Le macchine intelligenti sono ovunque, a volte miniaturizzate nella forma di oggetti e di nanotecnologie, a volte nelle sembianze umanoidi di Robot. Sono macchine ben diverse dalle prima a cui abbiamo insegnato a giocare a scacchi grazie a semplici programmi Pascal e da quelli istruiti per comporre e scrivere libri o per gestire, grazie a intelligenze artificiali, vere e proprie conversazioni con i loro interlocutori umani. Sono robot così avanzati, anche nella forma, da poter essere usati, come è successo in Giappone, come impiegati allo sportello di banche con il compito di svolgere azioni ripetitive e automatizzabili che richiedono comunque una certa dose di ‘intelligenza’.
La ricerca continua e gli investimenti crescenti nel campo della robotica indicano un’evoluzione in corso della quale i lavoratori, precari e a tempo indeterminato, attuali devono cominciare a preoccuparsi. Il rischio è di passare dalla precarietà alla disoccupazione, solo perché sostituiti da macchine intelligenti alle quali non interessa il tipo di contratto di lavoro sottoscritto ma solo il risultato finale delle attività alle quali sono stati destinati.
Se le previsioni degli scienziati tecnofili si avvereranno abbiamo solo 14 anni per stare moderatamente sereni. Poi la competizione vera non sarà più con altri precari ma con agguerritissimi e desiderati Robot.
Quella che pochi anni fa sembrava una previsioni impossibile, si sta materializzando nella sua concretezza grazie ad una rivoluzione tecnologica che ha cambiato capacità e capacità prestazionale di molte tecnologie ma anche ampliati gli ambiti di applicazione, come ad esempio quelli medici. In questo ambito macchine intelligenti possono già oggi essere usate per analizzare milioni di dati e elaborare una diagnosi e robot umano-dotati possono portare a compito alcune operazioni e interventi medici, quasi senza l’ausilio di un dottore in carne e ossa.
Le machine al lavoro, gli umani senza lavoro felici e contenti!
Per il momento i robot in azione sono bravi a svolgere i compiti a loro assegnati e a fornire risposte a domande abbastanza prevedibili e che non richiedono elevate capacità cognitive e di elaborazione ‘mentale’. In un futuro che è già qui in parte, le stesse machine e i nuovi Robot saranno in grado di rispondere a domande più complesse perché avranno imparato a comprendere il significato semantico delle parole e delle domande.
Nel frattempo in tutti i campi, come quello industriale e manifatturiero, nei quali sono già utilizzati, i robot stanno continuamente migliorando le loro capacità realizzative e operative, quelle di elaborazione i grandi quantità di dati e di comprensione di informazioni visuali. Un esempio su tutti è quello del mercato automobilistico nel quale la macchina senza autista non è più, già oggi, una fantasia futuribile, ma una realtà già in circolazione nella forma di auto come quella di Google o quelle inventate per scopi militari come i robot usati nelle guerre in corso per disattivare mine e bombe disseminate per strada e per uccidere.
Chi teme che il suo posto di lavoro possa essere conquistato a breve da una macchina può per il momento stare sereno. Il costo di questi robot è ancora così elevato da limitarne l’uso in molti ambiti di applicazione e mercati. Lontani sono anche i tempi nei quali dovremo confrontarci con robot umanoidi e simbionti come il terminator cinematografico.
Quando però si viene a conoscere che robot giapponesi sono stati impiegati nella cura degli anziani perché ritenuti adeguati a fornire un supporto di tipo emozionale alle persone anziane o malate, significa che i nuovi robot non sono più umanoidi perché hanno occhi simili ai nostri e forme umane così ben costruite, da assomigliare alle nostre, ma che hanno ance cominciato ad avere una loro capacità di elaborazione di pensiero di tipo intelligente.
La cosa grave è che in futuro potrebbero usare questa intelligenza per cercare un posto di lavoro