolante e ricca di opportunità. Lo è soprattutto per quanti hanno deciso di non nascondersi la realtà, che hanno percepito le tendenze emergenti, che vogliono affrontare con coraggio l’incertezza e provare ad addomesticare il futuro e che per farlo stanno acquisendo informazioni, alimentando conoscenze e apprendendo strumenti utili per gli adattamenti prossimi venturi. I tempi folli sull’orlo del caos non devono spaventare ma suggerire nuove strategie di resilienza e resistenza con l’obiettivo di trasformare paure, ansie e fragilità in strumenti conoscitivi utili ad affrontare e gestire la complessità e la criticità dell’epoca in cui viviamo. 

Premessa

Punto di partenza di questa riflessione è una conferenza/incontro del filosofo Slavoj Žižek, tenutasi alla Feltrinelli di Milano e che è servita alla presentazione di Meno di niente, l'ultimo libro del filosofo sloveno e il primo di tre volumi interamente dedicati ad Hegel (e non solo), il filosofo tedesco che più di altri ha condizionato il pensiero occidentale degli ultimi due secoli e oggi oggetto di un rinnovato interesse legato ad una rivisitazione critica della postmodernità.

Il libro Meno di niente non è di facile lettura, anzi diciamo pure che è molto ostico e non per tutti. Žižek coinvolge nella sua riflessione pensatori e tematiche che non sembrano neppure tra loro collegate ma così facendo rende il libro più leggibile e molto più interessante. Si va dai filosofi come Platone, Heidegger e Fichte oltre naturalmente Hegel, agli psicanalisti Freud e Lacan, ma si parla anche di film e di registi come Hitchock, di Marx, di Nirvana (湼槃, 涅槃), di sesso e di fisica quantistica. Il tutto per ricordare a tutti che la situazione che stiamo vivendo non è poi molto diversa da quella dei tempi di Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770 – Berlino, 14 novembre 1831) .

Ciò che sembra contare maggiormente, oggi come ieri, è cercare di agire per prevenire la catastrofe da fine dei tempi che percepiamo tutti di stare vivendo (le stragi recenti di Bruxelles e quelle di Parigi o Istanbul non sono che alcuni degli ultimi segnali). Una fine dei tempi che si presenta in varie forme e che ci obbliga a nuove interrogazioni, riflessioni e ricerche, a fare delle scelte, a prendere decisioni personali e individuali e a suggerirne di sociali, pubbliche e politiche. Un modo per farlo è di evitare l'identificazione con il senso comune o di farsi manipolare dalle apparenze che lo caratterizzano e lo descrivono. Inutile mantenere le apparenze, meglio disintegrarle, prendere consapevolezza della loro inattualità e smettere di fingere di non sapere quello che tutti già sappiamo: i tempi che viviamo sono turbolenti e senza facili vie di fuga. Tutti sono chiamati a impegnarsi e mobilitarsi per contribuire a creare nuovi contesti di senso e a dare nuove direzioni e destinazioni di scopo all’evoluzione in cui siamo tutti coinvolti. Lo dobbiamo fare per proteggere valori, idee e verità nelle quali abbiamo creduto e siamo cresciuti negli ultimi decenni e per contribuire a definire gli scenari futuri per le prossime generazioni che verranno. Non si tratta solo di rigettare i modelli economici, sociali e politici emergenti ma di rielaborarne e svelarne l’ideologia e la pretesa egemonica che li caratterizza. In questi modelli la tecnologia e i suoi evangelisti giocano un ruolo chiave, tutto da interpretare nella sua ambiguità fatta di progresso e tante promesse di benessere e felicità e di tendenza al dominio e al controllo. Una ambiguità ben illustrata da aziende come Google, Facebook, Amazon, Apple che contribuiscono a rendere tutto accessibile a tutti ma in modalità sempre più basate sulla privatizzazione, sul monopolio, sulla scarsa trasparenza e lo scarso rispetto della privacy e soprattutto con finalità sempre e solo commerciali e consumistiche.

Spunti per una riflessione

Oggetto della riflessione di questo capitolo del mio e-book non è tanto il contenuto del libro, troppo vasto per essere trattato adeguatamente, o i numerosi spunti filosofici toccati dall'autore durante l'incontro di Milano con il pubblico, quanto i molti temi di natura politica, sociale e tecnologica che hanno fatto da sfondo alla conferenza e che caratterizzano il pensiero più ampio di Žižek espresso anche nei numerosi libri di Žižek: Meno di niente ma anche  Benvenuti in tempi interessanti, Vivere alla fine dei tempi, In difesa delle cause perse e Un anno sognato pericolosamente.

Il testo di Žižek si presta a interpretazioni diverse. Il tema di fondo della riflessione è cosa sia possibile fare per cambiare affrontando un periodo di grande confusione e di grandi  trasformazioni. Il cambiamento è reso indispensabile e urgente sia dalle nuove conquiste tecnologiche che ci fanno sognare di poter realizzare l'impossibile sia dalla situazione di grave crisi sociale ed economica che ci fa credere l'impossibile come fondamentale anche se forse non realizzabile.

La tecnologia sta trasformando in modo radicale le nostre vite e forse la nostra stessa natura umana (manipolazioni biogenetiche, robotizzazione e cyborg prossimi venturi) ma al tempo stesso le nostre economie hanno sempre meno soldi per soddisfare esigenze primarie come quelle sanitarie, scolastiche, dei servizi assistenziali e pensionistici, ecc. ("Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri" - Antonio Gramsci).

Accecati dalla tecnologia e manipolati dai media che ne amplificano le possibilità, siamo arrivati a pensare che tutto è diventato possibile. Lo crediamo a tal punto da non porci più alcuna domanda sul fatto che ciò che pensiamo possibile, in realtà probabilmente non lo è.

Al tempo stesso ascoltiamo quasi passivamente e in modo acritico quanto la maggioranza degli economisti va raccontando sull’impossibilità di ricette alternative a quelle che predicano l’austerità e la priorità della riduzione del debito.  Dimentichiamo così che quanto sembra impossibile oggi può in realtà diventare possibile, basterebbe decidere e impegnarsi per volerlo, ad esempio come suggerisce l’economista Gianīs Varoufakīs cambiando le regole esistenti.

Per dirla con il filosofo Žižek che cita Lacan, "l'impossibile accade” se è legato a un atto o intervento capace di cambiare le coordinate di ciò che è possibile. Una specie di richiamo allo slogan sessantottino ‘Siamo realisti, domandiamo l'impossibile’ ma ripensato e collocato in una realtà diventata melmosa e paludosa e nella quale tutte le 'vacche sembrano nere’ e sprofondano nell'armonia imposta del pensiero unico. La reinterpretazione della frase del 68 francese (Soyons réaliste, exigeons l'impossible) suggerisce di fare esattamente l'opposto di quanto ci è richiesto e di operare in modo da realizzare ciò che appare impossibile. Un modo per farlo è di ridefinire e ripensare i limiti e la linea di demarcazione tra ciò che è possibile e ciò che è impossibile, svelando le forme illusorie con le quali le cose ci appaiono per scoprire come le cose stanno veramente (un richiamo a Kant). Al ‘nulla è impossibile’ della tecnologia (il sogno dell’immortalità dell’uomo ibridato tecnologicamente) e della scienza (la ricerca dell’immortalità attraverso la genetica) nella loro fase di evoluzione attuale, Žižek contrappone anche in modo paradossale la fase economica e sociale attuale, piena di contrasti e di situazioni impossibili come quelle determinate dai flussi migratori inarrestabili da nord a sud, dalla disuguaglianza crescente, dalla precarietà del lavoro e dalla impossibilità di accedere a servizi essenziali come la sanità, l’istruzione e il welfare. Queste impossibilità possono ancora diventare possibili ma solo attraverso una produzione di pensiero che permetta di elaborare in forma nuova i concetti per riorganizzarne i limiti e svelarne la realtà. Se l’impossibile accade significa che, cose che reputiamo oggi impossibili, sono in realtà possibili e al contrario cose che oggi valutiamo come possibili, in realtà non lo sono affatto. L’azione alla quale siamo chiamati non è solo politica e di interpretazione dei fatti, ma cognitiva e individuale, finalizzata ad appropriarsi di nuovi linguaggi e terminologie, di nuovi strumenti di osservazione e comprensione della realtà, con l’obiettivo di ridefinire e ripensare, anche in modo retroattivo, i limiti del possibile e dell’impossibile. In questa ridefinizione rientra la componente tecnologica e la sua pretesa di trasformare l’impossibile in possibile, senza necessariamente qualificare il senso di questa trasformazione e a chi dovrebbe portare benefici e vantaggi reali. Ad esempio cosa significa rendere possibile l’automazione del lavoro in ambiti ritenuti fino a oggi non presidiabili dalle sole macchine se l’effetto collaterale è la perdita di altre migliaia o milioni di posti di lavoro e l’aumento della povertà e della precarietà?

Viviamo tempi interessanti

Lo slogan è famoso per avere caratterizzato la rivoluzione maoista. In Cina lo si usa anche come maledizione (Che tu possa vivere in tempi interessanti). I tempi interessanti sono periodi di irrequietezza, di guerra, di conflitti politici e sociali e di lotte. Sono periodi che ritornano e quando lo fanno, come in questi tempi, obbligano a ripensare le regole stesse di convivenza e le radici su cui è stata costruita un’organizzazione economica, politica e sociale. Pensare di superare il momento caotico e complesso in cui siamo precipitati, senza rivoluzionare l'intero sistema, è illusorio oltre che inutile. Ne fanno testo in questi giorni in Italia le mille proteste che si diffondono incontrollate nascendo spontaneamente in mille posti diversi e l'inconsistenza di qualsiasi misura politica presa da una classe politica che si è ritrovata tutta insieme, per colpa della sua inazione decennale, delegittimata e non più credibile. E fanno tenerezza gli sforzi dei politici delle nuove generazioni quando insistono nel sostenere che loro non c'erano ancora e che bisogna dar loro fiducia! (La libertà” scriveva Adorno “non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta”).

Per capire la situazione in cui ci siamo cacciati, bisogna sapersi dotare di  nuovi strumenti di comprensione della realtà, diversi da quelli del passato. Questi strumenti possono aiutare a comprendere sia le ripetizioni storiche sia le novità che caratterizzano il nuovo millennio. La novità principale è una crisi economica diversa dalle precedenti per il suo carattere di sistema e per la sua lunga durata. La crisi attuale è diventata permanente perché non è solo economica ma sistemica, non è solo finanziaria ma sociale, non è solo politica ma etica e morale. Non può essere affrontata con ricette vecchie e con le stesse regole politiche e sociali o da persone che, pur essendo responsabili della situazione attuale, hanno una mente ancorata nel passato e incapace di adattarsi al nuovo che avanza. Non basta saper cinguettare o pubblicare su un muro delle facce per interagire con realtà modificate tecnologicamente e per questo diventate globali, fluide, scivolose e sempre più incerte e fragili.

I tempi interessanti che stiamo vivendo ci pongono una serie infinita di problemi su ognuno dei quali dovremmo tutti prendere una posizione e decidere cosa fare. Inutile dare la responsabilità solo alla classe politica, ai grandi poteri, alle multinazionali, ai capitalisti della Silicon Valley o al capitalismo finanziario. Tutti siamo responsabili e tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, sia producendo e condividendo le nostre riflessioni e idee, sia agendo nella realtà con atti concreti e azioni quotidiane finalizzate al cambiamento. Per farlo serve coraggio (non solo quello della disperazione causata dalla disoccupazione, dalla privazione e dalla povertà) ma soprattutto la capacità di rimettere in discussione le molte certezze che pensavamo acquisite per sempre e che sono in realtà solo apparenze.

La prima certezza da smontare è che nulla possa essere cambiato. È una certezza alla Matrix (le persone alimentate all'interno di uteri tecnologici, incoscienti della realtà esistente al di fuori) che ci è stata suggerita da chi vuole mantenere lo status quo e impedire ogni forma di cambiamento radicale e di antagonismo. Per uscire dal Matrix serve la pillola rossa ma soprattutto la volontà di sceglierla al posto di quella blu che rende felici e incoscienti all’interno dell’anonimato della matrice tecnologica che tutti avvolge, contamina e controlla. La scelta non è semplice perché la pillola rossa che rappresenta una via di fuga dalla Matrice disvela la realtà della realtà. Una realtà che può essere più dolorosa di quella nutrita dalla pillola blu caratterizzata dall’ignoranza e dalla illusione. Nel film Matrix Neo decide di fare la scelta più disagevole e di affrontare la sfida rappresentata dalla uscita dal mondo prefabbricato, tecnologico e digitale del Matrix pieno di apparenze, di algoritmi e identità preconfigurate e gestite e anche di déjà vu.

La seconda certezza è che viviamo tempi nei quali sembra esserci garantita una libertà infinita. Un’illusione che continuiamo a coltivare nonostante si frantumi nella cronaca di ogni giorno e nelle molte esperienze negative che caratterizzano molte delle giornate di vita quotidiana di tutti. Su questa illusione si infrangono i barconi dei migranti che scoprono muri e reticolati nell’Europa civile e patria delle libertà, le aspettative di giovani e meno giovani di avere ancora diritto a un lavoro stabile e ben pagato, le attese dei cittadini verso servizi pubblici che confermino la validità di diritti conquistati con anni di rivendicazioni e lotte, di ricercatori e cervelli che vorrebbero esprimere la loro professionalità e intelligenza in contesti italiani e sono al contrario obbligati a emigrare e infine le speranze di scalata sociale di molte persone sempre più in difficoltà a uscire dai ghetti sociali in cui sono costretti e relegati. Per tutti questi e altri motivi urge diventare consapevoli dei limiti della libertà concessaci, sia essa quella di utenti dei media o delle tecnologie di Internet, della privacy individuale, dello spazio pubblico, delle rivendicazioni sindacali e per i diritti e infine della soggettività individuale.

Fatta questa operazione, si può ricominciare a ridisegnare nuove utopie (eu-topie) future ed a gettare le fondamenta di nuovi futuri possibili in cui l'impossibile possa accadere.

Forchette, Forconi e il caos emergente

Le forchette sono quelle amate e usate dalla classe politica per rimpinzarsi nei ristoranti romani con i soldi degli elettori. I forconi sono strumenti di lavoro sconosciuti ai più ma metaforicamente diventati noti a tutti dal 9 di dicembre 2013, data di partenza del movimento che esprimeva il ribollire della società italiana e il suo malessere diffuso. Un malessere che non è diminuito nonostante la retorica renziana del cambiamento e del miglioramento continuo. Il caos è il contesto nel quale si muovono forchettari e amanti dei forconi, un contesto che non presenta nessuna linearità e di conseguenza nessuna facile prevedibilità degli eventi. La situazione che si è venuta a creare ha sicuramente delle cause, non è però il frutto deterministico delle stesse ma anche delle molte rotture e degli sbalzi che hanno caratterizzato i percorsi che hanno portato fin qui. Alcune di queste rotture hanno agito come il battito della farfalla di Lorenz, generando fenomeni oggi difficilmente gestibili per la loro dimensione e profondità. Oggi esempi di questi fenomeni sono riscontrabili non solo in Italia ma in tutta Europa compresa la stabile Germania.

I numerosi movimenti sociali e politici (Podemos, Movimento 5 Stelle, Lepenismo, Lega, Alternativa per la Germania, ecc.) di questi ultimi due anni sono la dimostrazione plastica dell’incapacità di chi governa a comprendere le difficoltà e l'arrabbiatura dei governati che non si sentono più rappresentati ma è anche la dimostrazione della fragilità del potere e delle difficoltà dei governati a comprendere la complessità della realtà. A protestare non sono più solo gli operai che perdono il posto di lavoro ma i protagonisti dei mestieri più svariati, dall'artigiano al libero professionista, dalla partita IVA al cocopro. È una protesta che nasce dalla percezione di essere tutti precipitati in basso e di ritrovarsi, tutti insieme, in una poltiglia melmosa dalla quale nessuno è in grado di tirarci fuori perché il futuro in cui sperare sembra essere diventato una realtà impossibile da realizzare (un deserto di sabbie mobili). Questa realtà che emerge, narrata dai suoi protagonisti artigiani, contadini, autotrasportatori, disoccupati, esodati e piccoli commercianti è sfuggita di mano a partiti e governanti ma anche agli economisti che, troppo presi a discettare di massimi sistemi e bolle finanziarie, hanno dimenticato di posare lo sguardo nel sottosuolo e alla diversa umanità che si è trovata a popolarlo.

Così come nella fiaba danese scritta da Hans Christian Andersen, il bambino che sgranando gli occhi alla vista del sovrano nudo urla la famosa frase "ma non ha niente addosso" da cui la derivazione “Il re è nudo”, oggi i molti movimenti dei forconi hanno fatto scoprire a tutti la verità sulla situazione italiana. È una verità violenta che denuncia l’emergere di una realtà che la maggioranza degli osservatori, dei giornalisti e dei cittadini stessi avevano scelto volontariamente di non vedere nella speranza di prolungare nel tempo una realtà ormai inesistente.

Per tornare al libro di Žižek che ha fatto da spunto a questo capitolo: "Le rivoluzioni accadono talvolta in tempi di caos, ma solitamente quando non c'è né guerra né caos. Devono esserci due condizioni: tempi di povertà e l'infrangersi della giustizia. Le due cose non sono necessariamente collegate...Il primo passo della liberazione è la percezione della propria situazione come ingiusta. Questa è già libertà interiore."

Oggi si scopre che la democrazia può essere un nemico e la libertà, una parola vuota. La democrazia che impedisce ogni forma di cambiamento non è più democrazia ma sopraffazione dei pochi (i giornalisti del Corriere, Rizzo e Stella, direbbero la casta) e illusione (Matrix) per i più.

A impedire la libertà e il rinnovamento sono gli stessi meccanismi democratici, che ingabbiano qualsiasi forma di cambiamento. Questi meccanismi non sono neutri. Non sono neppure elementi descrittivi essenziali della nostra democrazia (governo da parte del popolo). Sono meccanismi imposti da una classe politica che ha rinunciato a fare delle scelte Politiche e si limita a gestire le politiche e l'amministrazione dello stato seguendo logiche dettate da poteri altri, percepiti come neutri, ma in realtà molto politicizzati, forti e impositivi.

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Internet e new Media

Fino alla crisi del 2008 tutto sembrava sotto controllo. Nonostante la crisi non fosse stata la prima ma l'ultima di una serie che si sono susseguite a partire dagli anni novanta, cittadini ed elettori sembravano felici della loro condizione di individui lusingati nel loro essere consumatori, da messaggi indirizzati a coltivare la loro avidità da consumatori e desiderio di possesso. Succubi e contenti di questa manipolazione molti cittadini hanno perso la loro autonomia e si sono affidati ciecamente a una classe politica che ha finito per renderli vittime passive di quanto poi è successo. Oggi il risveglio è amaro e faticoso è trovare rapidamente una via di uscita capace di individuare e percorrere nuovi percorsi di salvezza e di ripartenza.

Il ribellismo che si cela dietro molti movimenti sociali e politici del momento, ricorda le rivolte di Spartaco, Thomas Muntzer, Pierre Poujade, il Guglielmo Giannini dell'Uomo Qualunque, rivolte violente (per ora fortunatamente solo nella forma e nel linguaggio) originate da movimenti radicali. Oggi come allora il problema è come evitare che terminino in sconfitte perché incapaci di stabilizzarsi in un nuovo ordine e nuove forme di democrazia ("...i movimenti dei forconi si dibattono nel chiasso, con i gesti disordinati della gente che annega" - adattamento di una citazione di Andrei Siegfried).

Il movimento dei forconi del 2013, finito rapidamente (bruciato forse mediaticamente nei numerosi talk show che gli hanno dato visibilità e benzina) ma anticipatore dei molti movimenti di protesta che si sono susseguiti, nelle sue manifestazioni più anarchiche e ribelliste, non è stato una novità e ha ripresentato situazioni storicamente già vissute in periodi di crisi della società occidentale come quelle che hanno anticipato l'avvento del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. La situazione è simile anche per il modo in cui questi fenomeni si stanno manifestando e nelle cause che sembrano determinarli. Una di queste, da non sottovalutare, è che i nuovi movimenti ribelli e a-ideologici, pur non essendo classificabili come fascisti, finiscono per avere una impronta di destra ed alimentare forme di fascismo, ogni qualvolta si assiste al fallimento di una proposta di sinistra.

I movimenti attuali sono la prova di un’insoddisfazione diffusa che covava da lungo tempo e che le forze politiche di sinistra non sono state capaci di percepire, comprendere e mobilitare. Un errore gravissimo con conseguenze ancora tutte da verificare e che nessun Renzi potrà evitare. Ciò che manca al nuovo protagonista della vita politica italiana è forse una visione del mondo e un’idea di trasformazione della realtà. In qualche modo continua la tradizione di una sinistra italiana che si è allontanata dai luoghi della vita (Marco Revelli), non sa elaborare una visione del mondo alternativa e dare corpo a nuove utopie, e che non sa immaginare altra ricetta se non quella della deflazione e della riduzione del debito con la conseguente perdita di potere di acquisto, di libertà e di diritti.

Tutto lascia pensare che ci stiamo avviando verso periodi pericolosamente caotici. Ciò che sta emergendo non può essere interpretato con le categorie del passato e neppure ricordando esperienze passate emerse in situazioni che ci sono raccontate come simili a quelle attuali. Queste similitudini sono inesistenti e inutili. Diverse sono le forze in atto nella società odierna. Assente era nel passato un modello autoritario ma vincente come quello asiatico che ha trasformato le nostre economie e sta ora cambiando anche le regole del nostro vivere economico e civile. Basti considerare la sparizione del posto di lavoro a tempo indeterminato e il proliferare di nuove forme di schiavitù del lavoro, con stipendi ormai insufficienti a garantire una vita dignitosa.

Il vero problema attuale è il fatto di non sapere proprio cosa stia succedendo e la difficoltà a saper fare delle scelte e decidere quali strumenti usare per nuove interpretazioni (la parola analisi andrebbe bandita) e costruire nuove visioni del mondo e teorie. È probabile che nessuna delle teorie, soluzioni o ricette classiche funzioni ed è anche possibile che le nuove non siano adeguate. Tra lo stare fermi e il tentare però è sempre meglio provarci. Si può cominciare con il recupero della realtà e il disvelamento delle apparenze nella loro illusorietà e concretezza negativa, con il recupero dei significati delle parole, con la formulazione di nuovi linguaggi e l’elaborazione di nuove teorie. Così facendo si contribuirebbe a fare succedere ciò che al momento sembra impossibile che possa accadere!

Meglio non soffermarsi troppo a riflettere o a pensare. C'è molto da fare, basta aprire gli occhi su quello che accade, svelare le apparenze, eliminare le bugie, dotarsi di nuovi linguaggi di verità e riprendersi in mano le proprie sorti personali. Tutte azioni utili a far comprendere anche alle molte persone che animano i movimenti che le loro rivendicazioni sono destinate al fallimento perché tutte e troppo subalterne al pensiero liberista imperante. Se questi slogan anti-tasse, anti-europa, anti-sindacato, eccetera prevalessero, a pagarne le conseguenze sarebbero proprio coloro che per primi, in questi periodi bui e caotici italiani, hanno deciso di ribellarsi e di prendere il loro destino nelle loro mani.

La tecnologia come paradigma del cambiamento in atto

Molti pensatori e filosofi che stanno cercando di leggere la realtà odierna concordano nel ritenere la tecnologia uno dei temi fondamentali da cui partire per una riflessione approfondita sulla realtà e sul futuro del genere umano. La tecnologia a cui si fa riferimento è principalmente quella delle tecnologie dell'informazione ma anche di quelle biogenetiche, alimentari, chimiche, ecc.

Sono tutte tecnologie con un elevato potenziale manipolatorio perché capaci di trasformare in profondità il nostro essere umani ed anche la nostra percezione di ciò che significa esserlo. L'evoluzione della tecnologia è tale da fare prevedere grandissime opportunità e numerosi potenziali rischi. Le opportunità sono legate al potere che da esse derivano per il singolo o per un’organizzazione (vedi la NSA americana), i rischi alla possibilità che sia l'uno sia l'altra possano usarle per controllare, prevaricare e imporsi sugli altri. Da un lato si diventa molto più potenti, dall'altro più subordinati e vulnerabili, sia nelle proprie identità fisiche sia psichiche. Una situazione molto pericolosa, soprattutto perché mai sperimentata prima e per la quale non esistono al momento regole etiche di sorta.

"Ciò che scatena terrore è la consapevolezza che ci troviamo nel mezzo di un cambiamento radicale. Sebbene le azioni individuali possano colpire il contesto sociale, il modo in cui colpiscono è imprevedibile. Il contesto è propriamente frustrante. Sappiamo che tutto dipende da noi ma non possiamo neppure prevedere le conseguenze dei nostri atti. Non siamo impotenti ma, al contrario, onnipotenti, senza essere in grado di determinare la portata dei nostri poteri." - In difesa delle cause perse di Slavoj Žižek

Un modo semplice ma efficace per comprendere e interpretare la realtà odierna è di osservare e studiare con attenzione quanto sta avvenendo nell'evoluzione della tecnologia. Il fenomeno più in vista in questi ultimi anni è quello delle tecnologie mobili che con i loro dispositivi smartphone e tablet e le loro APP stanno trasformando la vita delle persone, delle aziende e delle organizzazioni. Questa è solo la superficie e l'apparenza che vogliamo vedere perché numerosi sono i benefici immediati e i vantaggi, anche economici, che da queste tecnologie per la mobilità ne derivano.

Ciò che sfugge ai più è l'affermarsi di una infrastruttura informatica in forma di nuvole, fatta di Internet, Cloud Computing e grandi spazi pubblici come Facebook, che sta riportando le lancette indietro ai tempi dei mainframe, quando esistevano grandi computer con tutti i dati e tanti terminali stupidi ad esso collegati ed un'unica organizzazione IT ad esso dedicata, ma con una differenza. I nuovi dispositivi client trasportabili attuali saranno in futuro gli unici strumenti di cui potremo disporre per accedere alle informazioni e l'accesso sarà sempre limitato. Un tempo a essere stupidi erano dei monitor a luce verde, spesso ingombranti e lenti, oggi rischiamo di essere noi. Forse non tutti ma quasi certamente le numerose legioni di imbecilli che Umberto Eco aveva identificato negli spazi dei Social Network (“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”).

La limitazione non nasce dal fatto di non potersi connettere ma dalla privatizzazione degli spazi pubblici (sia fisici nel cloud sia virtuali nei media sociali e nelle applicazioni) di Internet,  fatta da aziende ed entità che operano per l'intermediazione tra contenuti e utilizzatori. Da un lato la nuvola informatica offre un’infinita ricchezza di possibilità (impossibili diventati tecnologicamente possibili) ma al tempo stesso si presta alle censure future, possibili perché imponibili da parte di una entità privata e terza.

Anche in Italia e con vent'anni di ritardo, grazie a Grillo, la società italiana ha compreso quanto Internet sia uno strumento straordinario di partecipazione. A sfuggire alla percezione comune è ora il fatto che Internet è solo uno strumento che rispecchia, al suo interno, le forme e le regole che fanno funzionare il mondo reale e le dinamiche di ogni associazione umana. Internet, così come la realtà, è luogo di mediazione. Le sue forme di partecipazione, siano esse chat, forum, Social Network o comunità online, sono caratterizzate da regole precise, non sempre comunicate e esplicitate, da censure, codici di comportamento e imposizioni.

Molte di queste regole sono democratiche solo all'apparenza e per di più sono applicate a spazi, piattaforme e infrastrutture private. Come tali possono introdurre censure, possono selezionare e scartare contenuti da pubblicare ma possono anche impedire l'accesso (cosa succederebbe se dalla mattina alla sera il Blog di Grillo non fosse più accessibile? Chi avrebbe il diritto e la possibilità di rimetterlo online? La Casaleggio Associati e/o i membri del movimento?). Il mondo abitato della rete rispecchia in toto il mondo reale, nelle sue aporie, conflittualità, comportamenti e libertà.

Così come i media hanno finito per trasformare i fatti in semplici merci da consumare, Internet è diventata una macchina potente di serializzazione delle nostre vite. Dispositivi mobili, Internet, applicazioni (APP) e Social Network ci portano a frequentare gli stessi luoghi, a vedere gli stessi video YouTube, a fare il tifo per lo stesso cantante di moda del momento, a scaricare la stessa APP, a leggere le stesse notizie e ad adottare gli stessi comportamenti che si trasformano in abitudini condivise con tutti gli altri. Quello che non facciamo è la misura di quanto sia importante rompere il falso equilibrio di armonia che ci viene spacciato per vero. Non comunichiamo più, leggiamo sempre di meno, ci affidiamo sempre di più a Google per la ricerca di risposte ai nostri bisogni e desideri, non rompiamo il silenzio da smartphone e tablet che ci accompagna nella vita sociale, ma soprattutto non sviluppiamo più nuovo pensiero critico (dato il senso di urgenza abbiamo bisogno di pensare!) utile a generare cambiamento e trasformazione, nella vita intorno a noi ma soprattutto nella vita dentro di noi.

Il predominio della tecnologia e di strumenti come Internet (domani delle APP e dei Social Network) è paradigmatico di una realtà sociale e politica sempre meno democratica e sempre più indirizzata verso derive autoritarie. Una società che è stata descritta benissimo in film come Matrix e/o Brazil e in tempi recenti da Elysium. Brazil ci descrive una Inghilterra del futuro schiacciata da un regime autoritario che però lascia libera scelta e tanta libertà nelle attività edonistiche e di piacere privato (Berlusconi in anteprima o semplice déjà-vu?). Così come in Internet ci è lasciata la libertà di fare qualsiasi ricerca (usa Google, sarà la tua soluzione e salvezza!), il nuovo autoritarismo incipiente ci lascerà l'illusione di poter fare qualsiasi cosa e di soddisfare qualsiasi voglia ma ci impedirà, alla Brazil o attraverso l’imposizione delle leggi del Matrix), qualsiasi forma di ribellione o forma politicizzata di protesta.

Il percorso verso queste nuove forme di autoritarismo è già avviato in tutte le società occidentali (nelle realtà asiatiche queste forme sono implicite nella loro cultura e storia) e si manifesta nel crollo degli standard di vita e dei diritti. È un percorso che va verso una situazione di sempre maggiore complessità e criticità, non replicherà il passato ma tenderà ad affermarsi puntando sulla passiva accettazione delle sue regole da parte di tutti. Di fronte ad una prospettiva di questo tipo non rimane che adeguarsi, diventando propugnatori entusiasti delle nuove forme di vita virtuale e reale (non esiste alcuna sintesi ma entrambe continuano a fluttuare in assenza di un equilibrio), o cercare di resistere mostrando a ogni istante cosa si celi dietro le apparenze e sperimentando un uso alternativo degli strumenti disponibili con l'obiettivo di cambiare le regole su cui impostare un cambiamento e dandogli un verso diverso da quello ad esso comunemente associato.

Semplici difficoltà, crisi o biforcazione in atto?

Tutti concordano nel dire che le difficoltà del momento hanno carattere particolare nella vita del sistema storico che stiamo vivendo. Non tutti concordano nella valutazione di quanto siano gravi queste difficoltà, nel trovarne le origini comuni nel tempo e nello spazio, e nel suggerirne le modalità di superamento. Il termine crisi non si adatta a tutte le situazioni ma viene spesso usato, soprattutto giornalisticamente e nei dibattiti tesevisi, per semplificare la descrizione di realtà tra loro diverse. Spesso con la parola crisi si intende comunicare un momento di difficoltà, per loro natura passeggere e sempre all'interno di un sistema o di un quadro specifico di riferimento.

Cosa succede quando le difficoltà non possono essere risolte all'interno di questo quadro di riferimento? Questa è la vera domanda che tutti dovrebbero porsi nel valutare la situazione di difficoltà attuale di un sistema capitalistico occidentale che sembra non avere più capacità intrinseche di rigenerazione e/o di sopravvivenza. Forse "...è importante guardare in modo nuovo non solo al funzionamento del mondo in cui viviamo ma anche al modo in cui a questo mondo pensiamo....per farlo bisogna disapprendere buona parte di quanto abbiamo appreso dalle scuole elementari in avanti e che è quotidianamente avvalorato dai mass media" - Immanuel Wallerstein

I pessimisti e gli ottimisti non stupidi e ancor meno imbecilli concordano nel ritenere che ci troviamo di fronte ad una biforcazione di sistema. I problemi e le difficoltà non possono essere superati all'interno ma solo andando oltre. Per riprendere quanto scritto sopra, si tratta di accettare che l'impossibile accade. Le possibilità esistenti che, nel caso del sistema di riferimento attuale e come in ogni organismo complesso presentano quantomeno due alternative, sono entrambe possibili. Si tratta di scegliere quale percorso alternativo seguire e di farlo in una situazione non semplice perché caotica, piena di contraddizioni e di livelli di complessità crescenti, al limite della criticità.

Se si percepisce che il sistema non funzioni più, è inutile soffermarsi nel tentativo di aggiustarlo o rammendarlo. La scelta inevitabile da fare è di andare oltre, superarlo, scegliere uno dei futuri possibili emergenti e contribuire a farlo emergere perché non si riuscirà mai a prevedere il nuovo sistema che emergerà. Nel caos ogni piccola azione, sia essa un’elezione per le primarie di un segretario, il nuovo attivismo di Casa Pound, l'insorgenza di movimenti improvvisi, condoni per l'uso del suolo pubblico o leggi fittizie per la cancellazione del finanziamento dei partiti, ebbene tutte queste azioni possono avere effetti e conseguenze significative (effetto farfalla).

Come ben esemplificato dalla situazione italiana, che non è la sola e va sempre vista all'interno di una crisi complessiva e globale, ogni sistema in crisi che si avvicina a una biforcazione tende ad oscillare in modo disordinato fino a quando non riuscirà a prendere una direzione ben precisa. Questa direzione non è pre-determinata né prevedibile, sarà scopo e causa di conflitti, inquietudini e violenze, oscillazioni più o meno pericolose, durerà per un periodo non certamente breve e renderà incerte e illusorie molte aspettative di breve termine.

L'uscita dalla crisi e la direzione che essa prenderà dipenderanno molto dalla capacità di comprendere le ragioni che hanno portato alla crisi e quando essa è iniziata. Per alcuni le ragioni risiedono tutte nell’iniqua redistribuzione del reddito, in salari sempre più ridotti se non da schiavi, in mercati sempre più in difficoltà a causa della sempre maggiore debolezza della domanda, nei costi del lavoro troppo elevati se confrontati con un sistema confinante come quello autoritario asiatico vincente e basato su regole e principi poco democratici, in una tassazione troppo elevata e nell'incapacità della classe politica di rappresentare i cittadini. Chi crede alla validità di queste cause, si interroga anche su come fare a superarle e ad uscirne.

Mentre i politici, per causa di forza maggiore e pura convenienza politica, ostentano ottimismo e suggeriscono interventi a pioggia (oggi chiamate anche marchette) finalizzate a tamponare e far sopravvivere nel tempo il sistema, alcuni economisti (Krugamn, Fitoussi, Varoufakīs e Rubini e altri) mettono in guardia sul fatto che la crisi economica iniziata dopo lo sboom finanziario del 2008 non è ancora finita e che il sistema va incontro a fluttuazioni disordinate che possono trasformarsi in esplosioni improvvise e dalle conseguenze imprevedibili.

Se gli economisti sopra citati, in buona compagnia di filosofi, intellettuali, politici e semplici cittadini, hanno ragione e se la crisi è sistemica, saremo tutti chiamati a fare delle scelte ed a contribuire a far emergere il sistema prossimo venturo che sostituirà quello attuale. Sono chiamati a farlo, per motivi morali, politici e intellettuali, soprattutto quelli che appartengono alla generazione del 68. Una generazione che ha dato inizio alla crisi attuale e che si ritrova oggi a dover agire affinché le generazioni future possano trovare nuove opportunità in un sistema ancora democratico e non autoritario, con maggiori libertà e non limitato da regole poco egualitarie, non gerarchico ma collaborativo, più meritocratico ma non discriminatorio, più equo in termini di distribuzione della ricchezza e più ecologico. Fare delle scelte oggi non garantisce alcun risultato o la prevalenza di una traiettoria su un'altra ma ci offre la possibilità di contribuire a creare qualcosa che possa soddisfare meglio le persone, i cittadini, i consumatori, i naviganti della rete e gli abitanti del mondo futuro che verrà.

Conclusioni

In un periodo nel quale tutto sembra essere diventato caotico ma al tempo stesso immodificabile, non bisogna lasciarsi prendere dal panico e guidare dall'idea che il verso del cambiamento sarà all’insegna del "tanto peggio, tanto meglio". È vero che ogni forma di lotta e conflitto anche estremo finisce per essere rapidamente assorbito e reso innocuo dai vari organi del potere esistente e dai media (non a caso molti movimenti non trovano spazio nelle pagine dei media sono raccontati enfatizzando le loro espressioni iconiche e a volte grottesche (i forconi) evitando qualsiasi sforzo di comprendere le ragioni della protesta presentando le mille facce del movimento e le loro istanze).

Oggi ogni forma di trasgressione ha perso il suo valore di shock (colorare di rosso una fontana è meno shoccante del tank con il quale i leghisti invasero piazza San Marco), non perché le iniziative in sé non siano creative e potenti ma perché sono esse stesse diventate parte del sistema. Non è un caso che i Forconi de 2013 diventarono una presenza fissa dei talk show che contribuirono non poco ad annacquare le loro rivendicazioni ingabbiandole in conversazioni rumorose e volutamente inconcludenti con presentatori, pronti a mandare lo stacco pubblicitario ogni qualvolta si presentava un argomento ritenuto nella sostanza troppo radicale e reale.

La situazione è tale che nessuna ricetta del passato è ancora valida. Bisogna ricominciare tutto daccapo, è necessario trovare e darsi nuove identità e ripensare tutto, mandando in pensione coloro che hanno contribuito a creare la situazione senza sbocchi attuale. Finita la sbornia narcisistica e solipsistica degli ultimi venti anni, nei quali è stato percepito forte il bisogno di comunità (Zygmunt Baumann) senza mai realizzarlo, è tempo di ritrovare nuove forme di solidarietà e comunione e di lavorare per la riappropriazione dei beni comuni. Una riappropriazione che non deve seguire mode e spiritualismi new age ma fondarsi (anche) su una battaglia di libertà, una lotta che deve rompere con il pensiero dominante per sostenere che un altro mondo è possibile e realizzabile sulla terra (lo dice anche papa Francesco, e poco importa se ormai è relegato alla decima pagina di giornali e riviste).

Ciò che è diventato reale per il momento è il fatto che “molti Re sono percepiti per quello che sono, nudi e senza vestiti”. Non si capisce come sia successo ma è successo. Come direbbe Varela "tra tutte le possibilità, c'era la possibilità che emergesse" ed è successo. Ora si tratta di declinare le varie istanze emergenti e far comunicare e combinare tra loro le molte identità che se ne fanno portatrici sperando che da tutto ciò nascano nuovi soggetti capaci di agire e trasformare l'esistente e di farlo in fretta, prima che sia troppo tardi o che tutto venga spazzato via dalla prossima 'emergenza'.

Cosa quest'ultima possibile perché la situazione è folle ma il caos è destinato a crescere e l'entropia a raggiungere livelli troppo elevati di criticità.

Bibliografia

  • Benvenuti in tempi interessanti di Slavoj Žižek
  • Meno di niente di Slavoj Žižek
  • Comprendere il mondo di Immanuel Wallerstein
  • Antifragile di Nicholas Taleb

 

 

 

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